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domenica 9 marzo 2008

Spagna e Francia, vincono le sinistre.

Spagna, socialisti vincono elezioni. Secondo gli exit-poll diffusi in tv.
I socialisti spagnoli del premier Zapatero avrebbero vinto le elezioni politiche, stando agli exit-poll diffusi dalla televisione di Stato spagnola. Stando a questi dati, i socialisti avrebbero conquistato tra 172 e 176 seggi, contro i 148-152 dell'opposizione del Partito Popolare (PP, centrodestra) di Mariano Rajoy.

Alle elezioni politiche del 2004 il Psoe aveva ottenuto 164 deputati, e il 42,6% dei voti, il Pp 148 seggi con il 37,64%. In percentuali di voto, stando agli exit poll delle televisioni, i socialisti avrebbero ottenuto il 45% contro il 38,6% al Pp secondo Tve, il 42,64% contro il 37,64% per Antenna 3, il 45% contro il 38,6% stando a Telecinco. Un exit poll dell'istituto Opina per La Cuatrò da fra 168 e 173 seggi ai socialisti (44,5% voti) e fra 145 e 149 (37,5%) ai popolari.
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Francia, elezioni flop per Sarkozy. Partito del presidente si ferma al 40%.
Il primo turno delle municipali francesi, una sorta di referendum su Nicolas Sarkozy, ha visto l'Ump (il partito del presidente) arretrare nettamente, fermandosi al 40%, mentre i socialisti e le altre liste di sinistra hanno raccolto su base nazionale il 47,5%. I socialisti dovrebbero mantenere il controllo di Parigi e Lione, e puntano a conquistare anche Marsiglia, la seconda piu grande città della Francia.

La sconfitta per la destra del presidente Nicolas Sarkozy al primo turno delle municipali prende forma - stando agli exit poll dei principali istituti di sondaggio - in diverse città - test ma non ancora nelle tre grandi municipalità che la gauche punta a strappare alla destra. Questi i risultati in alcune città - test: a Rouen, la gauche vince sulla destra; a Lille, il sindaco uscente, la socialista Martine Aubry, potrebbe essere confermata senza ballottaggio; a Caen, la candidata Ump sarebbe battuta dalla socialista. Decisivi saranno i dati sulle tre grandi città che la sinistra potrebbe strappare alle destra, Marsiglia, Tolosa e Strasburgo, ancora non disponibili.

Polemiche e sconcerto. Arcigay Roma sostiene Rutelli. Senza Parole!

(Il mio canto libero) Mi sembra assolutamente paradossale che nello stesso momento in cui Franco Grillini, presidente onorario di Arcigay, conferma la sua candidatura a sindaco di Roma, proprio in opposizione a un Rutelli, clericale e inaffidabile. Arcigay Roma, presieduto da Fabrizio Marrazzo stringa un'accordo con Rutelli e ne sostenga la campagna dicendosi soddistatta delle promesse fatte.

Questo mentre il Circolo Mario Mieli annuncia invece il suo sostegno convinto alla candidatura Grillini e anche molti gay e lesbiche interni allo stesso PD (Cristiana Alicata per esempio)organizzano una vistosa fronda interna e cercano strade per sostenere Grillini, boiccottando Rutelli.
La cosa si commenta da sola, per fortuna, e credo che finirà per far perdere all'Arcigay di Roma ogni residua credibilità, come hanno mostrato la vistosa contesazione subita dallo stesso Marrazzo al Coming Out. La linea dell'associazione romana è, del resto, in netto contrasto anche con la posizione emersa solo qualche giorno fa nell'assemblea Arcigay a livello nazionale. Stupefacente il paradosso per cui mentre Arcigay Perugia dichiara la netta ostilità alla candidatura al Senato, nella regione umbra, del exradicale-exverde-exmargherita-exsindacodiRoma, la compagine romana lo sostiene alla poltrona di sindaco.
Dobbiamo aspettare solo un mese per vedere cosa veramente otterrà in cambio, io qualche sospetto l'ho... e ha molto a che fare col commento di Sciltian all post precedente

Giordano: Campania al voto dopo le elezioni. Rifondazione si rifà una verginità.

(Massimo Ciccarelli - è Costiera) Franco Giordano non sarà il leader di Rifondazione comunista, ma resta pur sempre il suo segretario politico. Per cui, quando arriva a Napoli per la campagna elettorale e dice che “ dopo le elezioni nazionali, in Campania bisogna andare rapidamente al voto, perché qui è definitivamente finito un ciclo politico” , c'è da credere che sarà conseguente.

D'altronde lo stesso Fausto Bertinotti, vero numero uno del Prc, aveva preso le distanze dal governatore Antonio Bassolino. Solo che l'affermazione di Giordano a cinque settimane dal voto suona molto opportunistica.

E anche un poco da voltagabbana. Perché con il tanto, oggi, “vituperato” presidente della Regione Campania, i rifondaroli per lunghi anni sono andati a braccetto. E fino a poche settimane fa hanno votato la fiducia al Consiglio regionale, proprio quando lo scandalo spazzatura aveva ormai assunto dimensioni internazionali.

E' facile adesso venire a chiedere i voti dell'elettorato campano ergendosi a censori di Bassolino, quando persino i dirigenti locali di Rifondazione che mettevano in guardia sulla china pericolosa in cui stava precipitando l'amministrazione regionale, venivano emarginati dal loro partito, e fatti andare via.

Per chi ha buona memoria ricorda, ad esempio, le vicenda dei consiglieri regionali Franco Specchio e Franco Maranta, e delle loro battaglie contro la gestione dei rifiuti, rimaste solitarie e inascoltate. Giordano forse potrebbe non conoscere queste storie passate, ma sicuramente dovrebbe sapere che il capogruppo Gennaro Migliore, è stato per anni consigliere comunale di maggioranza a sostegno dell'amministrazione Bassolino. Allora perché venire oggi a “rifarsi una verginità”, cercando di coprire il sole con un dito?

La strategia che Rifondazione intende seguire è quella di differenziarsi dai vecchi compagni di squadra, utilizzando il vecchio giochetto di fare le liste di buoni e cattivi a seconda della convenienza del momento, e di ergersi a paladini della legalità e della moralità quando si è a corto di seri argomenti programmatici.

E, come in questo caso, quando gli Alleati diventano scomodi. Infatti, il segretario del Prc non ha avuto alcuna difficoltà a dichiarare che “'anche con il voto delle politiche noi vogliamo interpretare un'ansia di rinnovamento che è molto forte. Un'ansia di rinnovamento e di moralità, propria anche di una classe dirigente giovane. Noi siamo in grado di esplicitarla, altre forze politiche l'hanno completamente cancellata”.

E' seguito poi, lo scontato attacco al Partito Democratico : “Al di là delle polemiche sulle candidature campane, la verità è che il Pd non è in grado di offrire un'alternativa campana alle vicende di questa classe politica”.

Se Giordano crede veramente in ciò che proclama agli elettori campani, allora coerenza vorrebbe che già domani, e non propagandisticamente “dopo le elezioni” si dimettessero gli assessori e i consiglieri di Rifondazione presenti alla Regione e al Comune di Napoli.

Quant’era mite Boselli. L’altra faccia del socialista per non sparire.

Il candidato premier per il Partito socialista, Enrico Boselli | Ansa
(Filippo Maria Battaglia - Panorama) “Oggi non parlo”, “Stasera me ne vado”. Oppure: “Sono pensionato e sono incazzato”. Una campagna pubblicitaria cruda, dai toni aspri, quasi sempre controcorrente. Proteste sul palco e proteste televisive, che lasciano spiazzati conduttori tv e giornalisti (l’ultimo, nell’ordine Bruno Vespa, dal quale il segretario socialista si è accomiatato in diretta giovedì 6 marzo).

E allora c’è chi si domanda: “Ma è questo il Psi di Enrico Boselli?” E poi: come mai l’uomo mite, dal tono sempre pacato ed educato, sta subendo una trasformazione simile a quella di Gianni Morandi, ridisegnato da Fiorello a VivaRadio2 come “cattivo”? Come è successo che Boselli sia diventato un politico dal linguaggio spregiudicato, simile più ad un agit-prop di lunga fede comunista che a un nipotino di Filippo Turati?
Ma no, nessun cambiamento di carattere. Nessuno strascico della (brevissima) esperienza insieme a Marco Pannella e alle battaglie radicali, durante la fondazione della Rosa nel pugno (2,6 alla Camera e 2,5 in Senato, alla scorse elezioni), ormai del resto del tutto appassita.

Semplicemente: il Psi ha fatto di necessità virtù. E dopo aver ricevuto la porta in faccia dal Partito democratico, si è visto costretto a cambiare strategia e, con lui, Boselli. Così del giovane e timidissimo bolognese, ritrovatosi a 33 anni a guidare la regione più rossa d’Italia (l’Emilia Romagna) non è rimasto così più nulla.

Anche perché il diktat di strateghi e guru della comunicazione è stato chiaro: profilo libertario e agguerrito contro i due maggiori candidati. Non è un caso che il debutto socialista del 2 marzo, avvenuto nella celeberrima Sala Sivori di Genova dove più di un secolo fa si fondò il partito dei lavoratori, ha segnato il punto di non ritorno. Boselli ha messo subito le mani avanti: “Oggi non parlo, non apro la campagna elettorale dei socialisti. Oggi è una giornata di lutto per Genova e per gli operai italiani. Per questo dedichiamo idealmente il nostro inizio a tutti gli operai morti nel porto e agli oltre cinquemila morti sul lavoro degli ultimi quattro anni”.

Da lì in avanti è stata tutta una strategia d’attacco. È partito con Veltroni: “Raccontare agli italiani che non è mai stata comunista è una bugia e anche un errore. Il nuovo non passa cancellando la storia di ciascuno di noi. Quella è la fiction televisiva, non il nuovo”. Ha continuato con Giuliano Ferrara e la sua lista “Pro life”: “Dobbiamo spiegare agli italiani che la legge 194 non ha introdotto l’ aborto in Italia ma ha combattuto e sconfitto l’ aborto clandestino”. Per concludere con gli ex-alleati radicali: “Anche io mi domando chi vincerà tra Binetti e Bonino. Per ora vince la prima e in tutta Europa ci sono diritti civili che in Italia non sono garantiti”.

Da ultimo, ha pensato anche di candidare Clemente Mastella tra le fila dei socialisti, dopo l’archiviazione della sua indagine nell’inchiesta Why Not : “gli offro di essere capolista completamente indipendente del Senato in Campania. Comprendo il suo stato d’animo, ma mi auguro che Clemente abbia la forza di combattere anche questa battaglia”.

Un crescendo degno del miglior Rossini, che ha comunque trovato il punto coreograficamente più alto nella puntata di giovedì sera di Porta a Porta.

Il fermo immagine, tratto questa sera dal Tg2, mostra il candidato premier per il Partito socialista, Enrico Boselli, mentre lascia il programma

Boselli ha lasciato di stucco tutti, Bruno Vespa compreso, abbandonando la trasmissione a telecamere accese. E, una volta detto che “questa è una campagna che si svolge con regole truccate”, ha espresso “ai telespettatori la mia protesta”, disertando quella che molti considerano “la terza Camera della politica”.

Quanto a varcare la soglia delle prime due (Montecitorio e Palazzo Madama), si vedrà. Certo è che, secondo i più autorevoli spin doctor, le uniche speranze per riuscirci, per Boselli e i socialisti, sono ormai affidate a questo tipo di intemerate.
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Se il Porcellum cavalca Luxuria...

(Antonino Amato ) In Italia tutti i politici sono intelligenti e sensibili. E, pertanto, riconoscono che molti Italiani non ce la fanno ad arrivare a fine mese. Solo che, per risolvere il problema, elaborano e promettono ricette miracolistiche senza costrutto. E, se qualcuno osserva, che potremmo risolvere il problema delle aziende che arrancano e dei poveri che fanno la fame, chiudendo le 113 basi militari USA dislocate in Italia e ritirando i 10.000 soldati italiani inviati all'estero a combattere le guerre americane, i politici si fanno diffidenti.
E, con gelido disprezzo, pensano: "il solito fascista che rifiuta di capire che nel 1945 gli USA ci hanno liberato. E, pertanto, dobbiamo ubbidire ai loro ordini. E pazienza se mandiamo i nostri in Afganistan a combattere contro i fanatici mussulmani e in Kossovo a difendere i fanatici mussulmani". Non potendo risolvere i problemi e non osando affrontarli in maniera logica e credibile, i politici cercano di farci scordare i problemi e le possibili soluzioni con uno squallido teatrino.

Prendete il "Porcellum". Tutti gridano "democrazia". Ma poi ci portano a votare con una legge che pone ostacoli vari a chi non gode del "favore del Signore" (leggi: USA ed Israele). E varano il "maggioritario" per avere più seggi dei voti e le "soglie di sbarramento" per evitare che qualche piccolo, anche perché più libero da condizionamenti, dica in Parlamento cose sgradevoli. Capita, di questi tempi, che a sinistra (Boselli), al centro (Casini ed altri) e a destra (Storace ed altri) denunciano mezzucci per "farli fuori". E non venitemi a dire che Boselli e Casini sono "fascisti". Quanto a Storace bisogna proprio essere in malafede per dargli del "fascista".

Come se non bastasse, i politici si confezionano le "preferenze" in casa. Nel senso che il solito "popolo bue" vota le liste scampate alle mannaie procedurali, ma non sceglie i "deputati". Questi vengono scelti dalle segreterie dei partiti secondo l’ordine che occupano nella lista. Succede, dunque, che i cervelloni della "Rifondazione Comunista" avevano tra i deputati uscenti tale Guadagno/Luxuria, eletto nel 2006 in Puglia. E volendo che lo stesso venisse rieletto lo hanno catapultato nella lista che va a vararsi in Sicilia, togliendo un posto a sedere ai locali.

Quando nel 2006 Guadagno/Luxuria fu eletto alla Camera dei Deputati, i Pugliesi la presero sul ridere: "Che culo!". Ma i Siciliani, che si vedono togliere uno dei pochi posti non hanno alcuna voglia di ridere. Tacciono li "masculi" ("E chi minghia ci dicu a chistu? Levati dai piedi garrusu? Roba da fascisti beceri. E poi, nel tradurre il concetto dal siciliano all’italiano, devo usare il LUI oppure la LEI? Meglio se non parlo"). Ma li "fimmini" vanno all’assalto. Non per niente vengono definite il "sesso debole". E con argomentazioni che non fanno una grinza: "E’ questo che intendete per rappresentanza territoriale? Togliere il posto a un/una siciliano/a per darlo ad un "essere" forestiero"? Ma, poiché l’affronto fatto ai Siciliani brucia sia ai "masculi" che alle "fimmini", lasciano trasparire la lagnanza di base. Ma su questo cedo la parola al "Corriere della Sera": "Nessuno dirà mai che non vogliono un trans candidato nella loro circoscrizione, ma sembra aleggiare perfino questo vago e acido dubbio nella ribellione….." (1).

Per concludere: "Che c’entra Luxuria a Palermo? Proprio in questa realtà così difficile dovevano candidarla? Come lo spieghiamo alle donne e agli uomini dello Zen?" (1). Lo Zen, per chi non lo sapesse, è un quartiere popolare di Palermo. Io avrei un suggerimento. Pare che, mentre i Turchi assediavano Costantinopoli, nel Palazzo si discutesse se gli "angeli erano di sesso maschile o femminile". Provino i Rifondaroli a fare un bel dibattito sul "genere" di Guadagno/Luxuria. Niente esclude che gli abitanti dello Zen scordino di avere il frigorifero vuoto. Del resto gli Italiani si vedono dire che "non ci sono soldi per le loro esigenze vitali" ma che si trovano i soldi per finanziare 113 basi militari USA e per inviare all’estero 10.000 soldati. Spendendo una montagna di soldi. Eppure…. Eppure li votano anziché inseguirli con il forcone. Chissà, forse che gli abitanti dello Zen non sono, anche loro, Italiani? E allora vai con il "Porcellum", con Guadagno/Luxuria e con la "Liberazione".

E’ stato già scritto: gli Italiani sono stati "liberati". Liberati dalla fatica di darsi una "identità". Temo che un popolo così paziente si meriti il Porcellum e Luxuria: sono le facce del fatto che non siamo né "Popolo" né "Nazione". Ma miserabile "plebe".

(1) "PRC, le donne contro Luxuria: in Sicilia non la vogliamo" in "Corriere della Sera" dell’8 marzo 2008, pagina 11.

Musica anni ’80, balli, gadget, vessilli. E contro l’effetto-Prodi il silviodanaio.

(Il Giornale) «Prende i mezzi», per dirla alla milanese, il popolo della libertà. «Mezzi» nel senso di tram, autobus e metropolitana. Autisti? Ma dove sono? Limousine? E chi le ha mai viste? Invece è proprio e soprattutto da lì, dal buio ventre sotterraneo della stazione Mm Romolo Lotto, linea rossa del metrò ambrosiano, tra gli acri odori di sigarette spente in fretta e quelli iper-vanigliati e stucchevoli delle brioche industriali vendute nei bar sotterranei e privi di grazia, che a partire dalle 9 del mattino di ieri a riaffiorare in superficie è un fiume umano in piena. Sempre più gonfio, sempre più vicino a tracimare.
E non sono volti confindustriali, né tantomeno da Federmeccanica, quelli che escono a rivedere il sole pallido e malato di Milano. Sono volti giovani con un mutuo sanguinoso, volti anziani da pensione ingenerosa, volti di ogni età da quarta settimana in apnea, da michetta che costa come l’oro, da pieno di «verde» che non ci puoi rinunciare, perché lavorare si deve, ma che è un salasso ogni giorno di più. Per non dire dell’Ecopass, sciura Moratti, che il diavolo si porti via anche quello...
Vengono in superficie, quelli del Popolo della libertà, e si infilano sotto le volte del Palalido dopo aver acquistato la loro bandiera da sventolare - 2mila pezzi «bruciati» in un attimo - e dato un’occhiata al gadget presentato dal designer e creativo Alberto Barillaro. È il Silviodanaio, un raccogli-risparmi di foggia antica, color del coccio proprio come quelli del passato, ma stampato in plastica riciclata e con tanto di sorriso candido del Cavaliere in coincidenza con la fessura dove devi infilare gli spiccioli.
Ed è per davvero un popolo vario e variopinto, molto più di quello che ti aspetti. Un popolo dove puoi veder scorrere le lacrime commosse e nostalgiche della signora Rachele Santagostino, di Casorate Primo (Pavia), che rimpiange il suo vecchio simbolo, quello di An, sacrificato sull’altare della causa comune. «Sto soffrendo perché mi manca tanto la mia fiammella tricolore. Ma forse è giusto così, è nell’ottica dei giovani, anche se io, adesso, a settant’anni, mi ritrovo con il magone», confessa. È un popolo dove spuntano senza sollevare proteste, al massimo qualche sorriso, anche le bandiere del GayLib, il movimento dei gay liberali di centrodestra, che per bocca del loro presidente Enrico Oliari chiedono il riconoscimento «dell’unione omoaffettiva nel programma del Pdl, perché anche questa è una libertà del popolo, come dimostrano del resto analoghe battaglie delle destre in tutta Europa e perfino tra i repubblicani negli States».

Comunque sono lì tutti per vedere «il Silvio», magari sognando di stringergli la mano, di certo per gridargli che sono ancora una volta con lui. E una volta dentro, sotto quelle vetrate ad arco oggi impolverate, ma che un tempo sono state anche moderne, è la torcida azzurra, il Maracanà della fede politica, ’o Vesuvio dei sentimenti repressi che finalmente eruttano lapilli, un mix rovente dove si mescolano rabbia antiprodiana e amore totale. «Silvio, Bergamo è con te», promette uno striscione sull’anello più alto; «Missaglia c’è e non vota comunista», garantisce quello accanto; «Noi non siamo bamboccioni», affermano a caratteri cubitali quelli di Azione giovani; «Clonate Silvio», sintetizza a pennarello blu, su un lenzuolo bianco, un anonimo con il raro dono della concisione.
Da una piattaforma in alto, en attendant il Cavaliere, è il complesso degli Oxxxa, quattro grilli canterini carichi di gommina, a riempire l’attesa. Per la gioia dei GayLab attaccano con le note di Ymca dei Village People; passano dai Ricchi e Poveri - «Che confusione...», accennano; «sarà perché ti amo...», risponde il pubblico - e proseguono con Balla balla, parole e musica di Umberto Balsamo, correva l’anno 1979. Musica da non star fermi. Ancheggia sugli spalti, sventolando il suo mega-tricolore, un’ex ragazza bionda. Corre sudato e felice, senza sosta, un ragazzone cinquantenne che di bandiere ne ha addirittura due. Posano in favore delle telecamere i giovani (veri, loro) giunti da Mantova indossando magliette stampate per l’occasione. Due le versioni, a seconda del sesso: «Siam felici, siam contente per Silvio Presidente», dicono in rima le femmine; «Tutti pazzi per Silvio», ribattono in prosa asciutta i maschietti.
Ma sono loro, Luisa Tonarelli e Ada Lama, miss di mezz’età dalla bresciana Leno, le più scatenate. Esibiscono un calendario autoprodotto dove appaiono avvolte nella bandiera di Forza Italia da cui spuntano due spalle nude e galeotte. E tengono ben alto un cartello: «Silvio, sei il nostro santo. Vai che noi ti seguiamo». Tutta roba che la sinistra se la sogna.

Berlusconi e Fini al Palalido di Milano. GayLib: "Ci siamo anche noi perchè bisogna continuare a insistere per cambiare la mentalita'".

PDL: OLIARI (GAYLIB), DEVE APRIRE A DIRITTI OMOSESSUALI RICONOSCERE COPPIA OMOAFFETTIVA SENZA DIRITTO ADOZIONE.
(AdnKronos) Nel centrodestra c'e' "ancora una certa chiusura nei confronti dei diritti degli omosessuali. E' indispensabile" cambiare atteggiamento. Enrico Oliari, presidente di Gaylib, l'associazione degli omosessuali di centrodestra, e' venuto al Palalido di Milano per ascoltare Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini.

In alto sulla gradinata inalbera un piccolo stendardo dell'associazione fondata nel 1997, che spunta tra grandi striscioni ("Silvio, Bergamo e' con te", "Missaglia c'e' e non vota comunista", "Busto Arsizio per la liberta'"). Gaylib, spiega Oliari, lancia l'idea del "riconoscimento dell'unione omoaffettiva, cioe' della sola coppia gay. E' esclusa la possibilita' di adottare minori, perche' va considerato il diritto del bambino di essere adottato e non quello della coppia da adottare".

Segnali di apertura dai vertici non ce ne sono stati, dice Oliari, ma "devo dire che ci sono stati cambiamenti sensibili nella base, e pian piano saliranno". Secondo Oliari, che milita a destra dai tempi dell'Msi, "bisogna continuare a insistere per cambiare la mentalita' del centrodestra. In tutta Europa la coppia gay e' riconosciuta, tranne che in Irlanda e in Austria. L'Italia e' stata superata dal Venezuela e dal Sudafrica". Non e' una tematica che interessa poche persone: "Secondo l'Oms in Italia ci sono 3-4 mln di omosessuali", spiega. "Noi - conclude - non attacchiamo la famiglia tradizionale: il vero attacco alla famiglia non viene dai gay, ma dall'alto costo della vita".
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