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venerdì 10 ottobre 2008

Alle Europee con lo sbarramento al 5%. Barricate da sinistra.

i protagonisti degli ultimi due anni

(Panorama) Liste bloccate, con parità di genere, sbarramento al 5% e dieci circoscrizioni.
Queste sono le caratteristiche del testo base di riforma della legge elettorale per le elezioni europee presentato in commissione Affari costituzionali dal relatore del provvedimento, l’azzurro Peppino Calderisi. Tradotto: alle elezioni europee della primavera del 2009, se Montecitorio approverà il testo, non otterranno seggi i partiti che non raggiungono il 5 per cento e non si potrà esprimere la preferenza. Il termine per gli emendamenti è fissato a martedì prossimo e il testo è calendarizzato per l’Aula di Montecitorio per il 27 ottobre, in tempo utile per approvare la riforma di legge entro le elezioni europee della prossima primavera.
“Lo sbarramento serve a evitare la frammentazione e dunque a favorire l’influenza degli italiani eletti nei gruppi europei e l’abolizione della preferenza ha come obiettivo quello di qualificare la classe dirigente italiana in Europa”, ha detto il vice presidente dei deputati del Pdl, Italo Bocchino.
Ora, l’obiettivo dell’opposizione, almeno nell’idea di Sesa Amici, capogruppo Pd agli Affari Costituzionali, è quello di riuscire a “presentare emendamenti comuni”. Anche l’Udc, per voce del segretario Pierferdinando Casini, annuncia una “battaglia per la libertà che faremo a 360 gradi per evitare di avere anche a Strasburgo un Parlamento di nominati anziché eletti”. L’Udc sarà davanti a Montecitorio il prossimo 17 ottobre e annuncia per novembre una manifestazione di piazza.
Per Paolo Ferrero, segretario del Prc, si tratta di “un autentico colpo di Stato”. “Con lo sbarramento al 5 per cento” spiega Ferrero “si mira a far fuori la sinistra dal Parlamento europeo e con l’abolizione delle preferenze si toglie dalle mani dei cittadini la possibilità di decidere e di dire la loro sui futuri eletti in modo illogico e anticostituzionale”.
Per il segretario del Pdci Oliviero Diliberto il testo base della riforma è “un abominio, uno scandalo europeo”. Lui, comunque, per ovviare allo sbarramento propone di presentarsi alle Europee in una lista unica con il Prc. Un’unità dei comunisti che potrebbe piacere al segretario Ferrero, ma che Gennaro Migliore, esponente dei “vendoliani”, ha già escluso “qualsiasi possibilità di unità dei comunisti per le prossime elezioni europee e chiede formalmente alla segreteria di Rifondazione di escludere a sua volta chiaramente questa ipotesi”.

martedì 7 ottobre 2008

Bologna al voto. "Per il dilemma Guazzaloca un sondaggio di Berlusconi".

Il coordinatore FI: dopo decidiamo il candidato.
(Silvia Bignami - La Repubblica, edizione di Bologna) Deciderà Berlusconi. Anzi deciderà un sondaggio di Berlusconi. Per risolvere il dilemma del centrodestra tra favorevoli e contrari alla candidatura bis di Guazzaloca ci sarà un sondaggio di Silvio Berlusconi. Il coordinatore regionale di FI Giampaolo Bettamio chiederà che venga effettuato tra non più di due settimane. L´allerta della segreteria del Cavaliere è scattata dopo la rilevazione Ipr Marketing pubblicata da Repubblica che dà l´ex sindaco testa a testa con Sergio Cofferati ad un eventuale ballottaggio. Ora si attende solo il «momento giusto» per far partire la nuova rilevazione commissionata dal premier. Un momento che non sarà comunque lontano, visto che «il tempo stringe», dice Bettamio.
L´obiettivo è fare chiarezza sul peso elettorale dei candidati in campo. Primo fra tutti Guazzaloca, sul quale il Pdl locale resta più che mai diviso, ma che, secondo molti, sarebbe ancora l´avversario più insidioso per il Cinese. E´ davvero così? «Vedremo. Per ora il Pdl non ha fatto sondaggi su Bologna» assicura Bettamio. Dopo la pubblicazione del sondaggio di Repubblica tuttavia, i vertici del partito si sono mossi. «Ho parlato personalmente con la segreteria di Berlusconi - racconta Bettamio - e loro mi hanno assicurato che sono pronti a fare il sondaggio non appena noi glielo chiediamo. E io penso che non si possa più aspettare tanto. Al massimo tra un paio di settimane partirà la mia richiesta al premier. E´ chiaro che i risultati della nostra rilevazione saranno un indicatore importante per la scelta del candidato».
Un sondaggio commissionato direttamente dal Cavaliere che a questo punto, a tre mesi dalla fine dell´anno e a otto dal voto amministrativo, potrebbe essere risolutivo. Non a caso pochi giorni fa il coordinatore di An Filippo Berselli, commentando a caldo l´alto gradimento riscosso da Guazzaloca tra gli intervistati da Ipr, aveva detto: «Io credo solo ai sondaggi di Berlusconi». Un commento che aveva fatto pensare alcuni che esistesse e circolasse già, a Roma, una rilevazione commissionata dal premier. Ad alimentare il sospetto anche la dichiarazione tranchant del deputato Pdl Giuliano Cazzola (da sempre vicino a Guazzaloca) che nei giorni scorsi ha stroncato il bis dell´ex sindaco con un "no" secco citando voci che a Roma lo darebbero in discesa. In realtà oggi un sondaggio targato Pdl non esiste, ma i vertici del partito sono convinti che sia giunto il momento di farlo.
Anche perché le resistenze all´ex presidente di Ascom e Camera di Commercio restano forti, in città. Non basta il niet persistente del commissario di FI Fabio Garagnani. Né il veto assoluto della Lega Nord. Lo scetticismo contagia tutti. Ieri anche il deputato Pdl Giancarlo Mazzuca, in un primo tempo lui stesso disponibile a candidarsi (ma solo in assenza di Guazzaloca), ha frenato la corsa dell´ex sindaco. E ha spezzato invece una lancia a favore dell´ex guazzalochiano Daniele Corticelli. «Mi sembra che sia più facile dirottare i voti del centrodestra su di lui» dice l´ex direttore del Carlino ai microfoni di Radio Tau. Anche se, ammette, «alla fine bisogna comunque convergere sul più forte, in modo da sfruttare una occasione storica molto più importante di quella del ?99. Se i bolognesi - conclude - in base ai sondaggi dicono che Guazzaloca è il più forte, allora bisogna dargli ragione e puntare su di lui».
Un ritornello ricorrente, quello sui sondaggi. Ora non resta dunque che aspettare quello di Berlusconi. Una rilevazione importante non solo per Guazzaloca, ma anche per i suoi sfidanti. Prima di tutto per Corticelli. Il giovane "delfino" ribelle dell´ex sindaco è appena partito con la sua campagna, e soffre di un deficit di popolarità in città. Tra due settimane, quando Bettamio chiederà che parta il sondaggio commissionato da Berlusconi, le cose non saranno molto cambiate per il giovane leader di Bologna Capitale.

giovedì 2 ottobre 2008

Si vota per il sindaco a Bologna. Cofferati-Guazzaloca ai rigori .

Il sondaggio. Al ballottaggio il "Cinese" batterebbe l´ex sindaco 51 a 49. I possibili sfidanti di centrodestra relegati a posizioni di rincalzo.
(Mauro Alberto Mori - La Repubblica, edizione di Bologna) Cofferati in crescita. Guazzaloca pure. A sette-otto mesi dal voto amministrativo, per Bologna si prospetta il replay. Testa a testa Cofferati-Guazzaloca: 51 a 49. Un soffio, una sfida incertissima, una rivincita aperta a tutti i risultati. Questo dice il sondaggio fatto da Ipr marketing per Repubblica. E questo è anche lo scenario più credibile, pur tra tutti i distinguo e i tatticismi dei partiti e dei singoli. Il sindaco è conosciutissimo, in ripresa dopo l´annus horribilis 2007 e può contare su un buon giudizio dei cittadini sull´amministrazione. L´ex sindaco però resta forte, nonostante la fuga da Palazzo d´Accursio dopo la sconfitta e nonostante i quattro anni passati a Roma. Gli altri possibili sfidanti di centrodestra, sulla carta, sono relegati a posizioni di rincalzo. Se nelle schede non ci sarà il nome di Guazzaloca, il Cinese vince in carrozza.
La sfida vera è quella. Ma mai come in questo caso occorre mettere tanti "se" e tanti "ma". Le alleanze e i candidati sottoposti alla rilevazione sono quelli che oggi stanno nell´arena politica bolognese. Sorprese non sono all´orizzonte, ma sono possibili. E poi, analizzando i risultati del sondaggio, occorre sempre tenere presente che c´è un alto numero di indecisi. Ora e, presumibilmente, fino a pochi giorni dal voto.
L´amministrazione Cofferati appare in recupero di consensi. Non arriva alla sufficienza, ma dopo aver preso solo 5,3 un anno fa (nello stesso tipo di sondaggio) ora è al 5,6. Più amata dai maschi (5,8) rispetto alle femmine (5,5); più da giovani e anziani (5,7) rispetto alla middle-age (5,4). E´ in chiaro-scuro il giudizio su questi quattro anni fatti di roboanti parole d´ordine, grandi progetti, ma anche di tanti inciampi sul day-by-day. Per il 34 per cento dei bolognesi l´amministrazione della città è migliorata rispetto a quella di Guazzaloca. Il 39 per cento però dice che è vero il contrario. Dati simili con un 21 per cento di agnostici (o di indecisi) che dicono: tra la giunta guidata dal Cinese e quella del "Civico" non c´è differenza.
Se questo è il passato prossimo, il bello viene sul futuro. La corsa per il futuro sindaco. Quattro scenari con una costante: Cofferati è sempre davanti a tutti. Ma con percentuali molto diverse. Se Guazzaloca non sarà in gara (e finora ufficialmente non ha ancora detto sì), il Cinese può vincere al primo turno: 55 o 54 per cento. Corticelli resta relegato al 21%, Raisi al 20%, Galletti al 15, Monteventi al 9 ( a seconda delle combinazioni, come si vede nelle tabelle). Una conferma che Guazzaloca può ancora contare su uno zoccolo duro nel centrodestra, gli altri no. Se nella corsa manca Raisi, Corticelli sarebbe il più forte.
Più credibile un parterre di partenza con quattro candidati: Cofferati 47; Guazzaloca 44; Corticelli 3; Monteventi 6. La "rivolta" di Corticelli al "papà" Guazzaloca non paga. A scompaginare queste linee di tendenza ci potrebbero essere anche un candidato Lega Nord (se non si apparenta con Corticelli), uno di Rifondazione e uno del centro cattolico. Stando alla nostra rilevazione però Guazzaloca porterebbe Cofferati al ballottaggio. E lo farebbe anche se si aggiungesse come terzo uomo di centrodestra Raisi. Cofferati 46; Guazzaloca 40; Raisi 5; Corticelli 3; Monteventi 6. Nonostante il segretario pd De Maria sia convinto che l´avversario più temibile sia l´onorevole di An, questo sondaggio non lo asseconda. Così come dice che si andrebbe al ballottaggio.
E qui le incognite sono ancora di più. Alla domanda secca "chi voterebbe tra Cofferati e Guazzaloca?" i bolognesi oggi dicono 51 per il primo 49 per il secondo. Non bisogna essere esperti di statistiche per dire che sostanzialmente i due sono pari (infatti gli esperti dicono che una "forchetta" del 2% è fisiologica). A complicare le previsioni per questo replay del duello c´è il livello di fiducia di cui godono i possibili candidati. La partita si ribalta: il 57% dei bolognesi ha fiducia in Guazzaloca contro il 48% che l´ha in Cofferati (Raisi 12; Galletti 9; Corticelli 3; ma bisogna tenere conto dello scarso grado di conoscenza che i cittadini hanno di questi tre competitori). Se uno dovesse scommettere, farebbe bene a risparmiarsi l´euro della puntata. Ma il bello della politica è questo. Su una sfida che per i sondaggisti è destinata a finire ai rigori, i margini di intervento sono molti. Le alleanze, la campagna elettorale, l´appeal dei contendenti, la forza delle macchine elettorali, l´andamento del governo nazionale possono fare la differenza. Poi la palla passa ai bolognesi.

lunedì 29 settembre 2008

Prc, Ferrero: Vendola mente per delegittimarci.

(Il Messaggero) «Restaurazione comunista? Ma quando mai»: il segretario del Prc, Paolo Ferrero, reagisce alle critiche piovutegli addosso da Nichi Vendola, che ha minacciato di essere pronto a lasciare il partito se non sarà modificata la linea «veterocomunista» uscita vincente dall'ultimo congresso nazionale. Ferrero si difende sostenendo che gli uomini della minoranza di Vendola «invece di lavorare per il rilancio di Rifondazione lavorano a raccontare falsità ». «Ci descrive come trinariciuti pazzoidi - dice Ferrero di Vendola - per delegittimare Rifondazione e poter proporre come soluzione l'unità della sinistra, cioè una sinistra moderata ala esterna del Pd».

Il rimprovero principale che Ferrero fa alla minoranza è di «non capire che il Pd non ha nulla a che vedere con la sinistra», perché ha abbandonato la difesa degli interessi di classe. Ferrero nega di volere la «costituente comunista», ossia l'unità con il Pdci di Diliberto: il documento congressuale, sottolinea, non ne parla. Quanto alle alleanze per le europee, Ferrero invita a parlarne a febbraio: parlarne ora, senza sapere con quale legge si voterà, «sarebbe demenza politicista».

Infine, il problema di Liberazione. Ferrero conferma la gravità della situazione e risponde duramente al direttore Sansonetti, imputandogli una buona parte della responsabilità della crisi: dei quattro milioni di passivo del giornale, afferma, «due sono al netto della sciagurata legge sull'editoria. Io sono assolutamente contrario all'idea di liquidare Liberazione, sono per rilanciarla, ma questo vuole dire fare un piano editoriale che permetta di vendere più copie e avviare una ristrutturazione in modo da ridurre i costi».

sabato 27 settembre 2008

Prime ipotesi. Come andranno le europee?

(Crespi-blog | Affari italiani) "Fuori tutti i partiti della sinistra radicale, La Destra di Storace e i Socialisti. Ottime chance per l’Udc di Casini. Italia dei Valori tra il 5 e il 6% e Partito Democratico non oltre il 30. Nella maggioranza Popolo della Libertà attorno al 40-42%, comunque sotto il 45, e Lega tra il 9 e il 9,5%.

E’ la simulazione sulle elezioni europee del prossimo anno - considerando la riforma elettorale del governo (sbarramento al 5% e niente preferenze) - effettuata attraverso un’intervista esclusiva per Affaritaliani.it da Luigi Crespi numero uno di Crespi Ricerche.

“Tutti i partiti della sinistra radicale, compresa Rifondazione Comunista, non supereranno la soglia del 5%. Fuori anche La Destra di Storace e i Socialisti.
L’unico partito che avrebbe la possibilità di farcela, in quanto si trova sul ‘crinale’, è l’Udc di Casini. Attualmente sono alte le chance dei centristi di entrare nel Parlamento europeo, i dati che vediamo danno l’Udc sempre tra il 4 e 6%. Diciamo che Casini ha un 80-90% di possibilità di superare la soglia di sbarramento”.

E ancora: “Se Rifondazione Comunista si presenta da sola, il 3,5-4% sarebbe già un successo clamoroso. E gli altri partiti avrebbero un altro 2,5% circa. Se invece si presentassero ancora insieme, questa volta potrebbero avvicinarsi al 5% e sarebbero sulla soglia del 5%, ma con chance inferiori a quelle dell’Udc. Se si presentano separati complessivamente fanno di più che uniti, la somma sarebbe attorno al 6%, però nessuno andrebbe all’EuroParlamento”.
E Di Pietro?
“In questo momento i miei sondaggi danno l’Italia dei Valori all’8%, però credo che alle Europee si fermerà tra il 5 e il 6%, anche perché il Partito Democratico avrà una reazione e già qualcuno individua una piccola ripresa del partito di Veltroni, dopo il crollo che ha avuto a seguito delle Politiche. Alle elezioni europee il Pd potrà avvicinarsi al 30%, è molto difficile che vada oltre. Come coalizione prenderanno più o meno gli stessi voti delle Politiche, ma con Di Pietro più alto rispetto al 4,5% che toglierà qualcosa a Veltroni. Il Pd lo vedo attorno al 29-30%, anche perché un paio di punti verranno recuperati dalla sinistra estrema”.
Capitolo Centrodestra.
Il Popolo della Libertà del Cavaliere oggi è al 42%, punto massimo raggiunto. Tutti i governi nei primi dodici mesi hanno un grande successo di crescita, mentre nel secondo e nel terzo anno, per motivi tecnici, gli esecutivo tendono a contrarsi. Poi quelli che governano bene recuperano negli ultimi due anni. E’ lo schema del consenso che vale in tutti paesi, anche in Francia ad esempio. Ed è quello che è già successo. Nel 2001-2002 Berlusconi andava molto bene, nel 2003-2004 ha subito una forte contrazione, perdendo dodici regioni su quattordici alle Amministrative, infine nell’ultimo anno è risalito fino al pareggio del 2006. Perciò alle Europee del 2009 prevedere per il Pdl un dato sopra il 42% mi sembra esagerato, può fare tra il 40 e il 42.
Ma comunque sotto il 45%. Più cresce il Popolo della Libertà e più la Lega non si espande. Ma con con il Pdl tra il 40 e il 42% il Carroccio può attestarsi intorno al 9%, anche 9,5, ma comunque sotto il 10%”.

venerdì 18 luglio 2008

Ecco il sondaggio segreto sulla disfatta che Veltroni ha tenuto segreto.


(Carlo Puca - Panorama) La caduta di Romano Prodi, le dimissioni da sindaco di Walter Veltroni, il bagno di sangue di Francesco Rutelli. Ancora: i veleni, le risse di questi giorni, i rischi di scissione del Partito democratico. A voler essere colpevolisti, tutto potrebbe dipendere da un dettaglio in grado di spiegare la storia recente del centrosinistra italiano: un documento di 58 cartelle del gennaio 2008. Un sondaggio della Ipsos, per la precisione.

S'intitola «L'analisi di trend del biennio 2006-2007» ed è stato commissionato dal Comune di Roma al tempo della giunta veltroniana. Consegnato in Campidoglio nel gennaio 2007, è rimasto occultato per mesi al Pd, nascosto a Prodi e persino al candidato Rutelli. Panorama è riuscito a scovarlo in un armadio dimenticato da tutti, anche dagli uomini di Veltroni. Era fra vecchie carte invece che sul sito del comune, come da prassi, poiché commissionato dall'assessorato alla Cultura con delega alla comunicazione. Quella di Ipsos, insomma, è una ricerca che poteva essere pubblica ma non lo è stata. Chissà perché.

ROMA MONITORAGGIO COMUNE (2006-2007) (pps)
Unica certezza sono i numeri, che denunciano lo stato del rapporto tra Veltroni e i suoi (ex) elettori romani: a dicembre 2007, rispetto al 2006, la fiducia verso l'amministrazione comunale era crollata di 20 punti secchi. In appena 24 mesi. Una catastrofe.

Nel sondaggio, a bocciare il leader del Pd è la totalità delle categorie, dai disoccupati (meno 36 per cento) agli impiegati (meno 14). Ma pure la totalità dei quartieri, dal centro (meno 28 per cento) a Ostia (meno 15). In generale, il 58 per cento dei cittadini dichiara di avere «poca o per nulla» fiducia nell'amministrazione. Il 51 per cento dei romani aggiunge pure di non sentirsi sicuro. Insomma, tra il sindaco e i romani si era rotto qualcosa. Anzi, si era rotto tutto.

La conferma più netta arriva da una domanda, la seguente: «Pensando al 207, lei ritiene che rispetto al 2006 Roma sia...». Risposte: peggiorata (48 per cento), negativa come nel 2006 (22), positiva come nel 206 (10), migliorata (18). Riassumendo: nel dicembre 2007, il 70 per cento dei romani riteneva la capitale ridotta ai minimi termini. Altro che edonismo veltroniano. Altro che modello Roma.

Si tratta di un giudizio grave se rapportato a un sindaco rieletto a furor di popolo dopo 5 anni di splendida luna di miele con la città. Nella primavera 2006, per riconquistare il Campidoglio all'allora Walterissimo bastò il primo turno. Ottenne il 61,4 per cento dei voti, contro il 37,1 di Gianni Alemanno. Il quale ha dovuto attendere appena 2 anni per la rivincita. Stando al sondaggio, quasi una passeggiata di salute.

Ora per un attimo entriamo nel campo dei sospetti. Secondo la ricostruzione di Panorama, una prima versione, parziale, del documento Ipsos viene consegnata agli uffici del comune a metà gennaio 2008. Quattro, cinque giorni al massimo e arriva il 19 gennaio. E' un giorno «epico» per Veltroni. A Orvieto, all'assemblea dell'associazione LibertàEguale, spara, secondo Rosy Bindi, due bombe sul governo Prodi. Con la prima ribadisce, accalorato, che il dialogo con Berlusconi è indispensabile: «C'è molta gente che mi dice: sta' attento a Silvio! Ma non si può approvare una legge elettorale senza il concorso di Berlusconi».

La seconda bomba è ancor più fragorosa: «Qualunque sarà la legge elettorale, il Pd correrà da solo, senza l'apparentamento con altri partiti». Apriti cielo.
Dal comunista Franco Giordano alla stessa Bindi, decine di esponenti dell'Unione di governo accusano: «Walter si sta preparando alle elezioni». Dopo arriverà la pistola fumante di Clemente Mastella. Ma ancora oggi, a 5 mesi dal lutto, gli orfani di Prodi accusano il «traditore» Veltroni.

Il 13 febbraio il leader del Pd si dimette da sindaco per candidarsi alle politiche. Insieme al suo (W)alter ego Goffredo Bettini offre il Campidoglio a Rutelli, che accetta e perde. Tre settimane fa Bettini lo scarica («A Roma abbiamo sbagliato candidato»), salvo poi «precisare» il suo pensiero. Ma il messaggio è arrivato a tutti, chiaro e forte.
Eppure, secondo il sondaggio Rutelli è arrivato alle elezioni da sconfitto annunciato. L'apparenza mediatica, i bagni di folla veltroniani, il sistema di potere sembravano garantirgli una vittoria ampia e sicura. E invece la città reale, quella dell'Ipsos, era da un'altra parte.

Ma a Rutelli il sondaggio era stato consegnato? «No, non ne sapevamo niente», giurano i suoi fedelissimi che, sospettosi, attendono «la pubblicazione della rilevazione per capire meglio al faccenda». Né conoscevano la ricerca i prodiani. Gente che però non si stupisce. Basta guardare le date, suggeriscono, «per capire che Veltroni è fuggito da Roma per salvarsi da disastro mediatico». Dissesto finanziario compreso.

Il risultato è il tutti contro Veltroni: prodiani, rutelliani, dalemiani, ché intorno a Massimo sono anni che si cristallizzano i nemici di Walter. L'Ultima rissa è andata in onda il 14 luglio, al seminario di Italianieuropei sulla legge elettorale. Un pretesto per contarsi in vista di un congresso sempre più certo. Mas, visto il quadro, a essere incerta è la sopravvivenza del Partito democratico: non serve l'Ipsos per certificarlo.

LE CIFRE DELLA CATASTROFE VELTRONIANA
Da "Panorama"

Uno dei grafici allegati al sondaggio della Ipsos. Composta da 50 cartelle, la ricerca segnala il malcontento dei romani verso Veltroni.

-13% Soddisfazione per i servizi del comune
-5% Viabilità e traffico
-7% Assistenza agli anziani
-8% Operato dei vigili urbani
-8% Mense e refezione scolastica
-9% Parcheggi pubblici
-9% Attività culturali
-9% Cura e manutenzione del verde
-9% Cura monumenti luoghi artistici
-10% Scuole pubbliche comunali
-11% Cura e manutenzione della città
-15% Anagrafe e sportelli di municipio

The Economist. A Roma e' tornato Nerone. Berlusconi suona, l’Italia brucia.

Illustration by Peter Schrank.

Traduzione da parte di Anonimo italiano dell’articolo dell’Economist sulle prime dieci settimane del governo Berlusconi.
Questa volta l’Economist, per raccontare le prime dieci settimane di governo Berlusconi, lo paragona a Nerone, parafrasando l’espressione inglese “Nero is fiddling while Rome burns”, che significa più o meno “Nerone suona mentre Roma brucia” (per traslato, occuparsi di sciocchezze mentre sta per capitare il peggio) con Berlusconi al posto di Nerone e l’Italia al posto di Roma. Nonostante io sia informato dei fatti, vederli squadernati con così tanta precisione fa impressione anche a me.

The Economist. Berlusconi suona, l’Italia brucia.
Questo governo di Silvio Berlusconi si dimostra tristemente simile al precedente.
tradotto da Berlusconi fiddles, Italy burns | Economist.com.

Questa volta sarebbe dovuto essere differente. Silvio Berlusconi trasudava sobria responsabilità durante il suo tentativo di essere rieletto in Aprile alla carica di primo ministro.

C’erano altre ragioni per le quali sperare che avrebbe governato nell’interesse del paese, pittusto che nel proprio. Si sapeva che aspirasse alla carica di Presidente della Repubblica e perciò che avrebbe dovuto acquisire un aura da statista. Una ragione del fallimento del suo primo mandato è stata la resistenza alle riforme liberali da parte dell’UDC, che non fa più parte della coalizione. E sembrava avesse risolto le sue personali difficoltà con una serie di leggi ad personam che gli avevano messo al sicuro la sua posizione di fronte alla legge e protetto il suo impero finanziario.

Tuttavia, dieci settimane dopo il giuramento del nuovo governo Berlusconi, l’agenda politica è dominata più che mai dai suoi affari personali e aziendali. Nella sua breve vita, il governo ha proposto almeno quattro provvedimenti ad personam.

Uno era stato pensato per eludere la Corte Europea di Giustizia in merito a una sentenza che stabiliva che Rete 4, uno dei tre canali televisivi della rete Mediaset di Berlusconi, stava occupando frequenze televisive che dovono essere assegnate a un altro operatore. Il governo ha proposto un decreto per evitare che Rete 4 venga spostata sul satellite, ma l’opposizione che scatenò fù così violenta che lo costrinse a ritirare il testo per “riformularlo”.

Un secondo decreto mirava a restringere le intercettazioni telefoniche durante le indagini giudiziarie, e anche la pubblicazione delle trascrizioni. Ci sono argomenti per questo cambiamento: uno studio compiuto nel 2005 dall’Istituto Max Planck ha rivelato che le intercettazioni erano più comuni in Italia che in qualsiasi altro paese dell’Unione Europea. Poiché le trascrizioni spesso sono state fatte filtrare ai media, anche prima che le accuse fossero state depositate, persone innocenti possono trovare le loro più private considerazioni spiattellate per i giornali.

Ma ogni volta che Berlusconi propone una riforma giudiziaria, comprensibilmente si sospetta l’esistenza di motivi personali (ha recentemente definito il sistema giudiziario un “cancro”). Prima di tornare alla Presidenza del Consiglio, venne intercettatosu ordine della Procura di Napoli mentre esercitava pressioni su di un dirigente del servizio televisivo pubblico, la RAI, a beneficio di alcune attrici. Dal momento che Berlusconi si impegnò a supportare il dirigente in una sua iniziativa imprenditoriale privata, entrambi si resero passibili di accuse di corruzione. Ora, infatti, un giudice sta valutando se metterli in stato di accusa.

Mentre si stava porando avanti il decreto, iniziarono a spargersi voci in merito a registrazioni più compromettenti che si diceva contenessero esplicite conversazioni di natura sessuale tra il primo ministro e la sua Ministra delle Pari Opportunità trentaduenne, Mara Carfagna, una modella che posava in topless e che faceva la presentatrice presso Mediaset. Dopo che venne riportato che i Pubblici Ministeri avrebbero distrutto il materiale irrilevante per la loro indagine, l’esecutivo fermò il decreto, destando i sospetti che ci fosse dietro la presunta telefonata con la Carfagna. La Carfagna ha dichiarato che querelerà ogni insinuazione fatte su di lei.

I critici dicono che i problemi legali di Berlusconi sono centrali anche ad altre due misure. La prima è stata redatta dal consiglio legale che lo sta difendendo in tribunale dall’accusa di un tangente da 600.000$ a un avvocato inglese. Infilata incoerentemente in un pacchetto di provvedimenti “legge-e-ordine”, questa legge avrebbe congelato per 12 mesi una serie di processi, compreso quello di Berlusconi. A quel punto un secondo disegno di legge stava per avere effetto, garantendo immunità processuale alle prime quattro cariche dello stato, Primo Ministro incluso. La protesta alla prima misura fù tale che venne abrogata per emendamento, ma solo dopo che divenne chiaro che la seconda sarebbe stata fatta proseguire in autunno, quando il processo per corruzione di Berlusconi sarà prossimo alla fine. Il pacchetto sicurezza, approvato falla Camera dei Deputati il 15 Luglio, ora contiene una norma che l’opposizione definisce una quinta misura ad personam, riconoscendo agli imputati la facoltà di patteggiare durante il procedimento.

La fissazione del Governo (e del Parlamento) per le corti e le riforme giudiziarie sarebbe meno allarmante se non ci fosse molto rimasto da fare che sia importante e urgente. Dopo un illusorio aumento nel primo quadrimestre, l’economia è di nuovo per lo più stagnante. Gli analisti della Banca d’Italia dipingono un quadro desolante di consumi deboli e inflazione in aumento. Hanno anche agitato lo spettro dei problemi del credito in un paese al quale, fino a ora, era stato risparmiato il peggio della restrizione globale. Hanno fatto notare che il 70% dei mutui italiani hanno un tasso variabile, più alto della media europea - e questo è un paese dove le disponibilità reali si stanno restringendo.

La banca centrale prevede, per quest’anno e per il prossimo, una crescita irrisoria dello 0,4% del PIL. Le stime per il 2008 sono in linea con quelle del governo (tra lo zero e lo 0,5%), ma più ottimistiche di quelle di Aprile del Fondo Monetario Internazionale, che ammontano allo 0,3%. L’economia italiana è ancora una volta il fanalino di coda nell’eurozona. Forse la notizia peggiore è arrivata il 10 Luglio, quando la produzione industriale è stata riportata essere crollata in Maggio, giù del 4,1% rispetto all’anno precedente. Emma Marcegaglia, leader della lobby degli imprenditori, Confindustria, si è detta essere “davvero preoccupata”. Ha ragione. Il motore della buona barca Italia sta perdendo colpi; il vento la sta dirigendo verso gli scogli; è il capitano è occupato in altre faccende.

Fino a ora l’unica iniziativa di governo in campo economico è stata l’abolizione dell’impopolare tributo sulla casa e la riduzione delle tasse sugli straordinari. Non c’è nemmeno l’ombra di un qualsiasi dibattito sulle misure di liberalizzazione di cui la malridotta economia italiana avrebbe estremo bisogno. Al contrario, il governo sembra incline a pompare ancora più soldi dei contribuenti nella compagnia di bandiera italiana in fallimento, Alitalia, e ora sta discutendo una modifica della legge che permetta di farlo. Pensando al futuro autunno, Berlusconi ha almeno annunciato una “riforma radicale” - ma solo per i tribunali

Udc. Molti voti gay al partito di Volontè... lo dice Pionati.

In futuro, un leader gay e Silvio Berlusconi presidente della repubblica.
(Apcom) Un leader omosessuale per l'Udc, Silvio Berlusconi presidente della Repubblica. Sono due scenari del futuro che incontrerebbero i favori del portavoce Udc Francesco Pionati.

"Non ho nulla in contrario ad un leader gay alla guida dell'Udc. Assolutamente da parte mia non c'è nessuna preclusione. Del resto moltissimi omosessuali votano il nostro partito e si sentono tutelati dalle nostre scelte. Quanto a me, ho molti amici gay ma nessun uomo mi ha mai fatto avances di natura sessuale, ha detto Pionati, a Klauscondicio.

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L’analisi di Veltroni: “L’Italia sta precipitando” e “Il Berlusconismo è finito”.

(Panorama) “L’Italia sta precipitando”. “Il Berlusconismo è finito”. “Il governo ha perso dieci punti”.
Su queste tre affermazioni, il segretario del Pd Walter Veltroni basa la sua analisi politica. E la espone, a Milano a margine di un incontro con i giovani militanti del partito democratico, rispondendo indirettamente a Silvio Berlusconi e citando citato i dati dell’Istat che vedono una produzione industriale in calo del 5% e il rapporto della Svimez secondo il quale vi sarebbe uno spostamento dal Sud verso il nord di almeno 600 mila immigrati.

Da settimane, ha sottolineato Veltroni, “Si sta discutendo di una persona sola mentre tutti gli indici dell’economia sono negativi e preoccupanti. Questo significa recessione” ha proseguito. “il che vuol dire che l’Italia è l’ultima in Europa per il Pil. Cos’altro può succedere che l’Italia sta precipitando?”, si è chiesto Veltroni. E tuttavia, secondo il leader democratico: “Il governo non sta mantenendo le promesse anzi in quattro anni ci sono stati investimenti minori per dieci miliardi di euro. Chiaramente una persona seria non può attribuire queste cifre solo al governo attuale” ha proseguito Veltroni “ma quello che si può rimproverare a questo governo è il fatto che parli continuamente di altro mentre invece occorre aiutare la crescita. In caso contrario” ha concluso “il paese continua a precipitare”.
Dopo aver sancito la fine del berlusconismo, il leader del Pd ha dichiarato anche il crollo dei consensi dell’esecutivo legato alla crisi economica: “Il nostro Paese ancora oggi non è maturo: a tre mesi dal suo insediamento questo governo ha perso 10 punti in poche settimane”.

Fin qui la lettura della situazione del Paese e le critiche. Quanto alle soluzioni, il leader del Pd ha indicato come unica strada la costruzione di una cultura riformista. “Solo una cultura riformista, infatti”, ha detto Veltroni “può produrre questa innovazione”. “Il giorno in cui vinceremo” ha concluso Veltroni “dovremo essere in grado non di lottizzare ma di cambiare questo Paese con uno schieramento in grado di far smettere a questo Paese di precipitare”.
“Dobbiamo saperci distinguere”, è questo il consiglio lanciato dal leader del Pd Walter Veltroni alla platea di giovani militanti: “Perché capita sempre che c’è chi la spara più di te. Noi dobbiamo ottenere risultati e credibilità”

C’è posto, infine, anche per l’affondo contro il circo mediatico. Per il segretario Pd il diverso trattamento riservato agli omicidi dalla televisione cambia la percezione di insicurezza dei cittadini. “Gli omicidi si sono dimezzati” ha spiegato Veltroni “ma ogni singolo omicidio, quando era al governo il centrosinistra, era l’apertura delle televisioni. Da quando è al governo la destra è la 38/a notizia. Questo cambia la percezione dei cittadini”. Il leader del Pd si è poi chiesto cosa resterà una volta “finito l’alimento della paura” alle nuove generazioni, prospettando un futuro in cui “i figli delle famiglie ricche andranno a studiare all’estero, per i più deboli ci sarà l’abbandono mentre per i giovani del meridione ci sarà l’emigrazione”. Secondo Veltroni qui sta la differenza del Pd, “la nostra sfida”, e cioè quella di “dare risposte di medio-lungo periodo. È la nostra grande missione storica”.

Parla Bersani, candidato (ombra) a sostituire Walter.

Pierluigi Bersani e Walter Veltroni

(Panorama) “Noi non diventeremo mai come Silvio Berlusconi. Per la nostra gente il problema numero uno è organizzare un collettivo. Non credo che oggi ci sia un problema Walter Veltroni, ma c’è il problema di organizzare il partito, metterlo nella sua fisiologia. Bisogna attivare un meccanismo di corresponsabilità. E su questo il segretario per primo deve dare una mano. Anche nel suo interesse. Un leader, chiunque sia, non può farsi carico di tutto e dove non arriva lui può arrivare il collettivo”.

La pensa e la dice così il ministro ombra dell’Economia Pierluigi Bersani in un’intervista sulla situazione del Pd che apparirà sul prossimo numero di Panorama, in edicola da venerdì 18 luglio.

Nell’intervista Bersani si pronuncia contro l’ipotesi di anticipare il congresso del Pd. “È bene che il congresso si faccia nel 2009. Sarò antiquato, ma un congresso vero non si fa senza iscritti. Vorrei che il primo congresso del Pd avvenisse pienamente dentro le regole statutarie. Basta con l’emergenza della fase costituente”.

Quanto al futuro della segreteria di Veltroni, l’esponente del Pd osserva: “Entrati nella fase fisiologica, il leader è il garante di una piattaforma politica. Al congresso del 2009 può darsi che si misurino diverse piattaforme. Vedremo”.

lunedì 7 luglio 2008

Resa dei conti. La sconfitta del Pd a Roma? Colpa anche di Rutelli. Lo dice Bettini.

Ma tante variabili, loro avevano più voglia di vincere.
(Apcom) -Sono diversi i motivi che hanno portato alla sconfitta del centrosinistra nella corsa per il Campidoglio. Tra questi c'è senza dubbio anche la scelta del candidato sindaco. Parlando all'assemblea di 'A sinistra', il coordinatore democratico e braccio destro di Walter Veltroni, Goffredo Bettini, archivia la "diplomazia" e analizza le ragioni di una sconfitta inaspettata, precisando tuttavia che il risultato del Pd "è stato buono visto che ha preso il 41 per cento dei voti".

"Loro - è l'analisi di Bettini - avevano più voglia di vincere, più carburante nel motore anche perchè venivano da 15 anni di opposizione. Troppe forze nostre si sono invece sedute sul potere e questo può rappresentare uno svantaggio di partenza".

Di fronte ai mormorii della platea, Bettini sceglie poi di "parlare in modo esplicito" e mettere da parte la "diplomazia": "certamente, la sconfitta riguarda anche la scelta del candidato - ammette incassando un applauso - c'è anche questa componente e me ne prendo la responsabilità". Tuttavia, precisa, ci sono molte variabili: "Ha contato forse anche la scelta di Walter di impegnarsi a livello nazionale, dopo che era stato chiamato a farlo. Questo forse ha allentato i rapporti con la città".

martedì 6 maggio 2008

Alemanno a tutto campo, dal cinema al gaypride, dall'esercito all'estate romana.

Alemanno: «Alla Festa del Cinema benvenute le star Usa, ma valorizzeremo i nostri film».
(Il Messaggero) «Saranno sempre benevenute le star Usa» ma, con una revisione dell'attuale impianto della manifestazione, «saranno valorizzati i film italiani» innazitutto. Alemanno scrive una lettera al Corriere della Sera intervenendo sulla polemica relativa alla Festa del Cinema per «precisare» il suo «punto di vista». Nella lettera, il sindaco evidenzia le sue perplessità sulla Festa, «priva - scrive - di una reale valenza competitiva, senza un riflesso sul mercato, in cui i partecipanti sono praticamente spesati per fare bella mostra di sè, mentre in manifestazioni analoghe gli oneri sono in larga parte a carico di chi concorre per promuovere il proprio lavoro». Poi, sottolinea come il cinema sia «un importante terreno di scambio soprattutto con la cultura americana» e ricorda l'oggettivo e importante «ruolo delle pellicole Hollywood» nella «formazione dei gusti e del costume del nostro Paese». Quindi ricorda anche come «l'Italia e Roma abbiano costituito e costituiscano uno dei set privilegiati per le produzioni di tutto il mondo».

Divi di Hollywood ospiti graditi. Il Primo Cittadino riafferma «l'amore e l'impegno per questa arte» e rassicura così i divi di Hollywood: «Saranno sempre ospiti graditi e il Comune offrirà loro e alle case di produzione, più che una strumentale ed effimera esposizione mediatica, i supporti più adeguati per svolgere e promuovere il loro lavoro».
Esercito italiano. «La festa dell'esercito è un evento molto importante, per me anche dal punto di vista personale perché mio padre era un ufficiale dell'esercito». Sono le parole del sindaco Gianni Alemanno che ha partecipato alla cerimonia militare per il 147esimo anniversario della costituzione dell'Esercito Italiano all'ippodromo Militare di viale Tor di Quinto. «Dobbiamo sempre manifestare - ha aggiunto Alemanno - la nostra vicinanza alle forze armate che sono il cuore delle nostre istituzioni e del nostro stato. Chi serve in divisa le istituzioni deve essere sempre onorato e aiutato a promuovere la sua professionalità».
Gay Pride: no esibizionismo. Il sindaco intervenendo alla trasmissione "Il caffè" ha commentatto il Gay Pride. Sottolineando che verso gli omosessuali non ha «nessun tipo di discriminazione», ha detto che il Gay Pride «è un fatto di esibizionismo sessuale ed io sono contrario a qualsiasi forma di esibizionismo sessuale sia omosessuale sia eterosessuale. Ne discuteremo in consiglio comunale e cercheremo di trovare una formula che non offenda nessuno». Alemanno ha parlato di una «forma un po' aggressiva di manifestare il proprio modo di essere». Poi rispondendo alla domanda se ci sia l'eventualità di creare uno Stato etico, Alemanno ha affermato: «C'è nel centrodestra un filone di cultura liberale che non può mettere in discussione i comportamenti individuali» e c'è rispetto per la «privacy» e le «libertà individuali» a prescindere dalle «abitudini sessuali» e dalla «religione».

Estate romana non in discussione. Il sindaco durante la trasmissione ha ribadito che «l'Estate Romana non è in discussione». «È da circa 15 anni che all'interno dell'Estate Romana c'è manifestazione a Colle Oppio gestita da organizzazioni culturali più di destra che di sinistra», ha spiegato Alemanno, aggiungendo che «ormai la destra è viva e presente» da anni nella manifestazione.

lunedì 5 maggio 2008

Dopo elezioni. Adesso i problemi.

(Roberto Schena - GayLib) Non so fino a che punto Alemanno dialogherà con i gay romani e con gaylib in particolare, penso solo che se rinnoverà lo stile "borsa aperta" delle passate giunte romane sarà criticato dalla sua stessa maggioranza, fortemente clericale. Comunque non ci conterei. Gli spazi di dialogo con le istituzioni si stanno chiudendo un po' ovunque anche perché arcigay non riuscirà per molto tempo a liberarsi dalla faziosità (prima o poi dovrà farlo) con cui da sempre ha facilitato il compito alle congreghe omofobe.
Vale quindi la pena di insistere sulla necessità per il movimento di riprendere la strategia della protesta, ammesso che ne abbia mai avuta una, di spostare l'attenzione dai locali, bar, disco e saune, alla persona, dalle feste alla cultura, dal qualunquismo all'impegno, dal libero spaccio a un maggiore senso della solidarietà e della fratellanza. Anche qui i tempi non possono essere brevi, ma è l'unica strada, il movimento così com'è è in chiusura, in liquidazione, i suoi protagonisti attuali sono di fatto messi da parte, per loro è finito un ciclo. Ormai sono i simulacri di se stessi.
Devo dire che non c'è granché dibattito nel mondo arcigay. L'unico a scrivere interventi, peraltro chilometrici, come se dovesse da solo riempire un vuoto, è Dall'Orto. Mancuso è quasi senza parole. Grillini ko. La Luxuria torna a fare la soubrette, anche se devo dire che non si è comportata male, nel complesso, anzi riusciva a rendere più di Grillini in tv, e anche se ha meno argomenti di lui è più suadente e meno politichese. Infatti gli ha rubato la scena causandone il declino quale personaggio pubblico, probabilmente condannandolo a terminare la carriera. A me tutto sommato dispiace, ma di errori capitali ne ha fatti anche lui, la sua azione di de-sinistrizzare il movimento è stata troppo debole.
La sensazione è che arcigay non abbia gli stumenti umani e culturali per cavarsela diversamente dalla pura sopravvivenza, nei prossimi anni. Le critiche di Dall'Orto alla burocratizzazione del movimento sono anche sensate, peccato che lui stesso abbia fatto parte più che integrante di quel "sistema" che oggi ha portato il movimento a un vicolo cieco. Nei passaggi politici ed economici delle sue analisi emerge un'ingenuità disarmante. E' la prima volta che sento qualcuno sostenere che la Lega è un movimento "feudale", o qualcosa del genere. Inutile contestare affermazioni simili, tempo perso. Tanti elogi sprecati per Zapatero, ma senza sapere che il premer spagnolo ha potuto dichiarare guerra alla chiesa grazie all'appoggio che il suo governo ha ricevuto dai deputati autonomisti catalani, baschi e galiziani, il cui massimalismo fa impallidire i fucili (inesistenti) di Bossi. Contemporaneamente il suo governo ha emanato decreti anti immigrazione come la sinistra italiana mai concepirebbe. E ha vinto ancora. Perché nessuno ce l'ha con i "negri", ma con la babele che ormai invade tutti i quartieri popolari delle grandi città.
Disattenzione evidente in tutto il movimento verso la Lega, disprezzata e derisa dagli stessi protagonisti perfino negli anni 90, quando la Lega era il più laico, anzi, laicista, di tutti i partiti, mentre Veltroni direttore dell'Unità distribuiva il Vangelo nella versione ufficiale e D'Alema premier definiva "provocatorio" parlare di famiglie gay. Per non parlare dei rapporti con il partito di Berlusconi: semplicemente inesistenti, snobbati. Si è fatto un pride nazionale a Milano all'insegna del borrelliano resistere, resistere, resistere. Oggi il Cavaliere guarda da un'altra parte, dove i gay non ci sono, ci meravigliamo? Si è sbarazzato dell'Udc restando sordo alle pressioni del Vaticano e ha stravinto, mentre la sinistra è stata asciugata dal pragmatismo un po' casinista della Lega.
Lo schierarsi del movimento resta più che mai il maggiore ostacolo per l'apertura di un tavolo sui diritti della coppia. Più ancora del Vaticano.

sabato 3 maggio 2008

Dopo la batosta elettorale per il movimento Lgbt, si apre un dibattito.

Ed ora un po’ di dimissioni, grazie!
di Enrico Oliari*

La tornata elettorale è ormai passata da qualche giorno dopo aver lasciato, come uno tsunami, sul bagnasciuga i pesci agonizzanti della Sinistra Arcobaleno e di altri partitini e partitetti caratterizzati da flop più o meno prevedibili, come quello di Giuliano Ferrara e della sua lista antiaborista.

Ed anche per il movimento gay si è trattato di una Caporetto. O meglio, per quella parte di movimento gay che per anni ha preteso di rappresentarne l’intera comunità schierandosi e facendo schierare tutti con una sinistra palesemente ipocrita, che voleva noi omosessuali in un pentolone dove dentro ci...

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venerdì 2 maggio 2008

Panzeri: E ora dico io qualcosa di leghista.

Antonio Panzeri, europarlamentare Pd, ex leader della Cgil di Milano

(Paola Sacchi - Panorama) La sinistra è accusata di atteggiarsi come se avesse sempre la verità in tasca. Perde anche per questo?

Non bisogna mai avere atteggiamenti presuntuosi. A Roma, la vicenda sicurezza ha pesato, eccome. Ci sono stati alcuni errori. Ma soprattutto non c’è stato ricambio della classe dirigente. In Campidoglio si è passati da Rutelli a Veltroni, poi di nuovo Rutelli… Si è data l’impressione di una gestione poco aperta, molto privata.
Candidature tutte in famiglia?
Sì, questa gestione non è stata molto apprezzata. C’è una differenza tra il voto che prende Nicola Zingaretti come presidente della provincia e quello di Rutelli. Roma avrebbe apprezzato una discontinuità, un volto nuovo come Zingaretti.
La demonizzazione della Lega, poi, non ha giovato.
Non amo né la demonizzazione né la scimmiottatura della Lega.
Quindi niente Pd del Nord?
Proposto in quel modo sembrava appunto una scimmiottatura della Lega. Noi siamo un partito con un’identità nazionale. Tuttavia il voto ci suggerisce che senza radicamento non si va da nessuna parte e poi c’è un problema di innovazione dei contenuti.
Quale?
Dobbiamo declinare meglio il problema dell’immigrazione. E comprendere che ormai è fonte di possibile concorrenza sul mercato del lavoro, perché non è più del tutto vero che gli immigrati prendono solo i posti che gli italiani non vogliono.
Sta dicendo una cosa coraggiosa, quasi leghista.
C’è una paura derivante da un intaccamento dell’identità territoriale. E questo si lega alla sicurezza. Mi è capitato in campagna elettorale di sentire persone che mi dicevano: “Scusi Panzeri, ma mi sono venuti due volte a rubare a casa. Che facciamo?”. E ho notato le mie mani nude nel fornire risposte.
Veltroni è ora un’anatra zoppa?
Alla sua leadership non ci sono alternative. Ma ora bisogna costruire un partito tutt’altro che leggero.

lunedì 28 aprile 2008

GayLib si complimenta con Alemanno ma non hanno una strategia pro-gay ora che il centrodestra ha conquistato Roma.

«Con lui c'è la maggioranza dei gay che non si riconosce nella strategia di omosessualizzazione e resistenza pietosa portata avanti dalle associazioni gay di sinistra».

«Facciamo i migliori auguri di buon lavoro al sindaco Gianni Alemanno. Roma è una città che ha bisogno di cambiamento, di una maggiore sicurezza e di più libertà. Confidiamo nel nuovo primo cittadino affinché in ossequio al valore scelto come bandiera sappia operare con coscienza e responsabilità verso i diritti di tutti, senza dimenticare la comunità omosessuale».

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Berlusconi: "Roma merita il buon governo del Pdl".

(Il Giornale) "Roma è una città stupenda, una grande capitale, che meritava e merita un buongoverno degno delle più importanti capitali europee. Questo significa che deve essere amministrata meglio di quanto sia stato fatto negli ultimi 15 anni dalla sinistra". Lo afferma il leader del Pdl, Silvio Berlusconi, nella nota di commento alla vittoria di Gianni Alemanno per Roma. "I romani lo hanno capito - prosegue il premier in pectore - e, con una maggioranza chiara e di grande significato politico, hanno premiato il programma di buongoverno del Popolo della Libertà, volto a coniugare una maggiore sicurezza di Roma con l’ammodernamento delle infrastrutture urbane, indispensabili per migliorare la qualità della vita dei romani e sostenere lo sviluppo economico di una città patrimonio del mondo intero".

"Nella sua prima dichiarazione, dopo la vittoria, Gianni Alemanno si è impegnato ad essere il sindaco di tutti i romani, anche degli elettori che si sono schierati per l’altra parte. È un impegno - sottolinea Berlusconi - che gli fa onore, poiché le sfide che dovrà affrontare per fare di Roma una città più bella, più pulita, più ordinata, più vivibile richiederanno un consenso ampio e unitario della cittadinanza romana".

"Mi auguro che, nonostante la sconfitta, l’opposizione che siederà in Parlamento e in Campidoglio confermi l’impegno a collaborare nella riforma dell’architettura istituzionale, compresa quella di Roma capitale". "Grazie Romà, grazie a tutti i romanì - scrive Berlusconi - e un grande augurio di buon lavoro a Gianni Alemanno, nuovo sindaco di Roma".

Rutelli: "Le elezioni sono state vinte da Alemanno". E lo accusa di strumentalizzazioni.

Il candidato del Popolo delle libertà, Gianni Alemanno, è il nuovo sindaco di Roma. Succede a Walter Veltroni, dimessosi per partecipare quale candidato premier alle ultime elezioni politiche.

Hanno terminato lo scrutinio il 97,08% degli Uffici elettorali di sezione. I risultati, non ancora ufficiali, danno Alemanno al 53,62%, contro il 46,38% ottenuto dall'altro candidato ammesso al ballottaggio, Francesco Rutelli (PD)...

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La parabola Rutelli, ovvero: chi è causa del suo mal...

(Cadavrexquistar) Quanto mi dispiace! Oh, quanto mi dispiace! Sono in ambasce perché il povero Francesco Rutelli non è stato eletto, per la terza volta, sindaco di Roma e ha dovuto cedere il passo al truce Gianni Alemanno. Chissà, forse non è stata proprio una buona idea quella di candidare chi è stato condannato - in Cassazione - per le consulenze d'oro ai tempi dei suoi precedenti mandati e ha, disgraziatamente, inaugurato la stagione cristiano-fondamentalista del neonato Partito Democratico attraverso quell'operazione di ingegneria genetica che vede la sua punta di diamante nella candidatura di Paola Binetti in Parlamento. Forse qualcuno pagherà per aver imposto per la terza volta un personaggio di questo tipo, senza nessun tipo di consulenza democratica prima. Forse qualcuno si accorgerà che questa rincorsa ai voti del centro e dei cattolici non ha portato esattamente i frutti sperati. Forse qualcuno intonerà un mea culpa per aver parlato di "difesa della laicità" schierandosi però subito, al primo voto, dietro questo baciapile. In ogni caso, se guardo i risultati, una cosa mi colpisce: non sarebbero bastati i voti dell'Udc e della Destra per far recuperare ad Alemanno lo stacco che aveva con Rutelli. Questo vuol dire che, molto probabilmente, Alemanno ha attinto anche ai voti di molti che avrebbero eletto un altro candidato di centrosinistra, se fosse stata data loro l'opportunità di farlo. Ma più poté il disgusto per il Rutelli, a quanto pare. Dal 45,8% del primo turno, Rutelli è salito al 46,4%, mentre Alemanno è passato da un 40,7% a un 53,6%. I numeri, dunque, parlano. Io, comunque, non mi preoccupo: già mi aspetto una bella resa dei conti all'interno del Partito Democratico e un radicale ripensamento sulla strategia di "conquista del centro e della destra", fallita, perché è evidente che tra l'originale e la copia, meglio l'originale, e tra il nemico e il traditore, be', meglio il nemico. E poi non mi preoccupo anche perché sono certo che, da galantuomo qual è, Rutelli non userà l'escamotage di farsi recuperare alla Camera, ma resterà in consiglio comunale, a Roma, dove combatterà una dura opposizione. Di sinistra e laica, ovviamente. Conoscendolo. Però... quanto mi dispiace, ah, quanto mi dispiace!

Alemanno sindaco, una sfida per i gay romani.

(River-blog) Gianni Alemanno è il nuovo sindaco di Roma. Con un risultato che neanche lui si aspettava, ha sconfitto il più quotato Francesco Rutelli. Era una sfida difficile, il cui risultato era difficilissimo da prevedere, anche per il sottoscritto e per i sondaggisti con cui mi era capitato di parlare nei giorni scorsi (”Una previsione? Impossibile. 50 e 50″ mi ero sentito direi solo ieri). Ma la sconfitta rutelliana era nell’aria. Walter Veltroni è stato il miglior sindaco che Roma abbia mai potuto avere. Un sindaco che si sporcava le mani con le questioni di tutti i giorni, e che ama la politica, col cuore e con lo stomaco. Ma Rutelli, a sentire molte persone di sinistra, non era per niente amato. Scorbutico, arrogante, saccente: gli aggettivi che ho sentito più spesso da chi parlava di lui.

E adesso? Scelgo la prospettiva della comunità gay romana, da sempre divisa, spesso per banalissime questioni di soldi (penso agli accordi dell’ArciGay di Roma con la giunta Veltroni per una linea telefonica d’ascolto - accordo ‘promesso’ anche da Rutelli; penso agli inutili scontri tra il Mario Mieli e Digayproject; alle polemiche sui partiti da sostenere). Ecco, io penso che di fronte alla vittoria di una destra che certamente non si batterà per i diritti gay (Rutelli lo avrebbe fatto?), venga offerta una possibilità. La possibilità di compattarsi, di fare fronte unico contro l’omofobia che è spesso latente nella destra italiana, così diversa da quella Usa. I gay della capitale possono fare quello che a livello nazionale non è mai stato fatto: unire le forze, creare una sigla forte, in grado di smuovere interessi, politici ed economici. Insomma, fare una lobby vera e propria, come avviene in America.

Detto ciò, viviamo in un paese di centrodestra. Ormai credo sia un dato di fatto.
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Ore 17.30, dal sito del Ministero degli Interni:

  • Rutelli: 46.921
  • Alemanno: 53.078

sabato 26 aprile 2008

A furia di pensare ai gay la sinistra li perde per strada.

(Fausto Carioti - Liberazione) In realtà, tutto quello che c'è da dire sull'argomento è già stato messo nero su bianco, con invidiabile capacità di sintesi, nella lettera che un operaio di Piombino ha inviato a Fabio Mussi, e che a dicembre il ministro mostrava ai giornalisti. «Non vi seguo più», scriveva il ruspante compagno maremmano al suo referente politico, «ormai vi occupate soltanto di carcerati, di finocchi e di negri». Ecco, lasciamo perdere i carcerati e i «negri», e occupiamoci della terza categoria. Bisogna farlo, perché la sinistra ha appena riesumato la questione omosessuale. In funzione antiberlusconiana, ovviamente. Al Cavaliere è bastato dire una ovvietà, e cioè che sarà meglio che il prossimo commissario Ue italiano si interessi «di infrastrutture e di trasporti invece che di omosessualità», per scatenare gli strepiti delle vestali del politicamente corretto: Berlusconi omofobo, destra berlusconiana fascista e impresentabile e così via. Il tutto, va da sé, tenendo un occhio preoccupato sulla capitale, dove Gianni Alemanno rischia di essere eletto sindaco. A la guerre comme à la guerre : urge evocare lo spettro della marcia su Roma. Eppure il futuro presidente del Consiglio si è guardato bene dal ricorrere a epiteti offensivi. Ha parlato di «omosessualità», e lo ha fatto per dire che esistono questioni politiche più importanti di essa. Ha anche spiegato perché intende cambiare i compiti del commissario italiano: «Visto che abbiamo da riprendere un grande piano di opere pubbliche, avendo un nostro commissario possiamo lavorare meglio». Difficile dargli torto. Anche perché autostrade e ferrovie interessano tutti - ricchi e poveri, uomini e donne, omo ed etero - e non vi è nulla di strano che, nell'agenda di un Paese disastrato come il nostro, vengano prima di molte altre cose. E comunque, anche se non si è d'accordo con Berlusconi e le sue priorità, resta il fatto che nella sua frase non vi era nulla di scandaloso. Dagli all'omofobo

Ma a sinistra c'è chi si accontenta di molto poco. Barbara Pollastrini, ministro (ancora per pochi giorni: c'è una giustizia anche in questo mondo) alle Pari Opportunità, in preda a un fremito d'orrore per le parole del Cavaliere si chiede «come possa un premier dare una gerarchia ai diritti in questo modo». Va compresa: dalla sua parte sono talmente abituati a relativizzare tutto che la poverina ormai giudica eversiva la semplice idea di ritenere alcuni diritti più importanti di altri. Una deputata del Pd, Paola Concia, accusa Berlusconi di «omofobia e incapacità di unire gli italiani». Insorge pure Franco Grillini, candidato sindaco alle comunali romane per i socialisti e presidente onorario dell'Arcigay: «L'infelice frase berlusconiana la dice lunga su ciò che la destra italiana pensa delle minoranze e dei diritti civili». L'Unità ieri, in prima pagina, si è appellata a Veronica Lario, chiedendole di fermare il marito, autore di parole tanto scellerate. Il bello è che sono gli stessi elettori omosessuali, inclusi quelli di sinistra, che danno puntualmente ragione a Berlusconi. Anche per loro esistono temi politici assai più importanti di quello che accade dentro le camere da letto degli italiani. E infatti, chi si presenta come portabandiera dei temi gay viene regolarmente snobbato. Forse qualcuno ricorderà Ivan Scalfarotto. Era l'unico candidato dichiaratamente omosessuale alle primarie dell'Unione nell'ottobre del 2005. Ottenne appena lo 0,6% dei voti. Prendendo per buone le stime di Grillini, secondo il quale gli omosessuali sono tra il cinque e il dieci per cento della popolazione, vuol dire che la stragrande maggioranza degli elettori omosessuali di centrosinistra ha votato, alle primarie, per qualcun altro, facendo così capire che della questione "omo" a loro stessi importa assai poco. Lo stesso Grillini, che del movimento gay italiano è l'alfiere politico indiscusso, si è appena candidato a sindaco al grido di «Roma laica, Roma libera». Una parte del suo programma era dedicata alla «comunità gay e lesbica» e prevedeva, tra le altre cose, la «pedonalizzazione della gay street» romana, il lancio in grande stile del turismo omosessuale nella capitale e la «apertura del registro delle unioni civili anche alle coppie dello stesso sesso». Un tema, quest'ultimo, che è stato tra i più incandescenti di quelli trattati nell'ul tima legislatura, durante la quale, in certi momenti, è sembrato persino che il destino del governo Prodi dovesse decidersi sul riconoscimento delle unioni gay. Nella campagna elettorale per il sindaco di Roma, Grillini è stato l'unico a proporre simili cose. Niente di analogo è rintracciabile, ad esempio, nel programma di Francesco Rutelli, dove in compenso abbondano i riferimenti all'«ordine» e alla «sicurezza». Era lecito pensare, insomma, che il mondo omosessuale, per convenienza, per mancanza di alternative o per stima nei suoi confronti, premiasse il suo portavoce storico. Invece Grillini è uscito dalle urne con le ossa rotte: appena 13.620 voti per lui, lo 0,8% del totale. La grandissima maggioranza degli omosessuali capitolini non ha votato per lui, ritenendo le sue proposte politiche poco interessanti. Elettori come gli altri

La morale è chiara: nonostante il gran parlare che se ne fa a sinistra e l'importanza epocale che viene data all'argomento, per tantissimi gay la questione omosessuale non è granché importante. Prima, molto prima, vengono la sicurezza, le tasse, il traffico, lo smaltimento dei rifiuti e gli altri temi "ordinari" della campagna elettorale. Il significato del loro voto è profondamente egualitario: vuol dire che non si sentono elettori diversi dagli altri e che la gran parte di loro non ritiene la propria situazione difficile al punto di aver bisogno di leggi particolari. Chi pretende di rappresentare il loro voto secondo schemi legati alle preferenze sessuali, regolarmente fallisce. A ben vedere, a sinistra dovrebbero rallegrarsene e prendere atto delle indicazioni - chiarissime - che arrivano dalle urne. Mentre Berlusconi mostra di avere ottimi motivi per mettere in cima all'agenda italiana altre priorità. È il solito dilemma della sinistra: dare retta agli umori schietti della base o continuare a credere che la vita sia davvero tutta lì, in quelle tre o quattro ideuzze politicamente corrette che animano le loro discussioni e con le quali pretendono di giudicare ogni giorno l'operato degli avversari. Di solito seguono la seconda strada, e infatti sempre più spesso, quando si voltano, si accorgono che gli elettori li hanno mandati avanti da soli.

Il 25 aprile e la sfida per il Campidoglio

(Sky tg24) Ieri il comizio di chiusura della campagna elettorale di Gianni Alemanno, sul palco di piazza Navona insieme a Berlusconi e Fini. Ma anche oggi per il candidato sindaco di Roma del Popolo della Libertà continua la caccia all'ultimo voto. Ultime ore di campagna elettorale anche per Francesco Rutelli. Il candidato sindaco del Pd si trova a Roma nel quartiere di Tor Pignattara.
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Ballottaggi, Rutelli e Alemanno chiudono la campagna elettorale.

Domani giornata di silenzio prima del voto. Riflettori sulla sfida per il Campidoglio.
(La7) Si chiuderà questa sera con un faccia a faccia televisivo la campagna elettorale di Francesco Rutelli e Gianni Alemanno, che si preparano alla sfida per il Campidoglio. Domani sarà infatti giornata di silenzio elettorale in vista dei ballottaggi che si terranno domenica e lunedì. Quasi sei milioni i cittadini che saranno chiamati a votare per cinque province e 44 comuni. Riflettori puntati sulla capitale dove si profila un testa a testa in cui decisivi potrebbero essere i voti dei centristi. Due in particolare i temi che hanno infiammato il confronto fra Rutelli e Alemanno: la sicurezza e le politiche per l'immigrazione da un lato, il problema casa e il caro mutui dall'altro.
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venerdì 25 aprile 2008

Perchè la Lega ha intercettato i voti della sinistra...

Messaggio pubblicato da un compagno di Torino sul forum della Sinistra Arcobaleno nei giorni seguenti la disfatta elettorale:

Care Compagne e cari Compagni,
vorrei proporvi uno spunto di dibattito sulle ragioni della sconfitta, partendo dalla mia esperienza personale.
Pur non essendo l’elettore tipico della sinistra cosiddetta antagonista, sono uno dei pochi oggi rimasti fedeli ai nostri ideali, anche se con alcune riflessioni critiche. La mia atipicita’ deriva dall’appartenenza alla categoria dei cosiddetti “colletti bianchi”, contratto a tempo indeterminato settore Telecomunicazioni, tutele dell’articolo 18, casa ed auto di proprieta’, sposato. In pratica, quello che definisce il ceto medio (seppure basso) che, quando ero giovane ha dato origine alla grande sconfitta delle ragioni dei lavoratori con la marcia dei 40.000. Io pero’ sono rimasto fedele ai miei ideali di gioventu’ ed ho sempre votato Comunista da quando ho avuto il diritto di voto, perche’ desidero che le opportunita’, i diritti ed il benessere che ho conosciuto attraverso le lotte dei nostri padri ed in parte anche mie, possano conoscerli e goderne tutti. E dopo 45 anni su questa terra ed almeno 25 anni di vita politica con l’ideale Comunista, non avere rappresentanza in Parlamento mi ferisce e disorienta almeno quanto la morte del compianto Compagno Segretario Enrico Berlinguer. E dunque, dobbiamo analizzare tutte le cause della nostra terribile sconfitta e rimuoverle tutte, senza tentennamenti. E veniamo alla tristissima esperienza che vi illustro.

Due anni or sono, sono riuscito a portare mia moglie, alcuni familiari e conoscenti, a votare per noi. A parte la candidatura del Compagno Vladimir Luxuria, validissima ed intelligentissima persona per me, ma criticato aspramente dai miei conoscenti come “non da rappresentanza Parlamentare”, la primissima cosa che mi hanno rinfacciato tutti e’ stato la vergogna di aver appoggiato l’indulto. A seguire, le critiche piu’ feroci le ho sentite sulle questioni “tasse per il risanamento”, accettazione del pacchetto sullo stato sociale e tante, ma tante maledizioni sulla questione immigrazione.

Perche’ a Torino, una donna quasi non puo’ avventurarsi da sola in auto. Ad ogni incrocio si e’ presi di mira da lavavetri e venditori di ogni sorta di inutilita’ e se si rifiuta “il servizio caritatevole”, quando va bene sono improperi e male parole, se va male sono calci alla vettura. Ora una persona che lavora, difficilmente passa un solo incrocio nel tragitto tra casa e luogo di lavoro. Dovendo “accettare” di fare la carita’ ad ogni incrocio per evitare improperi e/o danni peggiori, vogliamo pensare che si mangera’ questa persona per cena? Vogliamo parlare dei furti? La maggioranza dei furti di cui sono a conoscenza io non riguarda persone che possano fare a meno della roba sottratta. I furti avvengono per la maggior parte a danno di gente che non arriva a fine mese, soprattutto anziani,i piu’ facili da raggirare e rendere inoffensivi. Operai come impiegati, geometri come commercianti, in una grande citta’ nessuno e’ al riparo dalla piaga dei furti. La altre obiezioni che sento spesso riguardano il comportamento degli extracomunitari. Dai viaggi a sbafo sui mezzi pubblici, alla sporcizia della citta’, alla rivendicazione della loro cultura a danno della nostra (questione crocifissi, presepe etc.) Altre obiezioni mi vengono fatte sulla droga e sulla liberalizzazione delle droghe leggere, alla troppa attenzione alle questioni dei gay e via di questo passo. Morale della favola, nel seggio siamo passati da 23 voti a 5 su 281 elettori. E dunque, essendo un Paese che si e’ buttato a destra, perche’ non scendiamo tra la gente ed ascoltiamo le proposte assecondando quelle che possono essere ascoltate da noi? Primariamente i temi DEL LAVORO e dei DIRITTI DEL LAVORO, quelli sono NOSTRI da sempre!!!! Insistere sui temi dell’integrazione e dei diritti dei carcerati, non dare una voce alla famiglia tradizionale mettendo l’accento sulle questioni individuali, proporre la liberalizzazione delle droghe leggere in piena stagione di stragi del sabato sera, a mio avviso puo’ essere fatto solo e soltanto dopo che una cultura realmente di sinistra e’ stata ricostruita. Le macerie culturali del berlusconismo ci obbligano alla ricostruzione dei valori di liberta’, uguaglianza e solidarieta’ che ci contraddistinguono a partire dalla Resistenza, ma senza aver fatto prima quel lavoro, insistere su temi “avversi” a tutti tranne che a noi ci obbliga al movimentismo perenne se non dalla sparizione certa dalla societa’. Potete farmi tutte le critiche che volete, ma la realta’ dei fatti e’ questa.

Riflettiamoci Compagni.

25 aprile. Napolitano: rifiutare gli autoritarismi. Berlusconi: il 25 aprile sia di pacificazione.

(Il sole 24ore) Non c'è revisione storica che possa cambiare la gratitudine che dobbiamo a quei combattenti che posero le basi per la libertà delle generazioni successive e per il ritorno dell'Italia nel consesso delle democrazie. Silvio Berlusconi, leader del Pdl e premier in pectore,in una nota diffusa in occasione del 25 aprile, sostiene che la gratitudine, però, non può impedire una ricostruzione obiettiva di quegli anni.

«Il 25 aprile – scrive Berlusconi – indica simbolicamente il ritorno dell'Italia alla democrazia e alla libertà». «In quel giorno di 63 anni fa - aggiunge il premier in pectore - si videro le piazze festanti attorno alle truppe alleate e ai combattenti per la libertà. Fu palpabile il sentimento di liberazione di un intero popolo, costretto a combattere una guerra che sperava conclusa, ma che proseguì con l'occupazione del proprio territorio. Già il 25 luglio del '43, quando cadde il regime, quello stesso sentimento di liberazione si era manifestato con una festa nazionale senza vendette e senza morti. Purtroppo seguì la guerra civile, l'occupazione da parte dei tedeschi, che creò un segno di sangue nella memoria italiana. Generò un odio tra vincitori e vinti che segnò la coscienza del Paese».

Tutto questo è storia, scrive il premier in pectore. «Credo fermamente che oggi ci siano le condizioni storiche e politiche perché questo 25 aprile possa rappresentare un salto di qualità verso la definitiva pacificazione nazionale: non per cancellare la memoria, le ragioni e i torti, ma perché chi ha combattuto per la Patria sia considerato figlio di questa Nazione. Oggi, a più di sessant'anni dal 25 aprile, a sedici dalla caduta del Muro di Berlino, il compito della politica è quello di consolidare il tessuto connettivo della Nazione. E lo si deve fare a partire dalla nostra memoria storica».

Strada giusta, scrive Berlusconi, quella scelta 10 anni fa da autorevoli esponenti della sinistra che invitavano a capire anche le ragioni dei «ragazzi di Salò» e hanno poi, più recentemente invitato a saldare il debito contratto con gli esuli istriano-dalmati e con chi, più sfortunato, finì infoibato. «Togliere quei veli - scrive Berlusconi - capire quelle ragioni non può in qualche modo ledere l'orgoglio di chi combatté per la libertà contro la tirannia. Non c'è revisione storica che possa cambiare la gratitudine che dobbiamo a quei combattenti che posero le basi per la libertà
delle generazioni successive e per il ritorno dell'Italia nel consesso delle democrazie. Ma non c'è gratitudine che possa impedire la ricostruzione obiettiva di quegli anni. L'anniversario della Liberazione è dunque principalmente l'occasione per riflettere sul passato, sul presente e sull'avvenire del Paese. Se oggi riusciremo a farlo insieme, avremo reso un grande servizio non a una parte politica o all'altra, ma al popolo italiano e, soprattutto, ai nostri figli che hanno il diritto di vivere in una democrazia finalmente pacificata».

I lumbàrd e l´orgoglio di parlare rozzo "Meglio così che un po´ fighetti"

Borghezio replica a Berlusconi: il nostro linguaggio spia della vicinanza alla gente
(Paolo Berizzi - La Repubblica) Dice Mario Borghezio che i forzaitalioti sono dei «fighetti», dei «figli di papà», gente che «non ha mai lavorato nella sua vita». Mai stato un fine dicitore, né un cucchiaio di miele, l´europarlamentare leghista: ma un merito gli va riconosciuto. Tutto si può dire tranne che per alzare il tiro abbia bisogno di essere incalzato, o provocato. Per abitudine esterna con ruvidità, anche in assenza di stimoli esterni.

Stavolta però supermariobross, come lo chiamano le camicie verdi, si è sentito toccato dentro, e, unico esponente leghista, non ha resistito a rispondere allo spillo di Silvio Berlusconi («Il linguaggio della Lega è fatto di iperboli e anche un po´ rozzo»). Tesi che a Borghezio fa venire il prurito. Dopo un «chi è senza peccato scagli la prima pietra», l´eurodeputato del Carroccio, il più «crociato» dei leghisti - non solo per le ferree posizioni anti islamiche ma anche per i procedimenti penali a suo carico e le aggressioni fisiche subite in questi anni - ha replicato al Cavaliere: «Sarà molto difficile che la Lega si depuri dalla sua rozzezza e dalla ruvidezza di espressione tipica della gente autentica». Poi la chiosa: «Così come i fighetti forzaitalioti molto difficilmente si libereranno dalle loro caratteristiche di figli di papà e di gente che spesso non ha mai lavorato».
Ecco l´affondo di Paolo Grimoldi, neodeputato e coordinatore dei Giovani padani: «Il nostro linguaggio pubblico è molto meno rozzo di quello di Berlusconi in privato». Il privato del futuro premier è fatto anche di show e di serate danzanti. Ci pensa il consigliere regionale lombardo, Daniele Belotti, a ricordarlo. «Rozzi noi? La Lega sta in mezzo al popolo, Forza Italia forse un po´ troppo nelle discoteche. Ci hanno sempre definiti rozzi e ignoranti - aggiunge - Poi hanno capito che il nostro linguaggio ha spazzato via il vecchio politichese». Tra rozzi «autentici» e fighetti che «hanno sempre trovato la pappa pronta», lo scambio di battute di ieri è stato, in ordine di tempo, l´ultimo botta e risposta a distanza tra Forza Italia e Lega. Nei giorni in cui sta prendendo faticosamente forma la squadra di governo, nonostante la netta vittoria elettorale - trionfale quella del Carroccio - gli esponenti delle due formazioni non si risparmiano frecciate e avvertimenti vestiti da "carezze" o "massaggi". Prima il dribbling di Bossi all´uscita da Arcore: «A noi quattro ministri». Poi lo stop di Berlusconi: «Non c´è niente di deciso, la squadra la faccio io». Poi Bossi che ribadisce: «Sarò ministro delle riforme», e «a noi due ministri più il vicepremier» (Calderoli).
Nel mezzo della «normale dialettica» tra alleati - come l´ha definita Berlusconi - il nodo Formigoni. Con una soluzione (berlusconiana) che gela il governatore lombardo (resterà al suo posto, per ora). Il perché Formigoni deve restare alla guida del Pirellone è ormai abbastanza chiaro, e sta tutto nell´obiezione che gli è stata mossa: il suo trasloco romano significherebbe lasciare alla Lega la Regione Lombardia. E accreditare la tesi di chi vede la coalizione di centrodestra sotto ricatto o comunque sdraiata sul Carroccio. Ieri i "colonnelli" leghisti, Maroni, Calderoli, Castelli, hanno scelto la linea della prudenza ordinata da Bossi. Largo dunque a Borghezio, e alle missive da destinare ai «fighetti».

Maurizio Belpietro: Perdono perché si sentono i migliori.

Francesco Rutelli e Walter Veltroni, due sindaci di Roma
L’Editoriale

(Panorama) A sinistra si discute delle ragioni dello smottamento elettorale. Nella hit parade delle cause domina l’incapacità di parlare al Nord e qualcuno, per porre fine alla lacuna, si è perfino spinto a immaginare un Partito democratico del Settentrione, che nel futuro sia capace di radicarsi sul territorio così come ha fatto il Carroccio. Idea in sé suggestiva, ma senza possibilità alcuna di successo: credere che bastino dei leghisti in camicia rossa, anziché verde, a risollevare le sorti del Pd, è come pensare che sia sufficiente cambiar nome a un partito per ottenere in cambio dei voti.
La batosta in realtà ha motivazioni più profonde. La sinistra non ha perso per non aver saputo parlare al Nord, semmai per non aver saputo ascoltare. Vittime del loro complesso di superiorità, molti dirigenti del Pd hanno in questi mesi impartito lezioni agli elettori ma non sono riusciti a prenderne da questi nemmeno una. Se avessero ascoltato, molto probabilmente avrebbero capito ciò che gli italiani vogliono. Un esempio? Nei giorni scorsi mi è capitato di partecipare a Porta a porta e in studio vi erano gli ex ministri Rosy Bindi e Livia Turco. Invece di essere ammutolite dalle proporzioni della sconfitta, le due onorevoli spiegavano con granitica certezza che la Lega ha vinto perché ha fatto leva sulle paure della gente. A oltre vent’anni dalla sua nascita, si continua a liquidare il movimento di Umberto Bossi come un partito che fa un uso politico della paura.
In pratica non sarebbero gli italiani a provare inquietudine per l’aumento della criminalità, e in particolare di quella d’importazione, ma sarebbe il Senatùr che li aizza, speculando su delinquenti ed extracomunitari. L’implicita convinzione è che gli elettori che si fanno incantare da Bossi sono dei sempliciotti, gente un po’ rozza, che non sa, che non conosce, come invece sa e conosce chi come Bindi e Turco ha letto e si è documentato. A sorreggere il ragionamento c’è, ovviamente, la certezza dei democratici di essere la parte migliore del Paese.
Il complesso di superiorità spesso acceca. Politici e intellettuali si sono a lungo rifiutati di considerare l’angoscia per l’espandersi della delinquenza come un problema, negando che esistesse o sostenendo che fosse irrazionale, dovuta alle manipolazioni dei mass media e di alcune forze politiche. Ma già nel ‘98 gli studiosi hanno accertato che il timore della criminalità è un fenomeno sociale imponente, che riguarda oltre 14 milioni di italiani. E a distanza di dieci anni è facile immaginare che il senso di smarrimento non sia diminuito.
Gli elettori, dunque, non hanno paura perché glielo dice Bossi, ma perché vedono ciò che quotidianamente accade intorno a loro. Per capire che il collegamento tra criminalità e immigrazione non è frutto di una strumentalizzazione elettorale, basterebbe leggere i rapporti del ministero dell’Interno: il 51 per cento dei denunciati per rapine o furti in abitazione è straniero, come pure il 39 per cento dei denunciati per violenze sessuali, e il tasso di criminalità degli extracomunitari irregolari è 28 volte superiore a quello degli italiani.
Dire che gli immigrati commettono, in percentuale, più reati degli italiani non è dunque un pregiudizio. Semmai il pregiudizio è, alla rovescia, quello di una parte politica che, quando viene bocciata, non dice mai di aver sbagliato, ma spiega che a sbagliare sono gli elettori. È una specie di razzismo, un mito di superiorità: non della razza, ma della sinistra.

Basta essere "utili idioti". Mai più voti in cambio di vaghe e malcerte promesse.

Un articolo postato su Gay Today e da noi pubblicato ha ricevuto un commento che riteniamo debba essere portato a più vasta conoscenza.

In politica non si è mai proceduto, in nessun Paese e in nessuna situazione storica, da parte di qualunque gruppo o minoranza organizzata, portatori di qualsivoglia rivendicazione, con «attese». Le attese sono fatte per essere deluse, e le speranze sono quasi peggio delle attese: entrambe sono sinonimo di passività, di delega, di atteggiamento rinunciatario.

Io non so se in Italia esista realmente, già oggi, una «comunità» GLBT: credo però che siamo vicini a costruirla, e che è questo il primo passo politico da compiere. Ma come si può realizzare questo obiettivo, che, a ben vedere, precede ogni altro? Solo rendendosi profondamente consapevoli dei propri diritti, acquisendo piena coscienza dei nostri inalienabili diritti, civili e costituzionali. In ogni Paese d’Europa e del mondo la «comunità» GLBT si è potuta costituire e ha potuto essere portatrice di richieste di civiltà, di diritto e di verità solo nel momento in cui i suoi componenti hanno smesso di sperare, di attendere - se mai lo hanno fatto - e anche di agire da «utili idioti», portando un voto in cambio (appunto!) di promesse vaghe e malcerte, anziché di impegni solennemente presi e ratificati, e hanno trattato da pari a pari con i Partiti politici, i singoli rappresentanti del popolo in Parlamento, nei Comuni, in ogni Istituzione.

La nostra sfida è non può non essere che la fine della subalternità dell’Associazionismo Gay ai Partiti, la fine della pacata sottomissione in cambio di un’attesa (o di una poltrona). Dalla coscienza dei diritti civili e costituzionali delle persone omosessuali e transessuali consegue la delineazione di una piattaforma di rivendicazioni e richieste che si può riassumere in pochi, chiari punti:

  • matrimonio civile come diritto di tutti senza distinzione di sesso e orientamento sessuale;
  • Pacs;
  • no agli istituti speciali per soli omosessuali, cioè alle unioni-ghetto, che non sconfiggonoo smorzano l’omofobia ma la lasciano inalterata;
  • legge contro l’omofobia;
  • accesso all’adozione e all’affido anche a famiglie monogenitoriali e a persone omosessuali.
I gay e le lesbiche hanno il diritto di inscrivere le loro relazioni nel diritto e nella legalità. E la richiesta di questi diritti deve essere espressa congiuntamente, per quanto possibile, dalle persone omosessuali insieme con le persone eterosessuali, per acquisire una maggiore forza. E per far capire che un mondo più «decente» (per dirla con Zapatero) è un’enorme acquisizione di civiltà e dignità per tutti.

Aldo Brancacci