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giovedì 3 aprile 2008

Grillini risponde alla Binetti. Nel Pd il Re è nudo: Mai leggi sulle unioni civili.

(Imgpress) La senatrice del cilicio Paola Binetti ha detto finalmente la verità sulle politiche del Pd sui diritti delle coppie di fatto e i diritti delle famiglie omosessuali.
In caso di vittoria del Pd Pacs, Dico, Cus, non sarebbero mai approvati perchè il Pd non solo rielegge la senatrice che ha votato contro la fiducia al Governo di centro sinistra cancellando così le norme anti-omofobia, ma porta in Parlamento centoventi parlamentari clericali che, al pari della Binetti, non voterebbero mai le timidissime proposte presenti nel programma del Pd a proposito di diritti civili e contro le discriminazioni ai gay. Il riferimento ai diritti civili nel programma ha un sapore assolutamente elettoralistico è un patetico specchietto per le allodole, smentito ogni giorno da dichiarazioni omofobe dei candidati nel partito antidemocratico.
Alla senatrice vorremmo suggerire di ritornare ad iscriversi all'università e studiare a fondo i trattati di psicologia, scoprirebbe quello che dice l'Oms e cioè che omosessualità e eterosessualità sono varianti naturali del comportamento umano.

Pdl e Famiglia: Pera in Vaticano denuncia "Supermercato delle unioni".

(Velino) Ormai siamo al “supermercato delle unioni”, c’è una “esplosione di vari modelli di famiglia, come se fosse una unione come qualunque altro tipo di unione: famiglie omosessuali, lesbiche, monoparentali, poligamiche”: per il senatore Marcello Pera esiste un “problema serio e profondo di crisi famiglia in quanto modello”, oltre a una crisi della famiglia di tipo sociale ed economico. A margine del suo intervento nell’Aula nuova del Sinodo, in Vaticano, nell’ambito della sessione plenaria del Pontificio consiglio per la Famiglia, il senatore spiega al Velino che “c’è una crisi del concetto tradizionale di famiglia, non solo del concetto cristiano di una unione sancita dal matrimonio, ma anche del concetto laico così come previsto dalla nostra costituzione. Ormai fare una famiglia vuol dire fare un accordo e stare insieme per quel tanto che si può stare insieme” e “questo è grave perché disgrega lo stesso concetto di famiglia, che è come disgregare il nucleo della società”. Pera è l’unico candidato alle politiche che partecipa a questo convegno in Vaticano. Una coincidenza – spiega – perché “l’invito è arrivato molto tempo fa quando non era prevedibile questa situazione”. Esso nasce “da uno dei tanti incontri che ho avuto con il cardinale Trujillo”, presidente del dicastero vaticano e tra l’altro assente oggi per gravi motivi di salute. Il porporato “aveva apprezzato molto il mio impegno su questi argomenti – dice il senatore - e mi chiese se potevo fare il relatore laico di questo convegno. Ne fui onorato e accettati”. L’appuntamento cade ora “in un momento che peraltro mi trova impegnato sui due fronti, su cui però non faccio molta distinzione: credo che temi come questi, della laicità vera, siano temi da campagna elettorale che dovrebbero essere sottolineati con maggior forza”.


Il ricordo del Family day e del successivo Congresso di Firenze è ancora fresco, anche se spesso questi appelli sembrano cadere nel vuoto: “Il tema della famiglia – sostiene Pera – è all’attenzione delle forze politiche. Il Family day è stato momento importante perché ha richiamato tutti” sul tema, al quale va data attenzione “non solo in campagna elettorale: bisognerà ricordarsi dopo, bisognerà evitare gli attentati alla famiglia come le unioni omosessuali o la disciplina dell’eugenetica, l’eutanasia, che sono tutti attacchi alla famiglia”. Un “contributo importante” al dibattito laico sulla famiglia viene da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI: “Essi sfidano i laici a riflettere su cosa sia la famiglia, quale funzione ha, se possa ridursi semplicemente a un’unione come tante” aggiunge Pera. Da questi due Papi viene “una sfida di riflessione per il mondo dei laici e dei non credenti che mi pare sia accolta con attenzione soprattutto in Italia”. Con questi Papi, soprattutto con Benedetto XVI, Pera ha un rapporto personale piuttosto stretto. Amico del cardinale Ratzinger – hanno anche scritto un libro insieme -, Pera ha continuato a frequentarlo anche da Papa. Si è recato in udienza privata qualche mese fa: “Confermo che sono stato in udienza privata e che ogni tanto l’ho visto e gli ho parlato” dice al Velino. Ma i contenuti dei colloqui sono top secret.

Laicità, valore non negoziabile.

(Gian Enrico Rusconi - La Stampa) L’esibizione televisiva della cerimonia del battesimo del giornalista del Corriere della sera Magdi Allam è stato l’ultima prova della inconsistenza del lamento degli uomini di Chiesa che la religione sia esclusa dallo spazio pubblico e mediatico. Settimane or sono le dichiarazioni della Conferenza episcopale italiana, che contenevano una critica esplicita al sistema elettorale vigente, hanno incassato il consenso generale (pur con qualche malumore) sulla legittimità della gerarchia ecclesiastica di esprimersi senza restrizioni anche su temi politici. I due episodi hanno confermato che ciò che in qualunque paese europeo è ritenuto inopportuno, viene accettato come ovvio in Italia.A questo punto, è giusto chiederci quali consegenze derivino per la laicità dello Stato italiano. Non a livello formale, di principio, ma nella concretezza della vita pubblica. La domanda è tanto più interessante in un momento in cui il dibattito pubblico su questo tema è sospeso per tacita intesa nel segno della tregua elettorale. Ma il problema è solo rimosso.

I rapporti tra Chiesa e Stato in Italia sono sempre stati considerati una peculiarità (se non una anomalia) imposta dalla singolare storia nazionale. Oggi si preferisce mimetizzarli in vesti nuove come espressione dell’«età post-secolare» che caratterizza l’intero Occidente.

Ma ha senso parlare di società post-secolare in Italia che secolarizzata o secolare (che nel linguaggio internazionale equivale al nostro «laico») non è mai stata davvero?

L’enfasi sull’identità cristiana degli italiani che compensa la caduta della loro pratica religiosa, la deferenza verso il magistero della Chiesa che si accompagna ad un generalizzato analfabetismo religioso, l’appello alla dottrina morale della Chiesa a copertura della sistematica trasgressione privata della morale sessuale e familiare zelantemente sostenuta in pubblico - tutti questi non sono indicatori di una nuova età post-secolare. Sono semplicemente segni dell’impoverimento dell’etica pubblica.

Qui si annidano gli equivoci della strategia della Chiesa che si offre come fornitrice di una autentica «etica pubblica» (o ethos comune) e presenta pubblicamente la sua come «la religione della famiglia», senza rendersi conto della incongruenza in cui cade. Gli uomini di Chiesa infatti da un lato hanno difficoltà a comunicare i fondamenti dogmatico-teologici della dottrina a credenti rimasti in grande maggioranza teologicamente minorenni. Dall’altro lato rivendicano per sé un ruolo civil-pedagogico su temi antropologici (famiglia, rapporti sessuali interpersonali ecc.) pretendendo di affrontarli con criteri puramente umano-razionali. Ma poi nel dibattito pubblico introducono come argomento discriminante «la non negoziabilità dei valori» che si giustifica soltanto con una (particolare) visione religiosa.

L’espressione «non negoziabilità dei valori», diventata ormai luogo comune, è estremamente ambigua. Nessuno contesta al cattolico o al credente di ogni fede la piena legittimità di comportarsi come tale pubblicamente e quindi di avanzare ragioni che danno rilevanza politica alle sue esigenze identitarie. Ma quando queste esigenze/pretese assumono pubblicamente la forma enfatica della «intrattabilità» nascono serie difficoltà per la democrazia. Infatti allora non si tratta più dell’utilizzo ottimale dello spazio pubblico e dell’accesso al discorso politico che mira alla deliberazione politica, bensì del boicottaggio del processo deliberativo.

Detto in altro modo: c’è il pericolo che le pretese/esigenze di riconoscimento identitario di un gruppo (fosse pure numericamente maggioritario) intacchino il principio della cittadinanza costituzionale, cedendo a tentazioni comunitariste cioè a forme di pressione o di ricatto politico in nome di esigenze di una particolare identità-di-comunità, (nel caso specifico l’identità di appartenenza all’istituzione-Chiesa).

Questa strategia mette pericolosamente sotto pressione la funzionalità della vita democratica. Quando i vescovi criticano la legge elettorale, lo fanno esplicitamente nel contesto del discorso sulla «intrattabilità dei valori» che essi intendono difendere. Sollevano così il sospetto che a loro non sta a cuore la vitalità della democrazia come tale, ma la riuscita elettorale di rappresentanti politici che sostengano senza alcuna esitazione la loro posizione.

Di fronte a questa situazione è bene ribadire che in democrazia «non negoziabili» sono soltanto i diritti fondamentali, tra i quali al primo posto c’è la pluralità dei convincimenti, pubblicamente argomentati. Al pluralismo dei convincimenti deve essere subordinato l’impulso di far valere i propri valori (per quanto soggettivamente legittimi) nei confronti degli altri cittadini.

Spesso si sente dire: perché dividerci aspramente su questioni (unioni di fatto, unioni omosessuali, fecondazione assistita) che interessano modeste minoranze di popolazione, mentre ci sono problemi assai più urgenti di rilevanza generale? La domanda sembra sensata ma nasconde a stento l’insofferenza verso minoranze considerate «devianti» o «disturbanti», contro le quali si fa valere un ethos comune, dettato di fatto da particolari motivi religiosi che diventano discriminatori.

Siamo così riportati al cuore della questione democratica che è tutt’uno con la questione laica. Nella vita pubblica democratica la discriminante fondamentale tra i cittadini non è tra chi crede e chi non crede (o è diversamente credente), ma tra chi riconosce e garantisce la pluralità delle visioni e degli stili morali di vita (come del resto recita in un linguaggio diverso l’art. 3 della Costituzione) e viceversa chi, dichiarando «intrattabili» i propri valori, mette in scena pubblicamente la propria pretesa di verità, si sente investito della missione di orientare in modo autoritativo l’ethos pubblico senza assumersi la responsabilità delle conseguenze che derivano alla qualità e funzionalità del sistema democratico.

Il primo atteggiamento (quello affermativo della «libertà al plurale») è laico, il secondo non lo è. Laica è la disponibilità a far funzionare in modo solidale le regole della convivenza partendo dal presupposto che la molteplicità delle «visioni della vita», delle «concezioni del bene» o della «natura umana» non è una disgrazia pubblica (il famigerato «relativismo») cui non ci si deve rassegnare, ma l’essenza stessa della vita democratica.

Di fronte a questa problematica i laici italiani hanno due compiti. Il primo è quello di sottolineare che la laicità non è semplicemente un’opzione privata (un insieme di credenze omologo ad altri, magari una fede) ma è innanzitutto un criterio e un valore pubblico, che si costruisce sulle virtù personali del civismo e della disponibilità all’attenzione per tutti. Il secondo compito del laico è quello di ricostruire un discorso propositivo sui grandi temi della natura umana, della razionalità e della scienza. È una prospettiva impegnativa per contraddire la tesi che la laicità si ridurrebbe ad una costruzione di regole formali, senza contenuti vincolanti, che andrebbero cercati altrove, nella religione-di-chiesa, depositaria privilegiata di valori e contenuti di senso. È stupefacente che questa tesi sia condivisa - anche sulla grande stampa e nel sistema mediatico - da chi sino ad ieri si dichiarava laico. È il segno della necessità di inaugurare una nuova stagione della laicità.

Alla conquista del voto gay. Massimo Erasmo (Mpa): "Gay nell'esercito? Dovrebbero avere posti di prestigio".

A dichiararlo è il colonnello dei carabinieri Massimo Erasmo, candidato per il Movimento per l'Autonomia al consiglio comunale di Roma. "Hanno grandissime capacità strategiche", aggiunge il militare.

(Gay.it) Questa campagna elettorale non smette di riservare sorprese e colpi di scena. Chi avrebbe mai detto che ad ergersi difensore dei gay sarebbe arrivato un colonnello dei Carabinieri, candidato, udite udite, con l'MPA al consiglio comunale di Roma.
"Ai gay presenti nell’esercito così come nelle forze di polizia e nei carabinieri andrebbero affidati soltanto incarichi di prestigio. In tutte le persone omosessuali che ho conosciuto - dice Massimo Erasmo (nella foto)-, anche tra le forze dell’ordine, ho sempre riscontrato grandissime capacità di direzione e strategia dalle quali sono emersi il più delle volte ottimi risultati".

"La popolazione gay – ha proseguito il candidato del Movimento per l'Autonomia, che appoggia Alemanno come sindaco della Capitale – per come l’ho conosciuta io è composta per lo più di persone molto colte delle quali la nazione nei suoi ranghi militari può solo che giovarsi. Non deve esserci quindi nessun problema e, ovviamente, nessuna discriminazione nel loro arruolamento".

Il presidente di GayLib Daniele Priori, che ha già dichiarato che l'associazione dei gay di centrodestra voterà Franco Grillini come Sindaco e Erasmo al consiglio comunale, si è detto grato nei confronti del colonnello per le sue parole. "Siamo più che mai convinti del sostegno che la nostra associazione ha accordato al colonnello Erasmo. Una persona di cui fidarsi, profondamente preparata e dalla mentalità aperta che potrà fare soltanto il bene di Roma".

Paola Binetti: «L'eterosessualità è la via maestra». «Non voterò mai leggi sulle coppie gay».

Nuove polemiche all'indomani delle dichiarazioni del generale Del Vecchio sugli omosessuali. Grillini: «Con la vittora del Pd 120 parlamentari clericali».

(Il Corriere della Sera) Sono ancora i gay l'argomento che tiene banco all'interno del Pd, e di riflesso anche all'esterno, all'indomani delle esternazioni del generale Mauro Del Vecchio, candidato con Walter Veltroni, sulla presenza dei gay nell'esercito. Il militare ha definito gli omosessuali «inadatti» come soldati (parole «sbagliate e lontante dal porogramma del Partito democratico» ha detto Veltroni). Inun secondo momento Del Vecchio ha ritrattato ma la polemica era stat comunque innescata e si riaccende a 24 ore di distanza in seguito alle dichiarazioni di Paola Binetti. «Non voterò nessuna normativa giuridica a tutela delle coppie gay» ha detto la senatrice teodem ai microfoni di Ecotv (Sky 906), ribadendo la sua posizione sulle Unioni civili e sottolineando l'importanza della difesa della eterosessualità. «Nel momento in cui dovessero arrivare i famosi Dico io non li voterei», ha spiegato la senatrice teodem. «Il mio punto di vista è semplice. Prima di tutto, a mio giudizio - ha aggiunto - esiste una dimensione che io considero più legata alla sviluppo ordinario di una persona, che è quella dell'amore e della sessualità che è più squisitamente eterosessuale perché la complementarità biologica, la complementarità con cui ognuno di noi raggiunge la pienezza della sua maturità ha questa come strada maestra. Questa è la naturalezza, se si vuole considerarla anche statisticamente parlando».

«COL PD 120 PARLAMENTARI CLERICALI» - Immediata la replica del Franco Grillini, candidato sindaco a Roma per il partito socialista, che giovedì era stato protagonista di un botta e risposta a distanza anche con Del Vecchio. «La senatrice del cilicio Paola Binetti ha detto finalmente la verità sulle politiche del Pd sui diritti delle coppie di fatto e i diritti delle famiglie omosessuali. In caso di vittoria del Pd Pacs, Dico, Cus, non sarebbero mai approvati perché il Pd non solo rielegge la senatrice che ha votato contro la fiducia al Governo di centro sinistra cancellando così le norme anti-omofobia, ma porta in Parlamento centoventi parlamentari clericali che, al pari della Binetti, non voterebbero mai le timidissime proposte presenti nel programma del Pd a proposito di diritti civili e contro le discriminazioni ai gay».

«PROPONGONO I BORDELLI... » - Intanto davanti alla platea della Coldiretti Silvio Berlusconi è tornato sulle dichiarazioni di Del Vecchio. «Finalmente sappiamo qual è il vero programma del Pd, fuori i gay dall'Esercito e bordelli per i soldati. Mi sembra interessante...» ha detto il Cavaliere. «Meno male che dicono sempre che noi ci divertiamo e loro sono cupi - aggiunge Berlusconi - ma noi abbiamo l'arma dell'autoironia mentre loro si prendono sul serio».

LA PRECISAZIONE DELLA BINETTI - Successivamente però la Binetti rettificava quanto emerso nell'intervista e annunciava che avrebbe fatto causa ad Ecotv: «Contattata da Ecotv per un’intervista sul Partito democratico, lo scorso 6 marzo - racconta la Binetti - sono andata negli studi dell’emittente che ho abbandonato perché l’intervista si stava trasformando in un interrogatorio sull’omosessualità e nulla aveva a che fare con il Pd. Ho immediatamente diffidato gli autori della trasmissione dal mandarla in onda e, oggi a un mese quasi di distanza, vedo addirittura le anticipazioni di quell’intervista da me non autorizzata e faziosamente presentate senza rivelare né la data né il contesto in cui essa si è svolta. Difendo con convinzione le mie idee che sono note a tutti - conclude la senatrice -, ma in questa occasione mi riservo di adire le vie legali contro l’emittente per la strumentalizzazione dell’intera vicenda».

Radicali: "Sui diritti civili ci battiamo ogni giorno da trent’anni, non servono promesse elettorali".

I nove radicali candidati nelle liste del Pd rispondono alla richiesta dell’Arcigay di sottoscrivere un “patto con i candidati”.

Dichiarazione di Emma Bonino, Rita Bernardini, Marco Beltrandi, Maria Antonietta Farina Coscioni, Matteo Mecacci, Marco Perduca, Donatella Poretti, Maurizio Turco, Elisabetta Zamparutti.

Cari amici dell'Arcigay, come sapete, i Radicali sin dal 1971 sono in prima linea con le loro lotte politiche, parlamentari e nonviolente, anche a livello locale, per l'affermazione, promozione e difesa dei diritti civili per tutte le persone, indipendentemente dall'orientamento sessuale e identità di genere, quindi lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, transgender ed eterosessuali! In continuità con quanto fatto dagli eletti Radicali negli ultimi 30 anni di attività parlamentare - dalla legge del 1982 sul cambio del sesso alle diverse proposte di legge sulle unioni civili depositate in quest'ultima Legislatura - continueremo a batterci con rigore e impegno su questi temi.

In campagna elettorale giungono ai candidati decine di appelli che propongono patti, contratti, impegni, promesse e giuramenti: per serietà scegliamo di non firmarne alcuno, tanto più quando riguardano temi che da sempre caratterizzano il nostro impegno quotidiano, umano, civile e politico.
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I radicali presentano simbolo, programma e liste per le elezioni comunali 2008 a Roma.
Creare l’albo degli eletti, dove ogni cittadino potrà sapere quanto guadagna il consigliere di turno, a quante votazioni partecipa e quante sono state le sue presenze in aula, creando una vera “casa di vetro”. E poi abbatere tutte le barriere architettoniche in città, creare in ogni Municipio una sala per matrimoni e funerali laici e realizzare i “Quartieri verdi”, ovvero prevedere per ogni quartiere di Roma un rapporto tra suolo cementificato e verde del 50% ciascuno. Infine proseguire sulla strada delle metropolitane e lavorare per far si che ogni quartiere abbia servizi, divertimenti e cultura decongestionando il centro.

Queste alcune delle proposte che lanciano i Radicali per Roma-Lista Bonino che per le elezioni comunali 2008, unica eccezione in tutta Italia, si presenteranno con il loro simbolo (che non confluisce come in tutto in resto della penisola dentro alle liste del Pd), per appoggiare il candidato di centro-sinistra Francesco Rutelli. Il lancio del simbolo e della lista dei candidati per Roma e Provincia, è avvenuto ieri sera alla presenza del ministro uscente Emma Bonino, del segretario del partito Rita Bernardini, del capolista a Roma Mario Staderini e della numero due della lista Mina Welby.

“Il nostro obiettivo, solo apparentemente modesto, è di far elleggere un solo radicale in Campidoglio” ha spiegato la Bonino. Quella che vogliamo, ha poi aggiunto, “è una Roma aperta, non paurosa, una Capitale dove tutti vivano meglio ma non chiusa, rigorosa ma solidale e simbolo dei diritti umani e civili”. Per riuscire a centrare questi obiettivi la Bonino ha infine spiegato di voler istituire 100 tavoli per le strade e di contattare persone ed elettori anche attraverso le mailing list personali. Aspettative mail dunque!

Alla ricerca del voto gay. Boselli e Bertinotti firmano il patto di Arcigay.

Enrico Boselli per il Partito Socialista e Fausto Bertinotti per la Sinistra Arcobaleno hanno siglato quest' oggi il Patto proposto da Arcigay che ricalca la piattaforma rivendicativa del movimneto lgbt italiano ed approvato l'anno scorso in occasione del gay pride. Il patto è indirizzato a tutti i candidadti premier delle prossime elezioni.
Il Patto composto da nove punti proposti intendono garantire "alle coppie dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle coppie ed alle famiglie tradizionali, con il sostegno della parità dei diritti, attraverso l'estensione del matrimonio civile o istituto equivalente".
Il documento inoltre precisa che "nel rispetto delle differenti modalità di legami sentimentali, ed in linea con ciò che è avvenuto in Europa, è inoltre necessaria la creazione di istituti differenti e distinti dal matrimonio che prevedano il riconoscimento giuridico pubblico delle unioni civili".
Il patto sottoscritto richiede inoltre "un'apposita legge sul tema della responsabilità genitoriale dei partner di fatto, anche dello stesso sesso, nell'interesse delle migliaia di figli di lesbiche e gay presenti nel paese; una legge contro ogni forma di discriminazione per orientamento sessuale ed identità di genere".
Altri punti qualificanti della piattaforma la richiesta di revisione della legge 164 del 1982 sul cambiamento di sesso, per consentire il cambio anagrafico di nome proprio e identificativo di genere senza l'obbligo di intervento chirurgico genitale, la gratuità delle terapie necessarie alla transizione di genere e che si affronti il tema dell'intersessualismo; la profonda modifica della legge 40 sulla fecondazione medicalmente assistita.
Il presidente nazionale Arcigay, Aurelio Mancuso, commenta infine "la curiosa presa di posizione dei Radicali Italiani che non intendono firmare il patto da noi proposto perché non usi a sottoscrivere documenti provenienti da associazioni o gruppi sociali. Questa improvvisa e prudenziale posizione ci sembra un po' stonata, comunque confidiamo che in futuro, al di la delle altre collocazioni delle liste radicali nelle liste elettorali, i deputati pannelliani siano protagonisti delle battaglie civili e di libertà del movimento lgbt italiano".

Luxuria: "Gay inadatti a guerra e fieri di esserlo".

Inquietante che Pd non affermi che anche etero sono pacifisti.

(Apcom) "Gli omosessuali sono inadatti alla guerra e all'esercito e fieri di esserlo, non a caso le loro insegne sono il simbolo del pacifismo mondiale". E' quanto afferma in una nota Vladimir Luxuria, deputata e candidata Sinistra/arcobaleno alla Camera nel collegio Sicilia 1.

"In questo senso le parole del candidato del partito democratico, generale Mauro Del Vecchio, non sono da ritenersi soltanto un trito insulto omofobo - osserva Luxuria -: l'identificazione della guerra e del militarismo con l'eterosessualità è prima di tutto un'offesa nei confronti di tutti i pacifisti eterosessuali. Quel che è davvero inquietante è che da parte del partito democratico non si senta il bisogno di affermare che non c'è bisogno di essere gay per essere pacifisti e antimilitaristi. Non credo infatti sia un merito per gli eterosessuali essere in quanto tali guerrafondai".

"Anche il concetto del gay marziale, tipico della classicità, lo lasciamo volentieri all'epica antica. E con esso il militarismo. I focolai di guerra e i conflitti del nostro tempo, difatti, non fanno che incendiare il fondamentalismo religioso e quello militare, alimentando l'omofobia e ogni forma di repressione - conclude l'esponente della Sinistra Arcobaleno -. Dove c'è guerra non ci sono libertà e diritti. Non vedo dunque chi possa far vanto di esserne adatto".

«I gay inadatti come soldati». È bufera. Veltroni a Del Vecchio: «Parole sbagliate».

Il socialista Grillini in corsa per il campidoglio: «il militare è omofobo e conservatore». Il generale candidato nel Pd: «Nell'esercito opportuno non evidenziare la propria omosessualità».

(Il Corriere della Sera) «Le parole che il generale Del Vecchio ha pronunciato sono assolutamente sbagliate e lontane anni luce dal programma del Partito Democratico e dai suoi valori». Il leader del Pd Walter Veltroni prova a spegnere così le polemiche suscitate dalle affermazioni del candidato del Partioo democratico sui gay nell'esercito. Gli omosessuali nell’esercito sono «inadatti», secondo quanto affermato da Del vecchio in un’intervista rilasciata a Klaus Davi per "KlausCondicio", su YouTube.

POLEMICHE - Parole che hanno subito innescato dure polemiche da parte del socialista Franco Grillini. «Che le strutture militari siano omofobe, e, più i generale, sessuofobe è risaputo» ha detto il candidato sindaco di Roma, spiegando che «le strutture gerarchiche e maschiliste, soprattutto in condizioni di mono-sessualità, tendono a riprodurre un modello di maschilismo autoritario. Tuttavia il mondo è fortemente cambiato - ha aggiunto Grillini - e Del Vecchio non se ne è accorto». Grillini ricorda inoltre che «in alcuni paesi, come l'Inghilterra, si fa pubblicità sui giornali gay per l'arruolamento nella marina. L'esercito israeliano, poi, arruola senza difficoltà gli omosessuali». Quindi: «Il generale del Vecchio non spacci le sue idee omofobe e conservatrici come oggettive». E soprattutto, conclude Grillini, «le affermazioni di Del Vecchio ci tolgono ogni dubbio: è bene che la comunità gay italiana non si fidi del Pd».

RETROMARCIA - Immediata la controreplica a Grillini del generale candidato nel Pd: «Ho visto che alcune mie dichiarazioni stanno suscitando polemiche. Vorrei precisare - ha detto Del Vecchio - che interpretare come un pensiero compiuto qualche frase detta con un po' di ingenuità sarebbe sbagliato». Anche il leader del Pd ha voluto sottolineare il dietrofront del generale sulle sue affermazioni che riguardano i gay. «Ho visto - ha detto Veltroni - che il generale le ha rapidamente corrette e sostanzialmente smentite, confermando la sua piena adesione al programma del Pd. E questo mi pare chiuda ogni possibile polemica che sarebbe strumentale».

CRITICHE - Ma alla dura reazione di Grillini sulle dichiarazioni di Del Vecchio si sono aggiunte via altre critiche. Per il ministro Paolo Ferrero «il Partito Democratico potrà anche definirsi riformista ma certo non è di sinistra». «Dopo la mafia, che aveva dichiarato che un gay non può appartenere alla "famiglia", ora abbiamo anche la notifica che un gay non può essere militare» ha detto il senatore Gianpaolo Silvestri, candidato della Sinistra l'Arcobaleno in Sicilia per il Senato.
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