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venerdì 2 maggio 2008

Panzeri: E ora dico io qualcosa di leghista.

Antonio Panzeri, europarlamentare Pd, ex leader della Cgil di Milano

(Paola Sacchi - Panorama) La sinistra è accusata di atteggiarsi come se avesse sempre la verità in tasca. Perde anche per questo?

Non bisogna mai avere atteggiamenti presuntuosi. A Roma, la vicenda sicurezza ha pesato, eccome. Ci sono stati alcuni errori. Ma soprattutto non c’è stato ricambio della classe dirigente. In Campidoglio si è passati da Rutelli a Veltroni, poi di nuovo Rutelli… Si è data l’impressione di una gestione poco aperta, molto privata.
Candidature tutte in famiglia?
Sì, questa gestione non è stata molto apprezzata. C’è una differenza tra il voto che prende Nicola Zingaretti come presidente della provincia e quello di Rutelli. Roma avrebbe apprezzato una discontinuità, un volto nuovo come Zingaretti.
La demonizzazione della Lega, poi, non ha giovato.
Non amo né la demonizzazione né la scimmiottatura della Lega.
Quindi niente Pd del Nord?
Proposto in quel modo sembrava appunto una scimmiottatura della Lega. Noi siamo un partito con un’identità nazionale. Tuttavia il voto ci suggerisce che senza radicamento non si va da nessuna parte e poi c’è un problema di innovazione dei contenuti.
Quale?
Dobbiamo declinare meglio il problema dell’immigrazione. E comprendere che ormai è fonte di possibile concorrenza sul mercato del lavoro, perché non è più del tutto vero che gli immigrati prendono solo i posti che gli italiani non vogliono.
Sta dicendo una cosa coraggiosa, quasi leghista.
C’è una paura derivante da un intaccamento dell’identità territoriale. E questo si lega alla sicurezza. Mi è capitato in campagna elettorale di sentire persone che mi dicevano: “Scusi Panzeri, ma mi sono venuti due volte a rubare a casa. Che facciamo?”. E ho notato le mie mani nude nel fornire risposte.
Veltroni è ora un’anatra zoppa?
Alla sua leadership non ci sono alternative. Ma ora bisogna costruire un partito tutt’altro che leggero.