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giovedì 13 marzo 2008

Effetto-soubrette e sospetti di "spinte" sulle donne in lista delusioni bipartisan.

Nel Pdl i posti all´"altra metà del cielo" sono pochi: il 17-21%. Nel Pd invece arrivano al 40%.
(Giovanna Casadio - La Repubblica) Contro la candidatura della bionda soubrette Barbara Matera (nella foto), bellezza che al Cavaliere ricorda quella della moglie Veronica in gioventù, c´è stata una sollevazione tra le donne forziste. Infine, Gianni Letta, sabato scorso, ha convinto Silvio Berlusconi a scelte più avvedute e per la Puglia, in quota rosa, è stata prescelta una altrettanto avvenente giovane donna, Elvira Savino, con brillante curriculum, collaboratrice della rivista "Formiche". Ma gli aggiustamenti di rotta non hanno impedito la quasi rivolta delle donne del Pdl. Scontente? Furiose. Hanno fornito i numeri del malcontento: nelle liste del Pdl le candidate sono circa il 21,5% alla Camera e il 17% al Senato. In posizioni tutt´altro che eccellenti, tali insomma da non arrivare a quella soglia del 25% di elette che era stata promessa dai leader. Se non fosse stato per Ciarrapico, che si è preso la scena delle polemiche, questa storia delle donne in lista e degli insulti che hanno accompagnato le candidature - «sciampiste, letteronze, zoccole» - avrebbe tenuto banco.

Nella metà campo del centrodestra, Stefania Prestigiacomo si è chiusa in un "no comment" irritato. Isabella Bertolini, quattordicesima in Emilia, lascia intendere che in campagna elettorale si fa buon viso a cattivo gioco. Giulia Bongiorno di An, ammette: «Non ci sono livelli accettabili di donne nelle nostre liste, però le donne si faranno avanti a piccoli passi». Solo Michela Vittoria Brambilla, la "rossa" del Cavaliere, capolista di fatto in Emilia, sostiene che «va bene così, quel che conta sono le competenze non il genere». Parla più volentieri di sé: non sono a caccia di poltrone, dice, però «non starò seduta ad aspettare di pigiare un bottone». A denunciare il brutto clima, è Alessandra Mussolini, segretario di As, nel partito di Berlusconi. «Quando ho letto di Lotito che definiva zoccole le candidate del Pdl, sa cosa ho fatto? Ho chiamato Luxuria, perché bisogna finirla con le discriminazioni. Nel prossimo Parlamento dobbiamo fare fronte comune». Con la transex del Prc, Mussolini si era accapigliata in tv.
Ma nell´altra metà campo, nel Pd, dove pure le candidate sono il 42% (379 donne) e di queste almeno 100 saranno parlamentari sicure, i malumori ruotano sulla discrezionalità delle scelte dei leader maschi. Vilma Mazzocco, portavoce del Terzo settore, uno dei 45 saggi del Comitato per il Pd, ironizza: «Bisognerà mandarle in giro con la baby sitter queste giovani parlamentari... Il Parlamento non è una convention, bene il rinnovamento ma c´è stata superficialità. Di un parlamentare ci si deve chiedere chi rappresenta, come e perché». Riferimento implicito a Marianna Madia? La Madia ha dovuto ingoiare amarissimi attacchi. Così come Daniela Cardinale, figlia di Totò, ex ministro delle Comunicazioni, sulla cui candidatura anche Veltroni ha declinato ogni responsabilità («L´ho saputo solo a cose fatte»). La giovane candidata è «amareggiata», il padre la difende: «Ha bevuto la politica con il latte, si è impegnata e ora... «. «Sciampista» lei e le altre giovani donne del Pd, per Maurizio Gasparri. Che non si pente delle parole dette: «Cioè, mi dispiace per le sciampiste, ma è stata una reazione alle definizioni di "letteronze", "zoccolonze" indirizzate alle nostre candidate». Barbara Pollastrini, la ministra delle Pari opportunità è severa: «Questi insulti sono gravissimi scivoloni maschilisti. Ho fiducia in Veltroni sulle donne in un futuro governo. No alle polemiche nel Pd: se non metti i giovani a nuotare nessuno emergerà». Intanto, le donne dell´Udi invitano ad andare al voto con una lettera scarlatta all´occhiello per protesta contro le poche donne e le scelte pilotate. Una bella ricerca su "Differenza di genere e democrazia" è stata presentata ieri da Giovanna Altieri (Ires/Cgil) e da Marina Cacace (Asdo). Si è parlato della «resistenza sistematica» alla presenza di donne nei luoghi del potere. Daniela Santanché rivendica la novità rappresentata dal fatto che è lei - leader della Destra - l´unica donna candidato premier. Paradossi italiani.

Interviste. Boselli: “Campioni di omofobia, dal Pd alla Destra”.

(River-blog) La campagna elettorale del Partito Socialista di Enrico Boselli non è facile, e la mission di entrare in Parlamento ha degli esiti tutt’altro che scontati, nel bene e nel male. Le sue posizioni, in tema di diritti dei gay, sono molto vicine a quelle dei radicali e della Sinistra l’Arcobaleno. Ed è forse qui il problema di un partito che rischia di rimanere “soffocato” dai blocchi più massicci, in termini di consenso elettorale, rappresentati dalla Sinistra e dal Pd. Ma un punto a loro favore i socialisti lo hanno giocato con i manifesti della loro campagna pubblicitaria: espliciti e “incazzosi”, dedicati alle categorie che oggi, secondo i socialisti, non sono adeguatamente rappresentate in Parlamento. I gay, i precari, le donne e i pensionati. A Roma puntano tutto su Franco Grillini, candidato sindaco. Una nota di colore: molti blogger gay si tormentano da settimane sul nome del bel protagonista del manifesto postato sopra. River-blog intervista stavolta il segretario Enrico Boselli – che ringrazia per la sua disponibilità.

Con la vostra campagna pubblicitaria, fresca e aggressiva, volete dare voce ai “gay incazzati”. Perché la comunità gay dovrebbe votare socialista?
I socialisti sono rimasti gli unici in Italia ad avere le idee chiare, quando parliamo di nuovi diritti. Crediamo che oltre alle famiglie tradizionali vi sia un numero crescente di nuove famiglie, fatte anche di coppie omosessuali che decidono di vivere insieme. Alle nuove esigenze di tanti cittadini dobbiamo dare risposte concrete: istituire, come abbiamo chiesto inutilmente a Veltroni come sindaco di Roma, un registro per le unioni civili. Quello che avviene a Londra, a Parigi, a Berlino e a Madrid, qui a Roma è vietato, impensabile, improponibile. Noi crediamo che gli italiani vogliano essere più vicini all’Europa che al Vaticano, e che i socialisti meritino il consenso di chi crede in una scommessa sul futuro.

Il vostro messaggio è chiaro: i socialisti sono l’ultimo baluardo di laicità. Ma un tempo non c’erano anche i radicali?
Appunto, c’erano una volta i radicali. Adesso dove sono? Mi risulta che abbiano accettato le condizioni dettate loro dallo stato maggiore del Pd, che li ha inglobati e ridotti al silenzio. A Emma Bonino faccio i migliori auguri di buona permanenza nel partito di Binetti e Bobba. Noi rispettiamo tutte le scelte, ma sul piano della nostra autonoma presenza a garanzia di un impegno per la laicità dello Stato non si discute.

L’Italia è pronta per le Unioni civili?
L’Italia non può continuare ad essere il fanalino di coda dell’Unione Europea sul piano dei diritti. I Pacs sono stati introdotti in Francia tanti anni fa, e il governo di centrodestra si è impegnato a non toccarli. In Spagna alle recenti elezioni i popolari di Rajoi hanno premesso che non sarebbero venuti meno i matrimoni gay, se fossero andati loro al governo. Non si capisce perché i Democratici italiani mantengono sul piano dei diritti un profilo più basso di quello che tanti conservatori hanno in Europa.

In America persino i repubblicani hanno dimostrato più “tolleranza” nei confronti delle questioni dei diritti dei gay, rispetto ad alcuni teodem italiani di area Pd. Il Vaticano è così influente?
Il Vaticano contribuisce alle linee programmatiche e al successo elettorale di tante forze politiche in Italia; mi ha colpito l’udienza chiesta a San Pietro da Veltroni appena ha accettato di correre come premier. E non sto neanche a sottolineare come qualche parlamentare, aderente all’Opus Dei e al Pd, ostenti e rivendichi il cilicio.

bosellirelazione2A Roma Rutelli dice che le Unioni civili non sono una priorità del suo governo cittadino, lasciando intendere che la questione vada affrontata in Parlamento. Qual è per i socialisti la strada da seguire su questo tema?
La chiamata diretta dei cittadini ad esprimersi. Vogliamo indire un referendum cittadino affinché tutti i romani siano chiamati a votare sulla questione. A quel punto si vedrà quali sono le indicazioni dei cittadini della capitale, che si sono sempre dimostrati più laici di chi ha amministrato questa città.

Chi è secondo lei il politico italiano più omofobo e perché?
Non mi faccia fare liste nere, è sempre antipatico. D’altronde i nomi sono noti. Ricordo l’imbarazzo in sede europea per le parole di Buttiglione sui gay, e quelle peggiorative dette in suo supporto da Giovanardi. Ma mi sembra che dal Pd alla Destra di Storace, passando per il Pdl, ve ne siano non pochi di campioni.

Se, per assurdo, il Pdl dovesse aprire alle unioni civili, lei cosa farebbe?
Constaterei che ci troveremmo con una destra di tipo moderno, laico ed europeo. Ma non si preoccupi, l’ipotesi che io debba fare questa constatazione è molto lontana.

Luxuria si ribella alle indicazioni del suo partito. No a Rutelli sindaco, voto Grillini.

Per le comunali non voterò secondo indicazioni di partito, ma seguendo la mia coscienza e la mia coerenza. Grillini sindaco con voto disgiunto per la Sinistra Arcobaleno.
(Il Corriere della Sera) A meno di un mese dalla doppia tornata elettorale (politiche e amministrative) le principali associazioni della comunità gay organizzata (Arcigay nazionale, Circolo Mario Mieli) decidono di appoggiare la candidatura di Franco Grillini a sindaco di Roma. Tutti (o quasi) invece contro la corsa a primo cittadino di Francesco Rutelli, nonostante un già annunciato accordo con Arcigay-Roma (poi saltato) e l'alleanza da lui stretta a livello locale con la Sinistra Arcobaleno (Rifondazione, Verdi, Sd, Comunisti italiani). Opinione diffusa tra i gay è che l'uomo che da primo cittadino della capitale nel 2000 ritirò il patrocinio al World Pride non s'ha da votare. Anche a costo di disobbedienze di partito. È quel che pensa ad esempio, e lo dice a chiare lettere, Wladimir Luxuria, ricandidata alla Camera con la Sinistra Arcobaleno e residente nella capitale: «Per le comunali non voterò secondo indicazioni di partito, ma seguendo la mia coscienza e la mia coerenza. No a Rutelli. Sì a Grillini. Con voto disgiunto per la Sinistra Arcobaleno».

I gay romani masochisti? Ovvero la "doppia" politica dell'Arcigay.

(Enrico Oliari*) Se esiste al mondo il paese delle meraviglie di Alice, quello è la piazza romana della comunità gay. Sempre più spesso capita infatti di rimanere stupefatti, per non dire allibiti, per via dell’impreparazione e del pressappochismo di certi esponenti delle associazioni gay romane i quali, chissà perchè, arrivano alla quadratura del cerchio pur di ingraziarsi i vecchi ed i nuovi padroni.
Per carità, nessuno di noi è uguale all’altro e ciascuno ha le sue opinioni ed il suo modo di interpretare la politica gay, ma quello che da noi ed altrove si chiama “militanza per gli interessi della comunità omosessuale italiana”, a Roma diventa l’ennesima farsa di una campagna elettorale di per se già sufficientemente pietosa.
E così nel momento in cui gli altri esponenti del movimento gay di centro-sinistra denunciavano le estromissioni di possibili candidati dalle liste e, peggio, la scomparsa delle nostre tematiche dalla dialettica e dai programmi, c’era chi faceva di tutto per piacere ar Piacione, alla faccia di quel Delanoe di Franco Grillini, deputato e candidato sindaco dell’Urbe, da sempre autenticamente impegnato per i diritti dei gay.

Sabato scorso a Milano la piccola GayLib, a testa alta e con le bandiere spiegate, interveniva in modo critico alla manifestazione di Berlusconi e di Fini distribuendo pacchi di volantini per il riconoscimento della coppia gay, proprio mentre a Roma Francesca Grossi di Arcilesbica e Fabrizio Marrazzo di Arcigay dichiaravano il loro appoggio al nuovo beniamino del mondo gay, il candidato sindaco Francesco Rutelli.

Oddio, che Marrazzo interpretasse in un modo tutto suo la presidenza di un’associazione gay non è una novità: qualche mese fa si era persino ben guardato dall’appoggiare la protesta per la mancata approvazione delle unioni civili nella capitale (che, tra l’altro, erano nel programma elettorale dell’allora sindaco Walter Veltroni) e dopo qualche giorno riceveva una bella ed ampia sede per la “sua” Arcigay al Testaccio, superando nella graduatoria associazioni che avevano fatto domanda già anni prima; aveva anche urlato e si era stracciato le vesti quando un giovane si era suicidato, vedendo nel movente del tragico gesto un’omosessualità che non esisteva, cosa che fece infuriare i genitori e gli amici della giovane vittima.
Oggi però l’appoggio dato oggi a Rutelli ha dell’incredibile.

Perché quanto Grillini è uno dei padri del movimento gay italiano, tanto Rutelli è uno dei nemici della causa gay italiana e ci vorrebbero i fogli di un’enciclopedia per raccogliere i suoi interventi a danno della comunità gay ed a favore del Vaticano.
Già nel 2000, quando era sindaco di Roma, aveva ritirato, su richiesta dell’Oltretevere, il patrocinio della città al Wold Pride (dico, il World pride!), sollevando le proteste dei militanti omosessuali (quelli veri!), i quali però furono ancora più incazzati nel 2005 quando lo stesso Rutelli dichiarò la sua netta contrarietà al riconoscimento della coppia gay prevedendo al massimo dei contratti privatistici individuali (Il Corriere della Sera, 19.9.2005), che poi è la stessa cosa che sostiene un altro Francesco candidato sindaco, Storace; nel 2007, quando era rappresentante del governo, si spinse anche oltre, affermando che prima dei DiCo, che già non riconoscevano la convivenza ma solo i diritti dei conviventi, vi erano ben altre priorità a cui pensare (La Repubblica, 4.3.2007); ed infine venne il tempo del Family Day, al quale il vicepremier Francesco Rutelli avrebbe partecipato volentieri, se non avesse rivestito un ruolo di Governo (Il Corriere della Sera, 10.5.2007).

Personalmente sono convinto che agli esponenti politici non vada scontato nulla: i nostri diritti non vanno trattati a mezze misure, proprio perché sono diritti.
Noi, che siamo un’associazione di centro-destra, non cerchiamo umilianti compromessi con gli esponenti del PDL ed oggi siamo noi a proporre l’alternativa del Riconoscimento della coppia omoaffettiva, dignitosa e nel contempo rispettosa dei nostri valori.
Al contrario La Grossi e Marrazzo chiedono alla comunità gay romana di credere alle promesse elettorali di Francesco Rutelli e di prendere di conseguenza le distanze da Franco Grillini reo, a loro dire, di essersi schierato con i socialisti di Boselli.

Tuttavia con la sua scelta laicista, Grillini ha dimostrato quella coerenza e quella serietà che ai due esponenti di Arcigay e di Arcilesbica sembrano mancare: davvero essi pensano che la comunità gay italiana sia così fessa da farsi abbindolare dalle ennesime promesse di Francesco Rutelli?

*Presidente Nazionale di GayLib.

Provocazione. La zingarata della Sinistra-Arcobaleno.

(Meslier) Se si candida alle elezioni una pornostar, ci può stare, anche se con qualche forzatura, l'idea che si tratti di una candidatura provocatoria. Con qualche forzatura perché, fino a prova contraria, una pornostar è una cittadina come le altre e gli altri.

Se si candida un transgender, già la cosa va meno bene, perché il trans non è necessariamente un personaggio pubblico, che fa un mestiere moralmente discutibile (come per alcuni è quello della pornostar, che implica la mercificazione, la spettacolarizzazione e la banalizzazione del sesso). Ma trattandosi nella fattispecie di Vladimir Luxuria, caustico personaggio dello spettacolo, concediamo pure (senza condividerlo) che la candidatura di una cittadina così "eccessiva", anche nelle scelte estetiche (sebbene ultimamente molto sobrie, a dire il vero), sia stata una forma di provocazione verso una certa cultura benpensante (per usare un eufemismo).
Ma, di grazia, perché la candidatura di una cittadina di origini rom, dovrebbe essere una provocazione?
Aiutatemi a capire l'incipit di questo fantastico articolo (a firma di Nino Luca) pubblicato sul sito del Corriere:
"Dopo la pornostar Cicciolina, il transgender Luxuria, arriva una nuova candidatura provocatoria per il parlamento italiano: la zingara. Dijana Pavlovic, serba e romni (donna di etnia rom), attrice e mediatrice culturale è, infatti, la numero 8 della lista della Sinistra Arcobaleno alla Camera."
Insomma, essere una rom ed essere una pornostar, è un po' come se fosse la stessa cosa.
Ora, davvero c'è bisogno che io ricordi l'abc della convivenza civile, osservando che tra il fare l'attrice porno e l'essere rom, c'è una differenza sostanziale, e cioè che il primo è il frutto di una scelta, il secondo no? Come può essere "provocatoria" un'appartenenza etnica che non si è scelta?