Messaggio pubblicato da un compagno di Torino sul forum della Sinistra Arcobaleno nei giorni seguenti la disfatta elettorale:
Care Compagne e cari Compagni,
vorrei proporvi uno spunto di dibattito sulle ragioni della sconfitta, partendo dalla mia esperienza personale.
Pur non essendo l’elettore tipico della sinistra cosiddetta antagonista, sono uno dei pochi oggi rimasti fedeli ai nostri ideali, anche se con alcune riflessioni critiche. La mia atipicita’ deriva dall’appartenenza alla categoria dei cosiddetti “colletti bianchi”, contratto a tempo indeterminato settore Telecomunicazioni, tutele dell’articolo 18, casa ed auto di proprieta’, sposato. In pratica, quello che definisce il ceto medio (seppure basso) che, quando ero giovane ha dato origine alla grande sconfitta delle ragioni dei lavoratori con la marcia dei 40.000. Io pero’ sono rimasto fedele ai miei ideali di gioventu’ ed ho sempre votato Comunista da quando ho avuto il diritto di voto, perche’ desidero che le opportunita’, i diritti ed il benessere che ho conosciuto attraverso le lotte dei nostri padri ed in parte anche mie, possano conoscerli e goderne tutti. E dopo 45 anni su questa terra ed almeno 25 anni di vita politica con l’ideale Comunista, non avere rappresentanza in Parlamento mi ferisce e disorienta almeno quanto la morte del compianto Compagno Segretario Enrico Berlinguer. E dunque, dobbiamo analizzare tutte le cause della nostra terribile sconfitta e rimuoverle tutte, senza tentennamenti. E veniamo alla tristissima esperienza che vi illustro.
Due anni or sono, sono riuscito a portare mia moglie, alcuni familiari e conoscenti, a votare per noi. A parte la candidatura del Compagno Vladimir Luxuria, validissima ed intelligentissima persona per me, ma criticato aspramente dai miei conoscenti come “non da rappresentanza Parlamentare”, la primissima cosa che mi hanno rinfacciato tutti e’ stato la vergogna di aver appoggiato l’indulto. A seguire, le critiche piu’ feroci le ho sentite sulle questioni “tasse per il risanamento”, accettazione del pacchetto sullo stato sociale e tante, ma tante maledizioni sulla questione immigrazione.
Perche’ a Torino, una donna quasi non puo’ avventurarsi da sola in auto. Ad ogni incrocio si e’ presi di mira da lavavetri e venditori di ogni sorta di inutilita’ e se si rifiuta “il servizio caritatevole”, quando va bene sono improperi e male parole, se va male sono calci alla vettura. Ora una persona che lavora, difficilmente passa un solo incrocio nel tragitto tra casa e luogo di lavoro. Dovendo “accettare” di fare la carita’ ad ogni incrocio per evitare improperi e/o danni peggiori, vogliamo pensare che si mangera’ questa persona per cena? Vogliamo parlare dei furti? La maggioranza dei furti di cui sono a conoscenza io non riguarda persone che possano fare a meno della roba sottratta. I furti avvengono per la maggior parte a danno di gente che non arriva a fine mese, soprattutto anziani,i piu’ facili da raggirare e rendere inoffensivi. Operai come impiegati, geometri come commercianti, in una grande citta’ nessuno e’ al riparo dalla piaga dei furti. La altre obiezioni che sento spesso riguardano il comportamento degli extracomunitari. Dai viaggi a sbafo sui mezzi pubblici, alla sporcizia della citta’, alla rivendicazione della loro cultura a danno della nostra (questione crocifissi, presepe etc.) Altre obiezioni mi vengono fatte sulla droga e sulla liberalizzazione delle droghe leggere, alla troppa attenzione alle questioni dei gay e via di questo passo. Morale della favola, nel seggio siamo passati da 23 voti a 5 su 281 elettori. E dunque, essendo un Paese che si e’ buttato a destra, perche’ non scendiamo tra la gente ed ascoltiamo le proposte assecondando quelle che possono essere ascoltate da noi? Primariamente i temi DEL LAVORO e dei DIRITTI DEL LAVORO, quelli sono NOSTRI da sempre!!!! Insistere sui temi dell’integrazione e dei diritti dei carcerati, non dare una voce alla famiglia tradizionale mettendo l’accento sulle questioni individuali, proporre la liberalizzazione delle droghe leggere in piena stagione di stragi del sabato sera, a mio avviso puo’ essere fatto solo e soltanto dopo che una cultura realmente di sinistra e’ stata ricostruita. Le macerie culturali del berlusconismo ci obbligano alla ricostruzione dei valori di liberta’, uguaglianza e solidarieta’ che ci contraddistinguono a partire dalla Resistenza, ma senza aver fatto prima quel lavoro, insistere su temi “avversi” a tutti tranne che a noi ci obbliga al movimentismo perenne se non dalla sparizione certa dalla societa’. Potete farmi tutte le critiche che volete, ma la realta’ dei fatti e’ questa.
Riflettiamoci Compagni.
venerdì 25 aprile 2008
Perchè la Lega ha intercettato i voti della sinistra...
25 aprile. Napolitano: rifiutare gli autoritarismi. Berlusconi: il 25 aprile sia di pacificazione.
(Il sole 24ore) Non c'è revisione storica che possa cambiare la gratitudine che dobbiamo a quei combattenti che posero le basi per la libertà delle generazioni successive e per il ritorno dell'Italia nel consesso delle democrazie. Silvio Berlusconi, leader del Pdl e premier in pectore,in una nota diffusa in occasione del 25 aprile, sostiene che la gratitudine, però, non può impedire una ricostruzione obiettiva di quegli anni.
«Il 25 aprile – scrive Berlusconi – indica simbolicamente il ritorno dell'Italia alla democrazia e alla libertà». «In quel giorno di 63 anni fa - aggiunge il premier in pectore - si videro le piazze festanti attorno alle truppe alleate e ai combattenti per la libertà. Fu palpabile il sentimento di liberazione di un intero popolo, costretto a combattere una guerra che sperava conclusa, ma che proseguì con l'occupazione del proprio territorio. Già il 25 luglio del '43, quando cadde il regime, quello stesso sentimento di liberazione si era manifestato con una festa nazionale senza vendette e senza morti. Purtroppo seguì la guerra civile, l'occupazione da parte dei tedeschi, che creò un segno di sangue nella memoria italiana. Generò un odio tra vincitori e vinti che segnò la coscienza del Paese».
Tutto questo è storia, scrive il premier in pectore. «Credo fermamente che oggi ci siano le condizioni storiche e politiche perché questo 25 aprile possa rappresentare un salto di qualità verso la definitiva pacificazione nazionale: non per cancellare la memoria, le ragioni e i torti, ma perché chi ha combattuto per la Patria sia considerato figlio di questa Nazione. Oggi, a più di sessant'anni dal 25 aprile, a sedici dalla caduta del Muro di Berlino, il compito della politica è quello di consolidare il tessuto connettivo della Nazione. E lo si deve fare a partire dalla nostra memoria storica».
Strada giusta, scrive Berlusconi, quella scelta 10 anni fa da autorevoli esponenti della sinistra che invitavano a capire anche le ragioni dei «ragazzi di Salò» e hanno poi, più recentemente invitato a saldare il debito contratto con gli esuli istriano-dalmati e con chi, più sfortunato, finì infoibato. «Togliere quei veli - scrive Berlusconi - capire quelle ragioni non può in qualche modo ledere l'orgoglio di chi combatté per la libertà contro la tirannia. Non c'è revisione storica che possa cambiare la gratitudine che dobbiamo a quei combattenti che posero le basi per la libertà
delle generazioni successive e per il ritorno dell'Italia nel consesso delle democrazie. Ma non c'è gratitudine che possa impedire la ricostruzione obiettiva di quegli anni. L'anniversario della Liberazione è dunque principalmente l'occasione per riflettere sul passato, sul presente e sull'avvenire del Paese. Se oggi riusciremo a farlo insieme, avremo reso un grande servizio non a una parte politica o all'altra, ma al popolo italiano e, soprattutto, ai nostri figli che hanno il diritto di vivere in una democrazia finalmente pacificata».
I lumbàrd e l´orgoglio di parlare rozzo "Meglio così che un po´ fighetti"
Borghezio replica a Berlusconi: il nostro linguaggio spia della vicinanza alla gente
(Paolo Berizzi - La Repubblica) Dice Mario Borghezio che i forzaitalioti sono dei «fighetti», dei «figli di papà», gente che «non ha mai lavorato nella sua vita». Mai stato un fine dicitore, né un cucchiaio di miele, l´europarlamentare leghista: ma un merito gli va riconosciuto. Tutto si può dire tranne che per alzare il tiro abbia bisogno di essere incalzato, o provocato. Per abitudine esterna con ruvidità, anche in assenza di stimoli esterni.
Stavolta però supermariobross, come lo chiamano le camicie verdi, si è sentito toccato dentro, e, unico esponente leghista, non ha resistito a rispondere allo spillo di Silvio Berlusconi («Il linguaggio della Lega è fatto di iperboli e anche un po´ rozzo»). Tesi che a Borghezio fa venire il prurito. Dopo un «chi è senza peccato scagli la prima pietra», l´eurodeputato del Carroccio, il più «crociato» dei leghisti - non solo per le ferree posizioni anti islamiche ma anche per i procedimenti penali a suo carico e le aggressioni fisiche subite in questi anni - ha replicato al Cavaliere: «Sarà molto difficile che la Lega si depuri dalla sua rozzezza e dalla ruvidezza di espressione tipica della gente autentica». Poi la chiosa: «Così come i fighetti forzaitalioti molto difficilmente si libereranno dalle loro caratteristiche di figli di papà e di gente che spesso non ha mai lavorato».
Ecco l´affondo di Paolo Grimoldi, neodeputato e coordinatore dei Giovani padani: «Il nostro linguaggio pubblico è molto meno rozzo di quello di Berlusconi in privato». Il privato del futuro premier è fatto anche di show e di serate danzanti. Ci pensa il consigliere regionale lombardo, Daniele Belotti, a ricordarlo. «Rozzi noi? La Lega sta in mezzo al popolo, Forza Italia forse un po´ troppo nelle discoteche. Ci hanno sempre definiti rozzi e ignoranti - aggiunge - Poi hanno capito che il nostro linguaggio ha spazzato via il vecchio politichese». Tra rozzi «autentici» e fighetti che «hanno sempre trovato la pappa pronta», lo scambio di battute di ieri è stato, in ordine di tempo, l´ultimo botta e risposta a distanza tra Forza Italia e Lega. Nei giorni in cui sta prendendo faticosamente forma la squadra di governo, nonostante la netta vittoria elettorale - trionfale quella del Carroccio - gli esponenti delle due formazioni non si risparmiano frecciate e avvertimenti vestiti da "carezze" o "massaggi". Prima il dribbling di Bossi all´uscita da Arcore: «A noi quattro ministri». Poi lo stop di Berlusconi: «Non c´è niente di deciso, la squadra la faccio io». Poi Bossi che ribadisce: «Sarò ministro delle riforme», e «a noi due ministri più il vicepremier» (Calderoli).
Nel mezzo della «normale dialettica» tra alleati - come l´ha definita Berlusconi - il nodo Formigoni. Con una soluzione (berlusconiana) che gela il governatore lombardo (resterà al suo posto, per ora). Il perché Formigoni deve restare alla guida del Pirellone è ormai abbastanza chiaro, e sta tutto nell´obiezione che gli è stata mossa: il suo trasloco romano significherebbe lasciare alla Lega la Regione Lombardia. E accreditare la tesi di chi vede la coalizione di centrodestra sotto ricatto o comunque sdraiata sul Carroccio. Ieri i "colonnelli" leghisti, Maroni, Calderoli, Castelli, hanno scelto la linea della prudenza ordinata da Bossi. Largo dunque a Borghezio, e alle missive da destinare ai «fighetti».
Maurizio Belpietro: Perdono perché si sentono i migliori.
(Panorama) A sinistra si discute delle ragioni dello smottamento elettorale. Nella hit parade delle cause domina l’incapacità di parlare al Nord e qualcuno, per porre fine alla lacuna, si è perfino spinto a immaginare un Partito democratico del Settentrione, che nel futuro sia capace di radicarsi sul territorio così come ha fatto il Carroccio. Idea in sé suggestiva, ma senza possibilità alcuna di successo: credere che bastino dei leghisti in camicia rossa, anziché verde, a risollevare le sorti del Pd, è come pensare che sia sufficiente cambiar nome a un partito per ottenere in cambio dei voti.
La batosta in realtà ha motivazioni più profonde. La sinistra non ha perso per non aver saputo parlare al Nord, semmai per non aver saputo ascoltare. Vittime del loro complesso di superiorità, molti dirigenti del Pd hanno in questi mesi impartito lezioni agli elettori ma non sono riusciti a prenderne da questi nemmeno una. Se avessero ascoltato, molto probabilmente avrebbero capito ciò che gli italiani vogliono. Un esempio? Nei giorni scorsi mi è capitato di partecipare a Porta a porta e in studio vi erano gli ex ministri Rosy Bindi e Livia Turco. Invece di essere ammutolite dalle proporzioni della sconfitta, le due onorevoli spiegavano con granitica certezza che la Lega ha vinto perché ha fatto leva sulle paure della gente. A oltre vent’anni dalla sua nascita, si continua a liquidare il movimento di Umberto Bossi come un partito che fa un uso politico della paura.
In pratica non sarebbero gli italiani a provare inquietudine per l’aumento della criminalità, e in particolare di quella d’importazione, ma sarebbe il Senatùr che li aizza, speculando su delinquenti ed extracomunitari. L’implicita convinzione è che gli elettori che si fanno incantare da Bossi sono dei sempliciotti, gente un po’ rozza, che non sa, che non conosce, come invece sa e conosce chi come Bindi e Turco ha letto e si è documentato. A sorreggere il ragionamento c’è, ovviamente, la certezza dei democratici di essere la parte migliore del Paese.
Il complesso di superiorità spesso acceca. Politici e intellettuali si sono a lungo rifiutati di considerare l’angoscia per l’espandersi della delinquenza come un problema, negando che esistesse o sostenendo che fosse irrazionale, dovuta alle manipolazioni dei mass media e di alcune forze politiche. Ma già nel ‘98 gli studiosi hanno accertato che il timore della criminalità è un fenomeno sociale imponente, che riguarda oltre 14 milioni di italiani. E a distanza di dieci anni è facile immaginare che il senso di smarrimento non sia diminuito.
Gli elettori, dunque, non hanno paura perché glielo dice Bossi, ma perché vedono ciò che quotidianamente accade intorno a loro. Per capire che il collegamento tra criminalità e immigrazione non è frutto di una strumentalizzazione elettorale, basterebbe leggere i rapporti del ministero dell’Interno: il 51 per cento dei denunciati per rapine o furti in abitazione è straniero, come pure il 39 per cento dei denunciati per violenze sessuali, e il tasso di criminalità degli extracomunitari irregolari è 28 volte superiore a quello degli italiani.
Dire che gli immigrati commettono, in percentuale, più reati degli italiani non è dunque un pregiudizio. Semmai il pregiudizio è, alla rovescia, quello di una parte politica che, quando viene bocciata, non dice mai di aver sbagliato, ma spiega che a sbagliare sono gli elettori. È una specie di razzismo, un mito di superiorità: non della razza, ma della sinistra.
Basta essere "utili idioti". Mai più voti in cambio di vaghe e malcerte promesse.
Un articolo postato su Gay Today e da noi pubblicato ha ricevuto un commento che riteniamo debba essere portato a più vasta conoscenza.
In politica non si è mai proceduto, in nessun Paese e in nessuna situazione storica, da parte di qualunque gruppo o minoranza organizzata, portatori di qualsivoglia rivendicazione, con «attese». Le attese sono fatte per essere deluse, e le speranze sono quasi peggio delle attese: entrambe sono sinonimo di passività, di delega, di atteggiamento rinunciatario.
Io non so se in Italia esista realmente, già oggi, una «comunità» GLBT: credo però che siamo vicini a costruirla, e che è questo il primo passo politico da compiere. Ma come si può realizzare questo obiettivo, che, a ben vedere, precede ogni altro? Solo rendendosi profondamente consapevoli dei propri diritti, acquisendo piena coscienza dei nostri inalienabili diritti, civili e costituzionali. In ogni Paese d’Europa e del mondo la «comunità» GLBT si è potuta costituire e ha potuto essere portatrice di richieste di civiltà, di diritto e di verità solo nel momento in cui i suoi componenti hanno smesso di sperare, di attendere - se mai lo hanno fatto - e anche di agire da «utili idioti», portando un voto in cambio (appunto!) di promesse vaghe e malcerte, anziché di impegni solennemente presi e ratificati, e hanno trattato da pari a pari con i Partiti politici, i singoli rappresentanti del popolo in Parlamento, nei Comuni, in ogni Istituzione.
La nostra sfida è non può non essere che la fine della subalternità dell’Associazionismo Gay ai Partiti, la fine della pacata sottomissione in cambio di un’attesa (o di una poltrona). Dalla coscienza dei diritti civili e costituzionali delle persone omosessuali e transessuali consegue la delineazione di una piattaforma di rivendicazioni e richieste che si può riassumere in pochi, chiari punti:
- matrimonio civile come diritto di tutti senza distinzione di sesso e orientamento sessuale;
- Pacs;
- no agli istituti speciali per soli omosessuali, cioè alle unioni-ghetto, che non sconfiggonoo smorzano l’omofobia ma la lasciano inalterata;
- legge contro l’omofobia;
- accesso all’adozione e all’affido anche a famiglie monogenitoriali e a persone omosessuali.
Aldo Brancacci
La "trombatura" secondo l'ex onorevole Franco Grillini.
Grillini: «I laici sono maggioritari ma hanno preferito il voto utile».
(Periscopio) Franco Grillini durante il suo impegno a Montecitorio, prima nei DS e poi negli ultimi mesi nella Costituente socialista, non si è fatto conoscere solo come uno dei primi deputati dichiaratamente gay. Ma anche come grande appassionato di tecnologia e telecomunicazioni di nuova generazione. La nostra allora non poteva che essere un'intervista fatta sotto questa insegna: una chiacchierata su Skype, per parlare delle amministrative romane, ma anche del suo futuro nel mondo dell'informazione.
Grillini, come giudica il suo risultato alle amministrative romane?
«Naturalmente quando si prende lo 0.82 si desidererebbe aver preso qualcosa di più. Ma se si fa un paragone i miei circa 14mila voti, sono più di quelli dei Radicali, più di quelli di Baccini che ha speso miliardi ed ha fatto una campagna con mezzi non paragonabili con quelli a mia disposizione e sono più delle liste civiche di Rutelli, a parte quella che portava il suo nome. Bisogna allora rivalutare il risultato. Molti gay mi hanno votato, ho avuto un forte voto disgiunto e posso ritenermi soddisfatto del dato politico emerso: è stata la prima volta di un esperimento di questo tipo, un leader gay che usa la sua faccia in una competizione elettorale di questo tipo. Lo scopo principale era quello di far vivere quello che sta cuore dei laici: le libertà ed i diritti civili. C'è anche da tenere conto che tutto questo è avvenuto nel quadro di uno tsunami del voto utile, sia a livello nazionale che locale. I cittadini hanno preferito votare le coalizioni maggiori ed in particolare anche il nostro elettorato di riferimento ha votato con la paura che vincesse un candidato di destra o ultradestra».
Alla luce di quel risultato si deve dire che nella Capitale non esiste un elettorato laico?
«L'elettorato laico esiste ed è probabilmente maggioritario ma ha preferito il voto utile. Tutti noi sapevamo che era difficile ottenere un buon risultato, potendo contare su finanziamenti per la campagna elettorale molto vicini allo zero. Non dimentichiamo che non abbiamo nemmeno potuto contare su una adeguata attenzione dei media. A Roma, alla Camera, il Partito Socialista ha preso lo 0.5, quindi personalmente ho riportato quasi il doppio dei voti, ma - ripeto - il problema vero è che i laici si sono indirizzati contro Alemanno».
E del "voto gay" cosa ne pensa, c'è stato?
«Secondo me si, anzi sotto questo punto di vista questo voto è la mia principale soddisfazione. Dobbiamo innanzitutto tenere a mente che il voto gay non fa grandi numeri. Anche la Rose Liste di Monaco, verso la fine degli anni 80, riuscì ad eleggere un solo consigliere ma che fu comunque importante per mantenere una amministrazione di sinistra al governo della città, che rischiava di andare completamente nelle mani di cristiano democratici banaresi. Esperimenti di questo tipo sono importanti. Dimostrano una capacità di mettersi in gioco, trovando alleanze e tentando anche per conto prorpio. La strategia è quella di candidare gay già nelle strutture partitiche, non del tutto estranei al mondo politico, come nel mio caso essendo dirigente socialista. È probabile che in futuro ci siano liste civiche con forte componente lgbt, ma la condizione è che a guidarle ci siano personalità che siano al tempo stesso leader politici e rappresentanti del movimento glbt».
Cosa pensa del rifiuto opposto da Rutelli all'apparentamento con i Socialisti anche per il ballottaggio?
«Non mi sorprende. Durante l'incontro di sabato sera (19 aprile) Rutelli, personalmente, era disponibile, ma è stato l'apparato del PD che ha frenato. I dirigenti di quel partito pensano che a Roma si vinca corteggiando l'area centrista e cattolica dell'UDC. È un ragionamento sbagliato secondo me, perché l'elettorato di sinistra è demotivato per la scomparsa della loro rappresentanza dal Parlamento, dovrebbero allora puntare al recupero dell'area laica e soprattutto di quella di sinistra».
A questo punto quali indicazioni di voto darete per il 27 e 28 aprile?
«Personalmente non darò indicazioni particolari. Dopo questo rifiuto è inevitabile lasciare che ognuno scelga secondo coscienza. Il partito romano si muoverà come meglio crede».
Quanto l'allarma il raid al Circolo Mario Mieli e quanto inciderà sul secondo turno?
«Ho visitato immediatamente il Circolo dopo l'attacco teppistico e ho definito l'accaduto come un atto gravissimo. L'episodio dovrebbe incentivare al voto l'area di sinistra anche perché è maturato all'interno di una campagna elettorale dove si è teso a giustificare il fascismo soprattutto tra i seguaci di Storace. L'aggressione era chiaramente premeditata e ciò non fa che aumentare ancora di più il senso di insicurezza nella comunità glbt romana. Tutto ciò deve allarmare, ma "purtroppo" il tentato stupro della studentessa africana, evitato dall'intervento della polizia, ha fatto molto più notizia e distolto l'attenzione da questi recrudescenza di violenza omofobica».
Passando a livello nazionale come si spiega il risultato del Partito Socialista? Quali sono stati gli errori commessi?
«I Socialisti si sono trovati in mezzo al guado. Era una sconfitta annunciata e nessuno si faceva illusioni, ma non si può negare che un risultato così basso ci ha un po' sorpreso. Le risorse per la campagna elettorale erano scarse e anche a livello nazionale la visibilità è stata insufficente. Il problema più evidente è stato quello di non essere riusciti a far capire cosa stavamo proponendo: un profilo ed un partito nuovo. La responsabilità è del gruppo dirigente, che giustamente si è dimesso convocando il congresso per giugno o, molto più probabilmente, per l'autunno».
Potendo tornare indietro farebbe un accordo elettorale con il Partito Democratico?
«Del senno di poi, come è noto, sono piene le fosse. Potendo tornare indietro non si doveva far cadere Prodi. Molti sono amaramente pentiti, Mastelal in primis e poi Casini pentito di non aver sostenuto Marini nel suo tentativo di Governo istituzionale».
E come commenta la debacle della Sinistra?
«In campagna elettorale Bertinotti da un lato ha tento di fare un PD di sinistra, dall'altro lato ha fatto il grosso errore di accettare una separazione consensuale. Ha pagato, come noi, l'inganno veltroniano sul pareggio e sulla inesistente clamorosa rimonta. La Sinistra paga l'ambiguità con cui si è proposta agli elettori. Era un progetto incomprensibile, con un profilo identitario incerto che ha favorito lo spostamento dei voti verso la coalizione democratica».
Lei fu uno dei primi deputati dichiaratamente gay ad entrare a Montecitorio, nel 2001, con il governo Berlusconi II. Ora farà il suo ingresso solitario Paola Concia (PD), sempre con un governo Berlusconi. Cosa ha da consigliarle?
«Concia faccia da punto da riferimento per la comunità. Sia interlocutore tra la comunità gay ed il Governo, intervenga personalmente presso i ministri o con le interrogazioni in aula.
Nella scorsa legislatura siamo andati vicinissimi al provvedimento contro l'omofobia, ma la Binetti ha calato la scure bloccando tutto. Ora sarà molto difficile riprendere questo percorso, soprattutto visto l'aumento dei parlamentari ultraclericali. Dal punto di vista legislativo, stando all'opposizione, potrà fare poco, ma potrà impedire che si approvino pessime leggi anti-gay. Comunque, chiaramente le consiglio di ripresentare tutte le proposte di legge a favore dei diritti civili, impegnandosi a farle calendarizzare».
Quali sono gli impegni per il futuro dell'onorevole Grillini?
«Intanto quello di rimettermi in piedi fisicamente, gli ultimi sono stati mesi disperatamente difficili e dispendiosi sotto il profilo psicofisico. Continuerò sicuramente il mio impegno nel campo dei diritti glbt, ma il progetto vero è il rilancio di Gaynews.it e di Gaynet. Voglio rilanciare l'associazione di giornalisti ed operatori dell'informazione gay interessati a massimizzare l'informazione sui diritti civili e sulle tematiche della laicità. Mi piacerebbe inoltre lavorare alla rinascita di una TV gay e lanciare un network radiofonico sempre a tematica gay. Dal punto di vista politico presto tornerò a fare la campagna elettorale per il sindaco di Bologna, che avevo cominciato già prima della candidatura al Campidoglio».
La corsa al Campidoglio. Alemanno-Rutelli, poco fairplay e tante promesse.
(Maria Elena Pistuddi - Tiscali notizie) C'è tutto tranne che il fairplay nell'importante match per la designazione del nuovo inquilino del Campidoglio. Dopo il rissoso faccia a faccia consumatosi negli studi di Ballarò, il candidato del Pd, Francesco Rutelli, e l'avversario del Pdl, Gianni Alemanno, affilano le armi in vista del ballottaggio del 27 e del 28 aprile, spesso sostenuti dai leader di riferimento che, in quanto a diplomazia - vedi Berlusconi che dà del mangiapreti a Rutelli e Fini che lo definisce una salma politica - spesso difettano parecchio. Per fortuna che dopo le invettive arrivano anche le tante promesse pre elettorali. Se saranno mantenute o meno dopo il verdetto non si sa, certo è quelle che hanno visto la luce in questi giorni sono tante
Sindaco di Roma. Turci, socialisti, "No a sostegno Ps a Rutelli".
(Italpress) "La dichiarazione di un ampio gruppo di socialisti romani a favore di Rutelli per il ballottaggio di domenica prossima non mi trova assolutamente d'accordo". Lo afferma Lanfranco Turci, membro del comitato promotore del Partito Socialista. "Il Pd ha rifiutato l'apparentamento che i Socialisti gli avevano offerto - aggiunge -, senza porre nessuna condizione politica se non quella di riconoscere lo specifico contributo socialista a favore di Rutelli. L'arroganza del Pd e' arrivata al punto di negare ai socialisti il diritto di mettere il loro simbolo a fianco della miriade di altri simboli politici che sosterranno Rutelli. Di fronte a questo atteggiamento il candidato sindaco Grillini e la capolista socialista Daniela Brancati avevano giustamente invitato gli elettori socialisti a votare secondo coscienza. Evidentemente ci sono invece altri dirigenti socialisti che preferiscono gli schiaffi e ringraziano pure. Questa scelta - prosegue l'esponente socialista - esprime una subalternita' nei confronti del Pd che e' piu' grave di quella che ha indotto altri dirigenti socialisti a confluire nel Pd alla vigilia del voto. Il Partito Socialista si appresta ad andare al Congresso dopo la grave sconfitta delle ultime elezioni politiche. Sara' quella l'occasione per un confronto decisivo fra chi ritiene ancora valida l'ipotesi di una autonoma formazione socialista laica liberale, quale abbiamo proposto con l'Assemblea Costituente del luglio scorso, e chi invece pensa che sia venuto il momento di chiudere l'esperienza socialista. Ma in questo caso - conclude Turci - si abbia l'onesta' intellettuale di proporlo con chiarezza e di decidere alla luce del sole insieme a tutti gli iscritti del Partito Socialista".
I dilemmi di Imma Battaglia dopo la scoperta del blog.
Il blog di Imma: Considerazioni post elettorali.
(Di’Gay Project - DGP) Alla fine sono arrivate le elezioni del 13 e 14 Aprile e Berlusconi ha rivinto e noi tutti uomini e donne di Centro-Sinistra e Sinistra abbiamo decisamente perso!
La kermesse elettorale, però, per alcuni/e di noi non è ancora finita; il 27 e 28 Aprile siamo chiamati a votare per il Sindaco di Roma e il Presidente della Provincia di Roma.
Come prima cosa vorrei fare un appello a tutti ad andare a votare e a votare Zingaretti e Rutelli, lo so che il nome di Rutelli per molti è pesante da digerire ma vi assicuro che per le persone glbt e le associazioni glbt di Roma, un centro-destra guidato da Alemanno aprirebbe un periodo molto ma molto pesante.
Voglio però concentrare la mia riflessione su cosa è accaduto a noi, persone e movimento glbt, negli ultimi anni, fino ad arrivare ai risultati di queste ultime elezioni.
Nei quasi 40 anni di storia del movimento glbt siamo cresciuti dentro e a lato della Sinistra, caricando di ideologia le istanze glbt.
Subito dopo l’esplosione del 2000 ci sono stati due fatti importanti: è iniziata la rincorsa alle candidature e l’identificazione delle battaglie del movimento glbt con le unioni civili e le leggi contro le discriminazioni.
Tutto il movimento, guidato dai suoi leader storici, ha scelto la strada del collateralismo anzichè quella dell’indipendenza e del lobbismo.
Collateralismo espresso a fianco dei due grandi partiti della Sinistra i DS da una parte e Rifondazione Comunista dall’altra.
Nell’elezioni del 2001 vince Berlusconi ma il movimento incassa i primi due parlamentari glbt, Grillini (DS) e De Simone (PRC).
Cinque anni di governo all’opposizione tentando di portare attenzione sulla proposta di legge dei Pacs che viene sbandierata da tutti i partiti di Sinistra come opposizione ad un governo che di Unioni Civili non ne vuole neppure sentire parlare.
Così ci si riprepara alla contesa elletrorale del 2006 con l’Unione che media sul tema Unioni Civili e già in campagna elettorale cancella il Pacs a favore di un approccio di diritti alla persona.
Si vincono le elezioni di pochissimo e il movimento incassa anche Wladimir Luxuria in Parlamento a fianco di Grillini e De Simone e Silvestri.
Le aspettative di tutto il movimento sono altissime e la delusione è profonda quando il Pacs viene cancellato a favore dei Dico prima e del CUS dopo che in ogni caso non approdano a nulla per la debolezza della compagine governativa di Prodi che intanto continua divedersi tra un approccio iper moderato (DS e Margherita) e un approccio più laico ma di difficile realizzazione in questo paese (PRC, Verdi, Radicali Comunisti Italiani).
Nel frattempo nel paese incombono la povertà, il precariato, le tasse, gli industriali incazzati, le morti bianche, la “munnezza” di Napoli, Alitalia, gli stupri e gli omicidi di donne da parte di balordi, insomma una scena apocalittica in un panorama mondiale depresso che spostano il centro dei temi politici, economia, sicurezza, stabilità, sviluppo!
Nasce il PD come la nuova proposta politica che unisca definitivamente sotto un programma riformista molte correnti al fine di creare presupposti politici di stabilità. Veltroni viene eletto con le primarie segretario e inizia il processo di costruzione.
Cade il governo Prodi e si ritorna al voto, troppo presto per il progetto di costruzione del PD!
Veltroni immette un grande novità nella scena politica decidendo di correre da solo e costringendo tutti gli altri a seguirlo, PDL e Sinistra Arcobaleno complice anche la legge elettorale.
E la scena glbt? Grillini esce dai DS e si apparenta con Boselli e il Partito Socialista che non accordandosi con il PD rimane isolato e che a 15 giorni dalle elezioni giocano la carta di Grillini candidato a Sindaco di Roma. Quasi tutte le realtà glbt si muovono intorno alla Sinistra Arcobaleno sostenendo fortemente il candidato omosessuale Grillini a Sindaco di Roma.
Tutti corrono a chiedere candidature, Arcigay Nazionale si lamenta insieme a Benedino, perchè non ha abbastanza rappresentanti in lista con il PD, così tutti rincorrono la Sinistra Arcobaleno.
L’unica ad avere successo è Paola Concia che ottiene la candidatura abbastanza sicura in Puglia, lasciando in disparte Benedino. Il risultato elettorale ci consegna una sconfitta clamorosa di tutti, omosessuali compresi, che si trovano a passare da 4 rappresentanti ad una soltanto.
Ma quello che è più preoccupante è il dato di Roma, finalmente una candidatura all’aperto Grillini, leader storico del movimento glbt, per anni Presidente di Arcigay Nazionale e Presidente Onorario due legislature alle spalle, apparizioni continue in TV e Media prende a Roma ben poco, meno delle peggiori aspettative (13620 pari allo 0.82%).
Il voto disgiunto a favore di Grillini è di 2256 voti pari ad una variazione dello 0.19% rispetto al Partito Socialista (in termini relativi = voto disgiunto/voto a grillini sindaco = 2256/13620=16.78% del totale sindaco).
Se confrontiamo il dato di Grillini Sindaco con i dati alla Camera del Partito Socialista a Roma (tot. 9065) abbiamo una differenza di 4555 voti pari allo 0.28% in più.
Ciò vuol dire che la comunità omosessuale "mediatica" (blog, siti, ecc...) e non (associazioni, personaggi noti, ecc...) che hanno appoggiato Grillini hanno spostato lo 0.28% dei voti.
A Roma ha circa 2.000.000 di elettori e se le persone glbt rappresentano il 7% circa (a Roma, in quanto metropoli, c’è sicuramente una percentuale maggiore della media nazionale) si tratterebbe di circa 140.000 elettori “glbt”.
A Roma ci sono circa 12 associazioni glbt tra cui Arcigay Roma che dichiara di avere 30.000 iscritti, e lo storico Mario Mieli che ha sostenuto in maniera chiara Grillini e Sinistra Arcobaleno ebbene la domanda è dove sono andati tutti questi voti?
È evidente che nessuna associazione controlla e rappresenta il voto politico delle persone glbt.
Questo è il dato politico che emerge da queste elezioni e che ci vede tutti sconfitti, non è più possibile bluffare sui numeri.
Siamo sempre più soli, sempre più indietro con la meta dei diritti civili sempre più lontana.
Dobbiamo prendere atto che una certa strategia politica di appiattimento sui partiti ha fallito come ha fallito la rappresentanza di figure storiche poltiche e intellettuali del movimento glbt che hanno incitato alla conta come risposta al dilagante centrismo del PD.
Ebbene è l’ora della resa dei conti, o cambiamo o muoriamo, o capiamo che c’è bisogno di un cambiamento sostanziale oppure siamo completamente finiti.
Cambiare vuol dire partire dal rispetto di chi ha vinto e iniziare a creare un ponte con tutti i nostri compagni/e che hanno votato PDL e costruire un gruppo di pressione politica trasversale, in cui siano loro i primi a mettersi in corsa perchè questo Governo accolga le nostre istanze ma anche per costruire la politica del futuro.
È necessario iniziare un percorso di rappresentanza e leadership che individui nuove figure più rappresentative di tutte le persone glbt anche quelle che non hanno mai votato e mai voteranno il Centro Sinistra, dobbiamo costruire un movimento trasversale che tenga presente i nostri oppositori (cattolici) compreso per costruire sul consenso e la mediazione e non sullo scontro ideologico.
Tutto questo deve partire dai Pride con una riflessione importante che deve vedere ogni anno a Roma la presenza di tutta la popolazione compatta sotto le uniche bandiere RAINBOW che sono le nostre bandiere ma senza più schiearamenti ideologici.
Basta con la scelta del Pride Nazionale itinerante, tutti i Pride siano importanti, ma Roma sia l’appuntamento politico “Nazionale” di tutto il movimento, ogni anno.
Quest’anno sarà Bologna per rispetto a degli accordi unitari presi da due anni ma da settembre si cambi musica con la consapevolezza che l’appuntamento di Roma e di Milano del 7 Giugno diventano strategici per tutti noi perchè saranno la prima uscita pubblica di tutto il movimento subito dopo l’insediamento del nuovo Governo Berlusconi, facciamo sì che non si trasformini in scontri ideologici già da subito!
Berlusconi: "Da premier non lavorerò con Rutelli" Silvio attacca. Veltroni: inaccettabile.
Il Cavaliere con Alemanno: "Scopa nuova scopa bene". "L´ex sindaco è un voltagabbana". Da Storace un appello al voto per l´ex amico di partito.
(Giovanni Vitale - La Repubblica) Sarà difficile per Palazzo Chigi collaborare con Francesco Rutelli al Campidoglio. Parola di Silvio Berlusconi. Che, a tre giorni dal ballottaggio, attacca a brutto muso il candidato del centrosinistra, accendendo le polveri di una campagna elettorale ormai considerata la madre di tutte le battaglie. Tanto da mobilitare non solo gli eserciti locali, ma tutti i leader nazionali: Fini, oltre al Cavaliere, per Gianni Alemanno che intanto incassa il sostegno di Storace; Veltroni e D´Alema per il vicepremier.
Al mattino è Berlusconi a partire all´attacco, bollando Rutelli come «un voltagabbana». Gli rimprovera di essere stato amico di Craxi e di averlo poi abbandonato, «un mangiapreti» che però «adesso va a messa anche due volte la domenica». Ecco perché è «ora di spalancare le finestre e introdurre aria nuova», esorta il premier in pectore, «dopo un po´ bisogna cambiare perché "scopa nuova scopa bene"» scherza. Mentre eleggere l´uomo del Pd significherebbe «nessun cambio e le solite amicizie con gli amici degli amici». Da qui la conclusione: «Sarà molto difficile la collaborazione con un sindaco del genere; poi magari ci sarà. Ma con una giunta diversa, con un sindaco diverso, sarà più facile». Gianni è il suo nome, Alemanno il cognome: «Un cane da polpacci» lo definisce il Cavaliere.
Frasi inaccettabili per il segretario democrat che della capitale è stato sindaco sino a due mesi fa: «Berlusconi minaccia di non collaborare con Rutelli. È un atteggiamento istituzionalmente inaccettabile», tuona. «Le istituzioni non hanno colore, esse devono servire i cittadini. La verità è che la coalizione di Berlusconi vuole un sindaco "dipendente" e non chi, come Rutelli, può tutelare con autonomia e indipendenza una città come Roma». Tesi fatta sua da Massimo D´Alema: «È importante che al Campidoglio vada Rutelli. Un sindaco che garantisce l´autonomia della capitale e che ne difenderà il prestigio e gli interessi, anche nella dialettica con il governo nazionale. Mentre l´altro sarebbe più l´emissario dell´esecutivo di destra che non un sindaco capace di difendere i romani». Ma Alemanno non ci sta a farsi dare del sottoposto: «Veltroni non può dire queste sciocchezze», s´infuria, «Roma mi conosce bene e sa quanto sono indipendente». Subito soccorso da Gianfranco Fini: «Rutelli è una salma politica. Un´azione congiunta governo-Campidoglio potrebbe avviare a soluzione i molti problemi della capitale».
Scintille che per tutto il giorno hanno incendiato la polemica. Soprattutto fra big. Parlando prima di Rutelli nel cortile di un caseggiato nel quartiere Prati, D´Alema cannoneggia il presidente di An: «Non vorrei fare la fine di Fini: era un leader, è diventato un intrattenitore». Allusione chiara al comizio del Pdl al Colosseo, quando Berlusconi arrivò con un´ora di ritardo e ringraziò il "delfino" per avergli scaldato la platea. L´ultimo atto del tour elettorale tra il mercato di Trionfale e l´attiguo centro anziani. «Siamo preoccupati che la marea nera travolga anche la città di Roma», arringa la folla il ministro degli Esteri. A maggior ragione dopo l´indicazione di voto pro-Alemanno arrivata ieri dalla Destra e dalla Fiamma Tricolore. «Non un gran guadagno per il mio avversario» chiosa Rutelli, «visto che Storace, nei cinque anni alla Regione Lazio, non ha lasciato rimpianti ma un po´ di inchieste giudiziarie aperte».