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venerdì 18 luglio 2008

Ecco il sondaggio segreto sulla disfatta che Veltroni ha tenuto segreto.


(Carlo Puca - Panorama) La caduta di Romano Prodi, le dimissioni da sindaco di Walter Veltroni, il bagno di sangue di Francesco Rutelli. Ancora: i veleni, le risse di questi giorni, i rischi di scissione del Partito democratico. A voler essere colpevolisti, tutto potrebbe dipendere da un dettaglio in grado di spiegare la storia recente del centrosinistra italiano: un documento di 58 cartelle del gennaio 2008. Un sondaggio della Ipsos, per la precisione.

S'intitola «L'analisi di trend del biennio 2006-2007» ed è stato commissionato dal Comune di Roma al tempo della giunta veltroniana. Consegnato in Campidoglio nel gennaio 2007, è rimasto occultato per mesi al Pd, nascosto a Prodi e persino al candidato Rutelli. Panorama è riuscito a scovarlo in un armadio dimenticato da tutti, anche dagli uomini di Veltroni. Era fra vecchie carte invece che sul sito del comune, come da prassi, poiché commissionato dall'assessorato alla Cultura con delega alla comunicazione. Quella di Ipsos, insomma, è una ricerca che poteva essere pubblica ma non lo è stata. Chissà perché.

ROMA MONITORAGGIO COMUNE (2006-2007) (pps)
Unica certezza sono i numeri, che denunciano lo stato del rapporto tra Veltroni e i suoi (ex) elettori romani: a dicembre 2007, rispetto al 2006, la fiducia verso l'amministrazione comunale era crollata di 20 punti secchi. In appena 24 mesi. Una catastrofe.

Nel sondaggio, a bocciare il leader del Pd è la totalità delle categorie, dai disoccupati (meno 36 per cento) agli impiegati (meno 14). Ma pure la totalità dei quartieri, dal centro (meno 28 per cento) a Ostia (meno 15). In generale, il 58 per cento dei cittadini dichiara di avere «poca o per nulla» fiducia nell'amministrazione. Il 51 per cento dei romani aggiunge pure di non sentirsi sicuro. Insomma, tra il sindaco e i romani si era rotto qualcosa. Anzi, si era rotto tutto.

La conferma più netta arriva da una domanda, la seguente: «Pensando al 207, lei ritiene che rispetto al 2006 Roma sia...». Risposte: peggiorata (48 per cento), negativa come nel 2006 (22), positiva come nel 206 (10), migliorata (18). Riassumendo: nel dicembre 2007, il 70 per cento dei romani riteneva la capitale ridotta ai minimi termini. Altro che edonismo veltroniano. Altro che modello Roma.

Si tratta di un giudizio grave se rapportato a un sindaco rieletto a furor di popolo dopo 5 anni di splendida luna di miele con la città. Nella primavera 2006, per riconquistare il Campidoglio all'allora Walterissimo bastò il primo turno. Ottenne il 61,4 per cento dei voti, contro il 37,1 di Gianni Alemanno. Il quale ha dovuto attendere appena 2 anni per la rivincita. Stando al sondaggio, quasi una passeggiata di salute.

Ora per un attimo entriamo nel campo dei sospetti. Secondo la ricostruzione di Panorama, una prima versione, parziale, del documento Ipsos viene consegnata agli uffici del comune a metà gennaio 2008. Quattro, cinque giorni al massimo e arriva il 19 gennaio. E' un giorno «epico» per Veltroni. A Orvieto, all'assemblea dell'associazione LibertàEguale, spara, secondo Rosy Bindi, due bombe sul governo Prodi. Con la prima ribadisce, accalorato, che il dialogo con Berlusconi è indispensabile: «C'è molta gente che mi dice: sta' attento a Silvio! Ma non si può approvare una legge elettorale senza il concorso di Berlusconi».

La seconda bomba è ancor più fragorosa: «Qualunque sarà la legge elettorale, il Pd correrà da solo, senza l'apparentamento con altri partiti». Apriti cielo.
Dal comunista Franco Giordano alla stessa Bindi, decine di esponenti dell'Unione di governo accusano: «Walter si sta preparando alle elezioni». Dopo arriverà la pistola fumante di Clemente Mastella. Ma ancora oggi, a 5 mesi dal lutto, gli orfani di Prodi accusano il «traditore» Veltroni.

Il 13 febbraio il leader del Pd si dimette da sindaco per candidarsi alle politiche. Insieme al suo (W)alter ego Goffredo Bettini offre il Campidoglio a Rutelli, che accetta e perde. Tre settimane fa Bettini lo scarica («A Roma abbiamo sbagliato candidato»), salvo poi «precisare» il suo pensiero. Ma il messaggio è arrivato a tutti, chiaro e forte.
Eppure, secondo il sondaggio Rutelli è arrivato alle elezioni da sconfitto annunciato. L'apparenza mediatica, i bagni di folla veltroniani, il sistema di potere sembravano garantirgli una vittoria ampia e sicura. E invece la città reale, quella dell'Ipsos, era da un'altra parte.

Ma a Rutelli il sondaggio era stato consegnato? «No, non ne sapevamo niente», giurano i suoi fedelissimi che, sospettosi, attendono «la pubblicazione della rilevazione per capire meglio al faccenda». Né conoscevano la ricerca i prodiani. Gente che però non si stupisce. Basta guardare le date, suggeriscono, «per capire che Veltroni è fuggito da Roma per salvarsi da disastro mediatico». Dissesto finanziario compreso.

Il risultato è il tutti contro Veltroni: prodiani, rutelliani, dalemiani, ché intorno a Massimo sono anni che si cristallizzano i nemici di Walter. L'Ultima rissa è andata in onda il 14 luglio, al seminario di Italianieuropei sulla legge elettorale. Un pretesto per contarsi in vista di un congresso sempre più certo. Mas, visto il quadro, a essere incerta è la sopravvivenza del Partito democratico: non serve l'Ipsos per certificarlo.

LE CIFRE DELLA CATASTROFE VELTRONIANA
Da "Panorama"

Uno dei grafici allegati al sondaggio della Ipsos. Composta da 50 cartelle, la ricerca segnala il malcontento dei romani verso Veltroni.

-13% Soddisfazione per i servizi del comune
-5% Viabilità e traffico
-7% Assistenza agli anziani
-8% Operato dei vigili urbani
-8% Mense e refezione scolastica
-9% Parcheggi pubblici
-9% Attività culturali
-9% Cura e manutenzione del verde
-9% Cura monumenti luoghi artistici
-10% Scuole pubbliche comunali
-11% Cura e manutenzione della città
-15% Anagrafe e sportelli di municipio

The Economist. A Roma e' tornato Nerone. Berlusconi suona, l’Italia brucia.

Illustration by Peter Schrank.

Traduzione da parte di Anonimo italiano dell’articolo dell’Economist sulle prime dieci settimane del governo Berlusconi.
Questa volta l’Economist, per raccontare le prime dieci settimane di governo Berlusconi, lo paragona a Nerone, parafrasando l’espressione inglese “Nero is fiddling while Rome burns”, che significa più o meno “Nerone suona mentre Roma brucia” (per traslato, occuparsi di sciocchezze mentre sta per capitare il peggio) con Berlusconi al posto di Nerone e l’Italia al posto di Roma. Nonostante io sia informato dei fatti, vederli squadernati con così tanta precisione fa impressione anche a me.

The Economist. Berlusconi suona, l’Italia brucia.
Questo governo di Silvio Berlusconi si dimostra tristemente simile al precedente.
tradotto da Berlusconi fiddles, Italy burns | Economist.com.

Questa volta sarebbe dovuto essere differente. Silvio Berlusconi trasudava sobria responsabilità durante il suo tentativo di essere rieletto in Aprile alla carica di primo ministro.

C’erano altre ragioni per le quali sperare che avrebbe governato nell’interesse del paese, pittusto che nel proprio. Si sapeva che aspirasse alla carica di Presidente della Repubblica e perciò che avrebbe dovuto acquisire un aura da statista. Una ragione del fallimento del suo primo mandato è stata la resistenza alle riforme liberali da parte dell’UDC, che non fa più parte della coalizione. E sembrava avesse risolto le sue personali difficoltà con una serie di leggi ad personam che gli avevano messo al sicuro la sua posizione di fronte alla legge e protetto il suo impero finanziario.

Tuttavia, dieci settimane dopo il giuramento del nuovo governo Berlusconi, l’agenda politica è dominata più che mai dai suoi affari personali e aziendali. Nella sua breve vita, il governo ha proposto almeno quattro provvedimenti ad personam.

Uno era stato pensato per eludere la Corte Europea di Giustizia in merito a una sentenza che stabiliva che Rete 4, uno dei tre canali televisivi della rete Mediaset di Berlusconi, stava occupando frequenze televisive che dovono essere assegnate a un altro operatore. Il governo ha proposto un decreto per evitare che Rete 4 venga spostata sul satellite, ma l’opposizione che scatenò fù così violenta che lo costrinse a ritirare il testo per “riformularlo”.

Un secondo decreto mirava a restringere le intercettazioni telefoniche durante le indagini giudiziarie, e anche la pubblicazione delle trascrizioni. Ci sono argomenti per questo cambiamento: uno studio compiuto nel 2005 dall’Istituto Max Planck ha rivelato che le intercettazioni erano più comuni in Italia che in qualsiasi altro paese dell’Unione Europea. Poiché le trascrizioni spesso sono state fatte filtrare ai media, anche prima che le accuse fossero state depositate, persone innocenti possono trovare le loro più private considerazioni spiattellate per i giornali.

Ma ogni volta che Berlusconi propone una riforma giudiziaria, comprensibilmente si sospetta l’esistenza di motivi personali (ha recentemente definito il sistema giudiziario un “cancro”). Prima di tornare alla Presidenza del Consiglio, venne intercettatosu ordine della Procura di Napoli mentre esercitava pressioni su di un dirigente del servizio televisivo pubblico, la RAI, a beneficio di alcune attrici. Dal momento che Berlusconi si impegnò a supportare il dirigente in una sua iniziativa imprenditoriale privata, entrambi si resero passibili di accuse di corruzione. Ora, infatti, un giudice sta valutando se metterli in stato di accusa.

Mentre si stava porando avanti il decreto, iniziarono a spargersi voci in merito a registrazioni più compromettenti che si diceva contenessero esplicite conversazioni di natura sessuale tra il primo ministro e la sua Ministra delle Pari Opportunità trentaduenne, Mara Carfagna, una modella che posava in topless e che faceva la presentatrice presso Mediaset. Dopo che venne riportato che i Pubblici Ministeri avrebbero distrutto il materiale irrilevante per la loro indagine, l’esecutivo fermò il decreto, destando i sospetti che ci fosse dietro la presunta telefonata con la Carfagna. La Carfagna ha dichiarato che querelerà ogni insinuazione fatte su di lei.

I critici dicono che i problemi legali di Berlusconi sono centrali anche ad altre due misure. La prima è stata redatta dal consiglio legale che lo sta difendendo in tribunale dall’accusa di un tangente da 600.000$ a un avvocato inglese. Infilata incoerentemente in un pacchetto di provvedimenti “legge-e-ordine”, questa legge avrebbe congelato per 12 mesi una serie di processi, compreso quello di Berlusconi. A quel punto un secondo disegno di legge stava per avere effetto, garantendo immunità processuale alle prime quattro cariche dello stato, Primo Ministro incluso. La protesta alla prima misura fù tale che venne abrogata per emendamento, ma solo dopo che divenne chiaro che la seconda sarebbe stata fatta proseguire in autunno, quando il processo per corruzione di Berlusconi sarà prossimo alla fine. Il pacchetto sicurezza, approvato falla Camera dei Deputati il 15 Luglio, ora contiene una norma che l’opposizione definisce una quinta misura ad personam, riconoscendo agli imputati la facoltà di patteggiare durante il procedimento.

La fissazione del Governo (e del Parlamento) per le corti e le riforme giudiziarie sarebbe meno allarmante se non ci fosse molto rimasto da fare che sia importante e urgente. Dopo un illusorio aumento nel primo quadrimestre, l’economia è di nuovo per lo più stagnante. Gli analisti della Banca d’Italia dipingono un quadro desolante di consumi deboli e inflazione in aumento. Hanno anche agitato lo spettro dei problemi del credito in un paese al quale, fino a ora, era stato risparmiato il peggio della restrizione globale. Hanno fatto notare che il 70% dei mutui italiani hanno un tasso variabile, più alto della media europea - e questo è un paese dove le disponibilità reali si stanno restringendo.

La banca centrale prevede, per quest’anno e per il prossimo, una crescita irrisoria dello 0,4% del PIL. Le stime per il 2008 sono in linea con quelle del governo (tra lo zero e lo 0,5%), ma più ottimistiche di quelle di Aprile del Fondo Monetario Internazionale, che ammontano allo 0,3%. L’economia italiana è ancora una volta il fanalino di coda nell’eurozona. Forse la notizia peggiore è arrivata il 10 Luglio, quando la produzione industriale è stata riportata essere crollata in Maggio, giù del 4,1% rispetto all’anno precedente. Emma Marcegaglia, leader della lobby degli imprenditori, Confindustria, si è detta essere “davvero preoccupata”. Ha ragione. Il motore della buona barca Italia sta perdendo colpi; il vento la sta dirigendo verso gli scogli; è il capitano è occupato in altre faccende.

Fino a ora l’unica iniziativa di governo in campo economico è stata l’abolizione dell’impopolare tributo sulla casa e la riduzione delle tasse sugli straordinari. Non c’è nemmeno l’ombra di un qualsiasi dibattito sulle misure di liberalizzazione di cui la malridotta economia italiana avrebbe estremo bisogno. Al contrario, il governo sembra incline a pompare ancora più soldi dei contribuenti nella compagnia di bandiera italiana in fallimento, Alitalia, e ora sta discutendo una modifica della legge che permetta di farlo. Pensando al futuro autunno, Berlusconi ha almeno annunciato una “riforma radicale” - ma solo per i tribunali

Udc. Molti voti gay al partito di Volontè... lo dice Pionati.

In futuro, un leader gay e Silvio Berlusconi presidente della repubblica.
(Apcom) Un leader omosessuale per l'Udc, Silvio Berlusconi presidente della Repubblica. Sono due scenari del futuro che incontrerebbero i favori del portavoce Udc Francesco Pionati.

"Non ho nulla in contrario ad un leader gay alla guida dell'Udc. Assolutamente da parte mia non c'è nessuna preclusione. Del resto moltissimi omosessuali votano il nostro partito e si sentono tutelati dalle nostre scelte. Quanto a me, ho molti amici gay ma nessun uomo mi ha mai fatto avances di natura sessuale, ha detto Pionati, a Klauscondicio.

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L’analisi di Veltroni: “L’Italia sta precipitando” e “Il Berlusconismo è finito”.

(Panorama) “L’Italia sta precipitando”. “Il Berlusconismo è finito”. “Il governo ha perso dieci punti”.
Su queste tre affermazioni, il segretario del Pd Walter Veltroni basa la sua analisi politica. E la espone, a Milano a margine di un incontro con i giovani militanti del partito democratico, rispondendo indirettamente a Silvio Berlusconi e citando citato i dati dell’Istat che vedono una produzione industriale in calo del 5% e il rapporto della Svimez secondo il quale vi sarebbe uno spostamento dal Sud verso il nord di almeno 600 mila immigrati.

Da settimane, ha sottolineato Veltroni, “Si sta discutendo di una persona sola mentre tutti gli indici dell’economia sono negativi e preoccupanti. Questo significa recessione” ha proseguito. “il che vuol dire che l’Italia è l’ultima in Europa per il Pil. Cos’altro può succedere che l’Italia sta precipitando?”, si è chiesto Veltroni. E tuttavia, secondo il leader democratico: “Il governo non sta mantenendo le promesse anzi in quattro anni ci sono stati investimenti minori per dieci miliardi di euro. Chiaramente una persona seria non può attribuire queste cifre solo al governo attuale” ha proseguito Veltroni “ma quello che si può rimproverare a questo governo è il fatto che parli continuamente di altro mentre invece occorre aiutare la crescita. In caso contrario” ha concluso “il paese continua a precipitare”.
Dopo aver sancito la fine del berlusconismo, il leader del Pd ha dichiarato anche il crollo dei consensi dell’esecutivo legato alla crisi economica: “Il nostro Paese ancora oggi non è maturo: a tre mesi dal suo insediamento questo governo ha perso 10 punti in poche settimane”.

Fin qui la lettura della situazione del Paese e le critiche. Quanto alle soluzioni, il leader del Pd ha indicato come unica strada la costruzione di una cultura riformista. “Solo una cultura riformista, infatti”, ha detto Veltroni “può produrre questa innovazione”. “Il giorno in cui vinceremo” ha concluso Veltroni “dovremo essere in grado non di lottizzare ma di cambiare questo Paese con uno schieramento in grado di far smettere a questo Paese di precipitare”.
“Dobbiamo saperci distinguere”, è questo il consiglio lanciato dal leader del Pd Walter Veltroni alla platea di giovani militanti: “Perché capita sempre che c’è chi la spara più di te. Noi dobbiamo ottenere risultati e credibilità”

C’è posto, infine, anche per l’affondo contro il circo mediatico. Per il segretario Pd il diverso trattamento riservato agli omicidi dalla televisione cambia la percezione di insicurezza dei cittadini. “Gli omicidi si sono dimezzati” ha spiegato Veltroni “ma ogni singolo omicidio, quando era al governo il centrosinistra, era l’apertura delle televisioni. Da quando è al governo la destra è la 38/a notizia. Questo cambia la percezione dei cittadini”. Il leader del Pd si è poi chiesto cosa resterà una volta “finito l’alimento della paura” alle nuove generazioni, prospettando un futuro in cui “i figli delle famiglie ricche andranno a studiare all’estero, per i più deboli ci sarà l’abbandono mentre per i giovani del meridione ci sarà l’emigrazione”. Secondo Veltroni qui sta la differenza del Pd, “la nostra sfida”, e cioè quella di “dare risposte di medio-lungo periodo. È la nostra grande missione storica”.

Parla Bersani, candidato (ombra) a sostituire Walter.

Pierluigi Bersani e Walter Veltroni

(Panorama) “Noi non diventeremo mai come Silvio Berlusconi. Per la nostra gente il problema numero uno è organizzare un collettivo. Non credo che oggi ci sia un problema Walter Veltroni, ma c’è il problema di organizzare il partito, metterlo nella sua fisiologia. Bisogna attivare un meccanismo di corresponsabilità. E su questo il segretario per primo deve dare una mano. Anche nel suo interesse. Un leader, chiunque sia, non può farsi carico di tutto e dove non arriva lui può arrivare il collettivo”.

La pensa e la dice così il ministro ombra dell’Economia Pierluigi Bersani in un’intervista sulla situazione del Pd che apparirà sul prossimo numero di Panorama, in edicola da venerdì 18 luglio.

Nell’intervista Bersani si pronuncia contro l’ipotesi di anticipare il congresso del Pd. “È bene che il congresso si faccia nel 2009. Sarò antiquato, ma un congresso vero non si fa senza iscritti. Vorrei che il primo congresso del Pd avvenisse pienamente dentro le regole statutarie. Basta con l’emergenza della fase costituente”.

Quanto al futuro della segreteria di Veltroni, l’esponente del Pd osserva: “Entrati nella fase fisiologica, il leader è il garante di una piattaforma politica. Al congresso del 2009 può darsi che si misurino diverse piattaforme. Vedremo”.

lunedì 7 luglio 2008

Resa dei conti. La sconfitta del Pd a Roma? Colpa anche di Rutelli. Lo dice Bettini.

Ma tante variabili, loro avevano più voglia di vincere.
(Apcom) -Sono diversi i motivi che hanno portato alla sconfitta del centrosinistra nella corsa per il Campidoglio. Tra questi c'è senza dubbio anche la scelta del candidato sindaco. Parlando all'assemblea di 'A sinistra', il coordinatore democratico e braccio destro di Walter Veltroni, Goffredo Bettini, archivia la "diplomazia" e analizza le ragioni di una sconfitta inaspettata, precisando tuttavia che il risultato del Pd "è stato buono visto che ha preso il 41 per cento dei voti".

"Loro - è l'analisi di Bettini - avevano più voglia di vincere, più carburante nel motore anche perchè venivano da 15 anni di opposizione. Troppe forze nostre si sono invece sedute sul potere e questo può rappresentare uno svantaggio di partenza".

Di fronte ai mormorii della platea, Bettini sceglie poi di "parlare in modo esplicito" e mettere da parte la "diplomazia": "certamente, la sconfitta riguarda anche la scelta del candidato - ammette incassando un applauso - c'è anche questa componente e me ne prendo la responsabilità". Tuttavia, precisa, ci sono molte variabili: "Ha contato forse anche la scelta di Walter di impegnarsi a livello nazionale, dopo che era stato chiamato a farlo. Questo forse ha allentato i rapporti con la città".