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lunedì 3 marzo 2008

La sinistra Arcobaleno di Padova chiede di candidare un "colonnello" dell'Arcigay: Alessandro Zan.

"In questi anni si è battuto per l'istituzione dell'Anagrafe delle coppie di fatto e allo stesso tempo si è contraddistinto anche sui temi ambientali".
(Ansa) La Sinistra L'Arcobaleno di Padova, in una nota, ''sostiene unitariamente e con forza la candidatura eleggibile alla Camera di Alessandro Zan''.

''La sua candidatura, a partire da basi solide, - prosegue - è dunque in grado di aprire delle contraddizioni nel Partito Democratico, di pescare in un'area di confine, e dunque di aiutare La Sinistra - L'Arcobaleno in questa dura competizione elettorale oltre che nella costruzione unitaria''.

Nella nota si ricorda che Zan ''è membro della segreteria nazionale di Arcigay e Presidente della Lega Italiana Nuove Famiglie, un'associazione che si e' fatta promotrice di una grande battaglia per i diritti alle coppie di fatto attraverso iniziative di respiro ampio. Nonostante la sua giovane età, inoltre, a favore di Zan non parla solo il presente, ma anche l'esperienza: nel 2002 e' stato il principale organizzatore, a Padova, del Gay Pride. Nel 2004, candidato al Consiglio Comunale di Padova, Zan e' stato eletto con 424 preferenze, pur non essendo nella testa di lista.

In questi anni si e' battuto per l'istituzione dell'Anagrafe delle coppie di fatto e allo stesso tempo si e' contraddistinto anche sui temi ambientali''.

Gay cattolici. Gianni Gennari: ma quanti pesi e quante misure!

(Triangolo rosa) L'articolo qui sopra (cliccarci sopra per espanderlo) è stato pubblicato oggi dal nuovo quotidiano free press Dnews, a firma Gianni Gennari, "giornalista e teologo". (esattamente come per Epolis non esiste un sito vero e proprio ma solo la versione dell'edizione del giorno del quotidiano in formato pdf)
E' un articolo che ho trovato in parte scandaloso, e in parte rassicurante: l'autore interviene sulla polemica tra il mondo cattolico e il PD (Partito Defunto) a causa dell'ingresso nelle sue liste, deciso da Veltroni, di una piccolissima pattuglia di
Radicali.

A proposito dello stupore manifestato da Veltroni sulla reazione dei cattolici, irritati ora ma indifferenti anni fa, quando i Radicali andarono nel 'cattolicissimo' centrodestra infarcito di inquisiti e condannati per reati che andavano dal falso in bilancio alla collusione con la mafia, il signor Gennari scrive -in sostanza- che se uno ruba e imbroglia il prossimo, impoverisce e crea povertà e sofferenza per i cattolici non ha importanza, perché

i cattolici autentici e liberamente coerenti non reagiscono perché la cosa non li riguarda
quelle cose
c'entrano davvero poco con giustizia, solidarietà, fraternità, accoglienza
Poi più sotto si contraddice, preconizzando un allontanamento dei 'buoni cattolici' dal Partito Democratico, e una loro probabile confluenza nello schieramento di centro di Pezzotta, visto che il PDL (Partito dei Ladri), sostanzialmente lo stesso di allora quando si chiamava 'casa delle libertà' è
sempre più spostato a destra e su posizioni indifferenti a giustizia e solidarietà
A parte la rozza analisi politica che non tiene conto della crescente distanza tra le gerarchie ecclesiastiche e i cittadini che si dichiarano cattolici... e questi, signor Gennari, se li ricorda?

1 Io sono il Signore Dio tuo: Non avrai altro Dio fuori di me.
2 Non nominare il nome di Dio invano.
3 Ricordati di santificare le feste.
4 Onora il padre e la madre.
5 Non uccidere.
6 Non commettere atti impuri.
7 Non rubare.
8 Non dire falsa testimonianza.
9 Non desiderare la donna d'altri.
10 Non desiderare la roba d'altri.
Insomma, ecco un'altra lampante dimostrazione (e questo è il lato rassicurante dell'articolo, in quanto conferma di ciò che si sapeva già) di quanto sia elastica, per non dire ipocrita, la morale cattolica, di quanto dentro la Chiesa esistano e siano anzi preponderanti le posizioni di coloro che piegano la religione -fede, dottrina- a un uso biecamente politico e di sopraffazione delle libertà altrui.
Che c'entra Cristo con i cattolici? niente, of course
.

Il Pd chiude le liste, oggi direttivo per il sì finale.

(Tiscali notizie) Le liste devono essere pronte entro domani. Walter Veltroni vuole chiudere la partita in netto anticipo sui tempi e ha concesso solo uno slittamento di qualche ora: il coordinamento nazionale, che dovrà ratificare e approvare le candidature, inizialmente previsto per le 10,30 di domani mattina, molto probabilmente sarà convocato nel pomeriggio. Ma non troppo tardi, perché nelle intenzioni del segretario del Pd c'é l'idea di presentare ufficialmente le liste in tempo utile per i telegiornali della sera.

Calearo in lista in Veneto - Queste, a quanto si apprende, le ultime indicazioni dettate via telefono da Veltroni, di rientro a Roma solo in serata, dopo aver concluso le tappe elettorali in Umbria e Toscana. Veltroni, spiega chi ci ha parlato questa sera, è letteralmente "galvanizzato, entusiasta" per il bilancio di questi ultimi quattro giorni, forte di essere riuscito a portare a casa il sì del presidente di Federmeccanica Massimo Calearo, assicurandosi così una forte chance in Veneto. E davvero, come del resto lui stesso ha detto dal palco dell'ultimo comizio a Prato, si può iniziare a credere nella vittoria, si può iniziare a pensare che il Pd ce la farà.

Ultimi tasselli da posizionare - Per questo, e anche per evitare un lungo stillicidio di malumori e rivendicazioni da parte di esclusi e insoddisfatti per la posizione in lista, Veltroni ha chiesto ai suoi, Dario Franceschini e Goffredo Bettini in primis, di lavorare a ritmo serrato tutta la notte e domattina per arrivare alla quadra. Il grosso del lavoro, del resto, è fatto: mancano gli ultimi tasselli. E, soprattutto, manca l'ultima parola sulle deroghe, forse il capitolo più delicato e spinoso.

Ancora da sciogliere il nodo delle deroghe - Quella sulle deroghe, da concedere a chi ha già tre o quattro mandati alle spalle e, quindi, incappa nella norma rigida del regolamento, sarà l'ultima decisione da prendere, con il placet di Veltroni, domattina. Di certo c'è il fatto che le deroghe non saranno ampliate: fatti salvi i "derogati" di diritto, restano poche caselle da riempire. A quanto si apprende, c'è già la prima vittima eccellente: Gianicola Sinisi, ex ppi e poi passato tra i lettiani, al fianco di Napolitano ai tempi del primo governo Prodi, sarebbe stata respinta la richiesta di deroga.

Tiziano Treu in forse - Tra quelli in attesa di "giudizio", c'è anche Tiziano Treu, tra i padri del programma del Pd. Per lui, a quanto si apprende, si sarebbe speso il segretario in persona. Dunque, spiega una fonte del Pd, "se mai si dovesse fare un'eccezione, ampliando la rosa dei derogati di un posto, certamente sarà fatto a favore di Treu". Intanto, prosegue il tour de force di Franceschini e Bettini, alle prese con i segretari regionali: si procede con la chiusura delle liste regione per regione.

Arcigay sulla lobby sbaglia e sul PD non è chiara.

(The Queerway) Alla fine dei due giorni di Stati Generali dell'Arcigay di Bologna cosa rimane? L'obbiettivo era di sintetizzare programmi e proposte politiche per "per stabilire un orientamento rispetto alle prossime elezioni". Cosa ne è uscito? A giudicare dal discorso introduttivo di ieri del presidente Mancuso poco o niente: "Arcigay conferma il suo non allineamento, e quindi nessuna indicazione di voto, nei confronti dei partiti e delle alleanze" e "la sua netta e chiara indicazione di non votare alcun partito del centro destra e della destra estrema responsabili nel nostro paese del clima d'odio e di omofobia, che tra l'altro si concretizza anche con atti di violenza fino ad arrivare all'assassinio di persone lgbt" (considerando Casini di Centrodestra come è stato fino alla scorsa settimana, ovviamente).

Passo avanti, però, è stato fatto se nel documento finale "la più grande associazione nazionale lesbica e gay del paese indica inoltre di non sostenere i candidati e le candidate esplicitamente omofobi che, con dichiarazioni pubbliche o atti parlamentari, abbiano offeso la dignità delle persone omosessuali". Non essendo oggetto delle prossime elezioni le preferenze, quindi, viene cassato a prescindere il Partito Democratico vista la presenza di Teodem e simili nel palinsesto elettorale. L'assenza di preferenze, infatti, non permette di votare i candidati ma solo il Partito, di conseguenza: "se c'è lei io non vi voto"!

Dalla sintesi delle due giornate, poi, si legge che "Arcigay ribadisce il proprio sostegno a tutti e a tutte i candidati lgbt espressione diretta del movimento fra cui Franco Grillini, Gianpaolo Silvestri, Titti De Simone e Wladimir Luxuria" e che "si attendono ancora risposte da parte del Pd in particolare sulle candidature di Sergio Lo Giudice, presidente onorario di Arcigay e consigliere comunale di Bologna, e di Andrea Benedino, ex portavoce del tavolo delle lesbiche e dei gay del Pd ed assessore al comune di Ivrea".

In pratica Arcigay si schiera con la Sinistra Arcobaleno (non può fare altro per il suddetto nodo delle preferenze), tenendo la porta aperta al PD con una sorta di ricatto (lecito e legittimo, sia chiaro!). Come le candidature di Lo Giudice e Benedino faranno digerire la Bimnetti e Rutelli, però, non è chiaro, e non viene chiarito.

Tutto questo va decisamente in direzione diversa da quella di una lobby che faccia pressione sulla politica malgrado il discorso di Mancuso avesse aperto proprio alle azioni di lobbing.

Un grosso passo avanti nella strategia, però, sembra essere stato fatto visto che "i tavoli provinciali di Arcigay sottoporranno ai candidati dei partiti del centro sinistra e della sinistra, collocati in posizione eleggibile, la piattaforma rivendicativa del Roma Pride 2007. Chi la sottoscriverà e si impegnerà a formare un intergruppo nel Parlamento italiano fra i sottoscrittori della soprascritta piattaforma avrà il nostro esplicito sostegno, sia a livello locale sia a livello nazionale". Questo si che si avvicina alla lobby anche se continuo a non capire due nodi di questa azione: perchè non sottoporre la piattaforma del Pride anche ai laici moderati di centro e centro destra (magari non la firmano ma non va dato per scontato) e come conciliare la sottoscrizione di alcuni candidati della piattaforma e l'impossibilità di votarli per farli eleggere. Non a caso saranno chiamati come sottoscrittori i candidati elegibili e non tutti i candidati. Con le preferenze un meccanismo del genere sarebbe stato ben più forte e magari decisivo.

Andando, invece, a vedere bene il documento finale dell'Arcigay non si capisce perchè non escludere a priori anche la Sinistra tutta o almeno il PD dalla piattaforma di "votabili" secondo Arcigay. L'associazione, infatti, dichiara ufficialmente che "due anni di governo del centro sinistra hanno rappresentato per il popolo lgbt speranze e impegni profondamente delusi. Ne avevamo avuto un'anticipazione con l'approvazione del programma dell'Unione: un fragile ed ipocrita compromesso, che non ha mancato di inquinare e paralizzare tutti i tentativi di concretizzazione di concetti ambigui e giuridicamente inefficaci.

Nonostante le discussioni e i confronti attorno alle insufficienti e pasticciate proposte di legge sul riconoscimento delle coppie di fatto abbiano fatto emergere l'impegno di chi nel governo e nel parlamento si adoperava seriamente affinché avanzassero le norme antidiscriminatorie, il nostro giudizio complessivo non può che essere risolutamente negativo".

Se ad Arcigay risulta, come a quasi tutti gli omosessuali, un "ipocrita compromesso" quello raggiunto dall'Unione sulle coppie di fatto perchè non bollare da subito il PD tra quelli non votabili visto che si è copiaincollato quel paragrafo dal programma di Prodi? E, sempre per l'assenza di preferenze, come conciliare "l'impegno di chi nel governo e nel parlamento si adoperava seriamente" con l'azione di chi tale impegno a vanificato o perfino osteggiato? Non è chiaro questo punto e, dal documento, dovrebbe invece emergere un nodo tanto centrale, ma tant'è.

Alla fine della fiera, quindi, escono indicazioni di voto chiare per quel che riguarda i partiti ma meno chiare sulle motivazioni e sulle modalità e una strategia di voto che fa a cazzotti tanto con la legge elettorale vigente che con le candidature del Partito Democratico (nodo strategico che Mancuso dovrebbe invece sciogliere, almeno per serietà):

1 - La piattaforma rivendicativa di Arcigay è quella del movimento lgbt "Parità Dignità Laicità", approvata in occasione del Roma Pride 2007. Valutato che, nell'attuale scenario, nessuna forza politica è in grado di realizzare concretamente i contenuti di tale piattaforma, Arcigay non si allineerà e non darà indicazione di voto per nessun partito o coalizione.

2 - Arcigay indicherà esplicitamente di non votare le alleanze e i partiti che propongono modelli sociali che ignorano le istanze delle persone lgbt e non concedono dignità politica al consolidamento dei diritti civili in questo paese.

3 - Arcigay indicherà esplicitamente di non votare liste che candidino in posizione di eleggibilità coloro che, con dichiarazioni pubbliche ed atti formali, sostengano l'esclusione sociale delle persone lgbt, anche nel caso in cui in tali liste siano presenti esponenti del movimento lgbt.

4 - Arcigay, come lobby sociale, a livello territoriale costituiscano un patto con tutti quei candidati eleggibili che sottoscrivano la piattaforma e che decideranno la relazione diretta con Arcigay. In particolare Arcigay sosterrà candidate e candidati lgbt che provengano dal movimento e con iniziative proprie, coloro che sono militanti dell'associazione.

5 - Arcigay non sosterrà candidature finalizzate solo ad intercettare i voti della comunità ed invita tutte le lesbiche e tutti i gay a non presentarsi ad operazioni di facciata o a candidature inutili di bandiera.

Assai più chiaro e più semplice dovrebbe essere l'attuazione e la valutazione per quanto riguarda le elezioni regionali e amministrative dove i candidati vengono votati direttamente, anche se a Roma riemerge il probblema del PD con Rutelli sostenuto da tutti gli schieramenti di sinistra. "Arcigay sosterrà le candidature a presidente di Regione, di Provincia e di Sindaco solo di chi sottoscriverà impegni precisi rispetto a: azioni contro l'omofobia e per l'inclusione sociale, supporto alla comunità lgbt locale", Rutelli, quindi, non dovrebbe essere sostenuto. Peccato che in questo caso bisognerà fare i conti con Fabrizio Marrazzo e con il suo presenzialismo.

Patacche. “Per me c’è solo Bologna”. Grillini: Non mi candido più a sindaco di Roma.

(Luca Molinari - Il Domani di Bologna) Franco Grillini non sarà il nuovo Ernesto Nathan, ma cercherà di essere il nuovo Andrea Costa: il primo socialista a bolognese a sedere sui banchi di Montecitorio. Annunciata a furor di popolo, la candidatura dell’ex diessino a sindaco di Roma è rientrata. “Contrordine compagni” avrebbe ironizzato Giovannino Guareschi. Il motivo è molto semplice: il Psi di Roma ha deciso di apparentarsi con Francesco Rutelli, il candidato a sindaco della Capitale appoggiato da tutta l’Unione. Tra i motivi del cambio di rotta c’è di tutto: da una convergenza politica a un calcolo elettorale: con l’1,5% (tanto ha preso a Roma il Psi alle ultime elezioni) se si è coalizzati con il vincitore si elegge un consigliere, se si corre da soli e se anche (come poteva essere con Grillini) il proprio candidato strappa un bel risultato, si resta fuori dal Campidoglio. E allora i socialisti romani hanno deciso che un posto in consiglio comunale val bene Rutelli (e una messa) e hanno fatto fronte comune con Pd, Sinistra arcobaleno e liste civiche varie. Grillini non si è offeso più di tanto. Ha pensato ai soldi risparmiati per coprire Roma di manifesti e si è buttato anima e corpo nella sfida politica del 12 e 14 aprile. Franco “il sindaco d’Italia” sarà capolista in cinque circoscrizioni e punterà a raccogliere tutti i voti laici, anticlericali. Dai diessini che non reggono la Binetti ai Radicali che si sentono disorientati a sedere nello stesso partito di Rosy Bindi. Insomma, il classico “lavorare ai fianchi” che ha sempre caratterizzato i partiti minori. A prima vista l’operazione sembra impossibile. Schiacciato tra Pd e Pdl, il piccolo Psi sembra ben lontano dal ripetere i fasti del partito di Nenni e Craxi. Eppure c’è l’effetto sorpresa: per fare il 4% alla Camera bastano un milione e duecentomila voti. Di suo il Psi ne ha 900.000. I restanti 300.000 sono tutti da trovare, ma con i sondaggi che danno ormai stabile il gap tra Pdl e Pd sul 6% a favore della destra, il Psi punta tutto sull’identità laica e di sinistra, sperando che in tanti tra chi si era rassegnato a dare a Veltroni un “voto utile”, nel segreto dell’urna senta la sirena della laicità e del diritto del lavoro.

A Modena gay e trans per il Pd.

Nato il gruppo modenese Lgbt con ex-Ds e Margherita.
«Vogliamo lavorare per mettere l’accento su improtanti temi come discriminazioni e il rispetto delle tante differenze».

(La Gazzetta di Modena) In un partito come quel Democratico che si propone di parlare a tutti gli ambienti e categorie sociali, non potevano mancare i gay, le lesbiche e i transessuali che hanno deciso di aderire alla nuova formazione. Anche a Modena è stato compiuto questo passo formale, attraverso la costituzione del gruppo Lgbt, acronimo per indicare appunto lesbiche, gay, bisessuali e transessuali costituito da ex Ds e Margherita che nel Pd vedono la miglior sede per continuare la lotta contro le tante discriminazioni e per l’educazione alla diversità.

«Il nostro intento - spiegano i portavoce Scanavini e Garutiò- è quello di mettere l’accento sui temi del rispetto delle differenze come valore fondante della civiltà umana, dei diritti civili, della laicità, contro ogni forma di discriminazione anche sessuale o legata all’identità di genere. Siamo convinti che il PD sia il luogo più indicato per batterci su queste problematiche, confrontandoci anche con esperienze e culture diverse, sui reali bisogni dei cittadini».

Da qua si propongono di portare avanti azioni concrete per «una seria legge contro ogni discriminazione, anche sul posto di lavoro, per una politica responsabile sull’educazione alle diversità e alla sessualità, sull’uguaglianza giuridica per le famiglie omosessuali e conviventi, sulla promozione del diritto alla salute per le persone Lgbt, la modifica delle leggi sul cambio di sesso ed una legge condivisa riguardo alla fecondazione assistita. Sono gli obiettivi del movimento Lgbt italiano ed internazionale, e sono i nostri obiettivi».

Invitano quindi tutte le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender, e coloro che hanno a cuore la costruzione di un paese laico civile e democratico «a condividere questo impegno, aiutandoci a costruire e rinnovare la nostra società sia a livello locale che nazionale. - spiegano - Per essere all’altezza delle sfide che si è posto, il Pd dovrà avere come principi guida l’estensione dei diritti di cittadinanza e la laicità dei processi di decisione. Siamo consapevoli delle difficoltà che incontreremo. Conosciamo la fatica di abbattere pregiudizi, contrastare inerzie e pigrizie, superare veti ideologici e vuoti programmatici. Abbiamo ben presenti le resistenze conservatrici presenti nel Paese e nello stesso centrosinistra. Sappiamo che le ritroveremo anche nel nuovo partito. Ma allo stesso tempo e, anzi, a maggior ragione, pensiamo che questa sia la frontiera più avanzata in cui spendere le nostre energie per la costruzione delle riforme necessarie al paese».

Il Pd esclude Lo Giudice, ex presidente dell'Arcigay, dalle candidature. L'ira dell'associazione.

Adesso la parola finale su chi verrà schierato spetta al leader Veltroni.
(Il Corriere della Sera, edizione di Bologna) L'ultima parola spetterà al leader nazionale del Pd, Walter Veltroni, ma la lista regionale dei candidati del Partito democratico al Parlamento è ormai pronta. I giochi sono stati chiusi l'altra notte dal segretario regionale del Pd, Salvatore Caronna che poi ieri è andato a Roma da Veltroni a consegnare le sue proposte. A Bologna, oltre alle conferme dei parlamentari uscenti Antonio La Forgia, Donata Lenzi e Walter Vitali, ce l'hanno fatta l'ex leader della Margherita di Bologna, Gianluca Benamati e la vicepresidente di Legacoop, Rita Ghedini (fondatrice del Cadiai) che si sono aggiudicati gli altri due posti in lista considerati sicuri per l'elezione. Le quotazioni di entrambi erano molto forti già dall'inizio della settimana, ma solo nella riunione dell'altra notte è arrivato il semaforo verde. Benamati ce l'ha fatta grazie al sostegno di De Maria e di Dario Franceschini, ma anche grazie alle segnalazioni dei circoli del Pd. Ghedini invece ha avuto il sostegno di Legacoop e ieri il presidente dell'associazione, Gianpiero Calzolari ha pubblicamente espresso soddisfazione per la scelta di candidarla.

In Parlamento ci sarà posto per candidature bolognesi anche nella cosiddetta quota nazionale: il presidente della Camera di Commercio, Gian Carlo Sangalli, il capo ufficio stampa di Romano Prodi a Palazzo Chigi Sandra Zampa avranno un posto sicuro. Dovrebbe essere candidato a Bologna anche il politologo Salvatore Vassallo. La novità principale è però l'esclusione dalla lista del presidente onorario di Arcigay, Sergio Lo Giudice, indicato invece nelle consultazioni fatte nei circoli del Partito democratico. «Mi hanno comunicato — ha spiegato lo stesso Lo Giudice — che a Bologna gli spazi sono chiusi. Toccherà ora a Veltroni decidere se vuole tenere aperto un canale di dialogo con la principale associazione omosessuale del paese, oppure no».

E ieri il presidente nazionale di Arcigay Aurelio Mancuso, nel corso della convention dell'associazione a Bologna, ha rincarato la dose polemizzando a distanza con il Pd per l'esclusione di Lo Giudice e invitando all'astensione nelle circoscrizioni dove non saranno presenti candidature espressione dell'universo Lgtb (lesbiche, gay, bisex e trans). «Ora — ha aggiunto Mancuso — ci aspettiamo un segnale da parte di Veltroni».

Si vedrà nelle prossime ore, ma al momento le possibilità di un ingresso in Parlamento del presidente onorario dell'Arcigay sono davvero minime.

Scorrendo la lista dei candidati del Pd in Emilia-Romagna (i posti considerati sicuri sono i primi venti alla Camera e i primi dodici al Senato) ci sono poi personalità come Marilena Fabbri (sindaco di Sasso Marconi) e come Teresa Marzocchi, presidente della comunità di accoglienza La Rupe e vicina ad Antonio La Forgia. Sono però inserite nella cosiddetta zona grigia (quella che garantisce l'elezione solo se il Pd vince le politiche) personalità come Marilena Fabbri (sindaco di Sasso Marconi). Più indietro in lista c'è anche l'ex capogruppo della Margherita Giovanni Mazzanti.

Non ce l'ha fatta invece Livia Zaccagnini, figlia dello storico leader democristiano, che nelle scorse settimane era stata accreditata come una delle possibili candidate.
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La «lobby omosessuale» fa quadrato: «La base aveva scelto. E la ignorano» .
(Francesco Rosano) Delusi. E arrabbiati. Perché per l'ennesima volta un loro rappresentate, un membro di quella che lo stesso presidente Arcigay Aurelio Mancuso definisce «una moderna lobby che vuol essere rappresentata da un giusto numero di candidati in posizioni elegibili», è stato tagliato fuori dai complessi giochi degli equilibri politici.

C'è voluto poco, ieri pomeriggio, perché le note di Nino Rota, tra le sale affrescate dell'hotel I Portici, cedessero il passo ai mugugni dei centoventi delegati nazionali, arrivati sotto le Due Torri per partecipare agli stati generali del movimento gay italiano.

Neanche ventiquattro ore prima, la riunione del direttivo regionale del Partito democratico si era chiusa con la scomparsa, dalla lista dei candidati alle politiche, di Sergio Lo Giudice: presidente onorario Arcigay, tra i nomi di spicco emersi dalle consultazioni popolari per la scelta dei candidati.

«Nell'Arcigay non funziona così, quando il nostro popolo indica un nome quello viene eletto — rinfaccia ai vertici regionali del Pd Mancuso — evidentemente, nel Pd, le cose vanno in modo diverso». Lo Giudice, seduto tra i delegati sulle sedie in plexiglass, non può che attendere con tutti gli altri «un segnale preciso da Veltroni verso l'Arcigay».

E in attesa di stabilire oggi, con un documento, le indicazioni di voto (la direzione è nessun voto a destra e voto assicurato a chi candida esponenti del movimento di sicura elezione), l'Arcigay affila le armi per il gay pride 2008, fissato per il 28 giugno a Bologna. «Arriveranno decine di migliaia di persone», scandisce il presidente del Cassero Emiliano Zaino. Che traccia un bilancio tragico dell'esperienza amministrativa targata Cofferati: «In nome delle sinistra al governo scegliemmo di chiedere poco — ricorda Zaino — per ottenere molto meno». Bologna ha perso il suo primato per il movimento, spiega ai delegati il presidente del Cassero, «i palazzi delle istituzioni sono distanti e distratti, si sono chiusi centri di cultura underground e censurate mostre. Questa città è da resettare».

Elezioni. Candidature è lite tra Arcigay e Arcilesbica sul nome di Paola Concia.

Macuso: "Non esiste un caso Concia".
(La Repubblica) Arcigay e Arcilesbica ai ferri corti. L´Arcigay, dice la segretaria delle lesbiche, Francesca Grossi, «sbaglia a porre veti. Occorre guardare al governo e al dopo elezioni».

Oggetto del contendere è la candidatura nel Pd di Paola Concia che secondo Mancuso, leader dei gay, però, non esaurisce il rapporto tra il mondo omosessuale e il partito democratico. «Non ci possono essere veti», insiste la Grossi ricordando che «nell´ultima legislatura i diritti degli omosessuali sono rimasti al palo».

Per Mancuso, «non esiste un caso Concia. Francesca Grossi si è fatta fuorviare da alcune libere interpretazioni giornalistiche». Quindi, «se la Concia, esponente lesbica del Pd, sottoscriverà la piattaforma rivendicativa del Roma Pride 2007 sarà sostenuta da Arcigay alla pari di tutti candidati cui sottoporremo il documento».

Interviste/ Cesare Salvi: “Su diritti civili gay, hanno vinto i teodem”.

(River-blog) Cesare Salvi ha una stazza da rugbista. Alto, i capelli curati, è un uomo dai modi cortesi ma molto decisi. La sua storia politica inizia nel Partito comunista italiano, di cui è stato membro della segreteria – nel 1990 – prosegue nel Pds, nei Ds, e, più recentemente, nella Sinistra Democratica, l’ala “ribelle” che, con Fabio Mussi, si è staccata nel 2007 dal Pd. Ora è confluito nella Sinistra Arcobaleno, quella “Cosa” a sinistra del Pd che – sondaggi alla mano – è destinata a dare del filo da torcere alla triade Pd-Idv-Radicali. Fratello del magistrato Giovanni Salvi, che alla Procura di Roma ha trattato alcune delle indagini italiane più delicate (come il disastro aereo di Ustica), il senatore Salvi è il presidente uscente della commissione Giustizia al Senato. Da sempre attento alle problematiche relative alle unioni di fatto, ci tiene molto a prendere le distanze, nelle sue affermazioni e prese di posizione, dal Pd veltroniano e dalla cosiddetta filosofia crozziana del “ma anche”. Tra le altre cose, punta il dito contro l’idea che, secondo il segretario del Pd, “siamo tutti uguali”. “Se così fosse – ha detto pochi giorni fa a Radio Radicale saremmo già in un comunismo realizzato. Ma così non è. L’operaio non è uguale all’imprenditore, e lo dimostrano, tanto per fare un esempio, le morti sul lavoro, che sono un dato di fatto nel nostro Paese”. Una campagna elettorale difficile, quella della Sinistra Arcobaleno, perché “in Italia c’è un’impressionante lottizzazione degli spazi simbolo_2008_webtelevisivi e di informazione: si parla solo di Veltroni e Berlusconi”. Quelli della Sinistra Arcobaleno hanno le idee ben definite su alcuni temi caldi: “Siamo per la pace, contro la guerra in Afghanistan, cosi’ come siamo per la laicita’: purtroppo gli elettori del Pd votano al buio”. Infatti sulla 194 o sulla fecondazione o sulle coppie di fatto, “un elettore che sceglie il Pd - si e’ chiesto Salvi - per chi vota: per la Binetti che e’ contro l’aborto o per la Bonino che invece e’ a favore? Noi di Sinistra arcobaleno su questi temi siamo chiari e netti: la 194 non ha bisogno di alcun tagliando e alcuna revisione perche’ spetta alla donna decidere”.

I socialisti hanno incentrato la loro campagna sui diritti dei gay. Qual è la posizione di Sinistra democratica sul tema delle unioni civili?
Mi sono personalmente molto impegnato, come presidente della Commissione giustizia del Senato e come relatore, per una legge sulle unioni civili, etero ed omosessuali: i Contratti di unione solidale, simili ai Pacs francesi. Nella prossima legislatura bisognerà impegnarsi per una legge di questo tipo: non sarà facile, perché nel programma del PD si è andati indietro anche rispetto ai Dico, ma è una battaglia di civiltà.

L’Italia, oggi, è pronta per le unioni civili? Lo sarà mai?
Per l’esperienza e il dibattito di questi mesi affermo con sicurezza che è una battaglia che si può e si deve portare avanti. Certo, senza cadere nella trappola dello scontro muro contro muro, ma costruendo in positivo una coscienza – che è ben presente anche nella nostra Costituzione – sulla necessità di assicurare a tutti i cittadini italiani pari diritti, soprattutto in materie delicate come la previdenza, la salute, anche l’eredità. Del resto, nella nuova Costituzione europea è scritto con chiarezza che il principio di eguaglianza vale non solo tra uomo e donna, ma anche con riferimento all’ “orientamento sessuale”.

Come giudica la candidatura della leader GayLeft - Paola Concia - nelle liste del Pd?
Credo che il Parlamento si possa solo arricchire dalla presenza di persone intelligenti, capaci di intervenire sui temi più diversi che un parlamentare deve studiare e affrontare.

Che opinione ha dei gay che votano a destra?salvi
Nessuna.

Qual è secondo lei il politico italiano più omofobo?
Questa è una domanda divertente, è un po’ come il “gioco della torre”. Non saprei scegliere: c’è chi è omofobo per atavici convincimenti culturali, chi per paura di confrontarsi con la realtà o con se stesso.

C’è più omofobia nel Parlamento italiano o nel mondo del calcio ?
Una bella gara!

Chi la spunterà, sul tema dei diritti civili dei gay, tra i teodem del Pd e i radicali?
So chi l’ha spuntata: i teodem. Come ha rivendicato (giustamente, dal suo punto di vista) l’on. Carra, nel programma del PD si è dato un colpo di spugna anche sui DICO, e si parla solo di diritti individuali nei conviventi: cioè di qualcosa che in buona parte è già nelle leggi. In generale questa politica del “ma anche” (la Binetti “ma anche” la Bonino) che Veltroni sta portando avanti porterà in Parlamento più contraddizioni che soluzioni. Quando insieme a tanti altri compagni dei DS abbiamo scelto di non entrare nel Pd, ma di lavorare al progetto per unire la sinistra, avevamo chiaro il nostro obiettivo: un grande partito di sinistra con delle proposte chiare e concrete, per il lavoro, per i diritti civili, per la pace. Oggi è questo grande partito di sinistra che si presenta alle elezioni, con il simbolo “Sinistra arcobaleno”, che ha in sé tutti i colori ma proposte condivise e chiare.

Rutelli è il favorito nella corsa a sindaco di Roma, ma ha già detto che la questione delle unioni civili va affrontata in Parlamento. Un modo per evitare la grana?
Ho già chiesto pubblicamente che i cittadini di Roma si esprimano con un referendum: credo che la gente, il popolo, abbia meno retorica e più sensibilità dei politici.