(nella foto Enrico Oliari) La campagna elettorale del 2008 rappresenta la Caporetto del movimento omosessuale italiano. O forse quella temuta cartina di Tornasole che una volta per tutte ha messo in risalto le mille contraddizioni e le tante, troppe, incapacità e lacune che caratterizzano alcuni leaders della lotta per i diritti dei gay.
Il fatto è che la cosa oggi si sa, ovvero è sotto gli occhi di tutti quella reale inconsistenza politica di noi omosessuali italiani, cosa che sanno benissimo i nostri avversari politici, lo sa la Chiesa e soprattutto lo sanno i nostri alleati.
C’è un cancro nel movimento gay italiano, ed è quel marcato mal costume che consiste nello svendere il nostro patrimonio ideologico e culturale in cambio di un momento di successo, di qualche assegno staccato dal politico di turno o di qualche cadreghino messo a disposizione in un angolino del sistema casta, ed il tutto alla faccia dei militanti semplici e puri che credono ancora nella lotta di liberazione e di emancipazione.
La cosa nera e sporca si presenta con l’immagine dell’eloquente assenza delle nostre tematiche dalla campagna elettorale e dai programmi dei partiti e persino con la scomparsa dei buoni ma falsi propositi sui diritti dei gay dai comizi dei politici.
Mai come in questi ultimi tempi i nostri diritti hanno l’occasione di essere parte centrale nel dibattito politico, sia perché l’Italia è uno degli ultimi Paesi dell’Europa occidentale a non aver legiferato in materia, sia perché il numero crescente di coppie gay stabili e di conviventi rappresenta un fenomeno sociale importante; eppure nei momenti di incontro fra le associazioni gay italiane si discute su dove fare il gay pride, se in modo stabile a Roma o se itinerante, senza tanto celare reali interessi economici di locali commerciali ed associazioni territoriali.
Il riconoscimento delle coppie gay? La pressione politica da svolgere indistintamente in tutte le formazioni partitiche? La discriminazione? Aria fritta: in quegli incontri si discute soltanto ed esclusivamente su dove fare i gay pride.
Poi però ci si accorge improvvisamente che i leader si mettono in fila per la questua in Vaticano e, mentre baciano l’anello ai cardinali, giurano solennemente che mai i gay si sposeranno in Italia.
E vengono avanti incongruenze ad ondate, un enorme tsunami di ipocrisia che certi leader del movimento omosessuale vorrebbero far bere ai militanti italiani, come nel caso del buon Fabrizio Marrazzo, che, presidente di Arcigay Roma, appoggia la candidatura di Francesco Rutelli a candidato sindaco di Roma, a scapito di Franco Grillini.
Ma Rutelli non era quello che aveva ritirato il patrocinio al World Pride su richiesta di Oltretevere, che aveva dichiarato la sua netta contrarietà al riconoscimento della coppia gay, che, riferendosi ai DiCo, aveva ribadito che vi erano ben altre priorità a cui pensare e che avrebbe voluto con tutto il suo animo partecipare al Family Day se non fosse stato per il suo ruolo istituzionale?
Eppure per Fabrizio Marrazzo e per l’Arcigay di Roma è meglio Francesco Rutelli di Franco Grillini e del fatto che quest’ultimo si è sempre impegnato anima e core per i diritti delle coppie gay, che ha svolto un ruolo centrale nel movimento anche quando era presidente, guarda un po’, della versione nazionale dell’associazione di Marrazzo.
Oggi però il premio per chi, esponente del movimento gay italiano, scende più in basso, tocca ad una donna del mondo politico omosessuale: Paola Concia.
Paola Concia è candidata alla Camera per il PD ed è portavoce del “tavolo per i diritti fondamentali” del suo partito.
Proprio ieri il socialista Boselli aveva fatto notare che Veltroni, nonostante avesse inserito nel suo programma di candidato sindaco le Unioni civili per il comune di Roma, si è ben guardato dal farle approvare. Promesse elettorali da candidato sindaco, figurarsi oggi da candidato premier.
La cosa aveva comunque fatto infuriare la candidata Paola, la quale in un comunicato di fuoco attaccava Boselli rimpinzando il suo intervento di paroloni altisonanti come diritti fondamentali di noi omosessuali ecc. E anche, udite udite, che noi abbiamo scritto nel programma quello che faremo: una legge che garantisca i diritti delle persone che si amano. Nientepopodimenoche!
A questo punto i casi sono due: o Paola Concia ha la memoria corta, o ritiene che gli omosessuali italiani siano tutti degli emeriti imbecilli.
Perché non solo i diritti dei conviventi (DiCo) erano nel programma del precedente Governo con a capo non di certo Berlusconi, e tutti sappiamo che fine hanno fatto; perché non solo le sinistre hanno dimostrato il più completo e tendenzioso disinteresse per i diritti civili delle persone omosessuali; perché non solo si è passati dalle Unioni Civili ai Pacs, alle Coppie di fatto, poi ai DiCo e quindi ai Cus, con rilanci incredibilmente al ribasso che umilierebbero chiunque vi si avvicinasse.
Ma anche e soprattutto perché dalla proposta di Paola Concia è ancora una volta sparita la coppia, tant’è che la candidata alla Camera parla di diritti delle persone che si amano, non di coppie omoaffettive.
Forse Paola Concia non si è accorta che oggi sta lanciando la stessa, identica e sputata proposta di Daniela Santanchè e di Francesco Storace, che proprio di sinistra non mi sembrano, come pure di molti rappresentanti delle fazioni conservatrici.
Mi perdonerà Paola Concia, ma almeno Pierfedinando Casini si è spinto un po’ oltre, proponendo, oltre ai diritti delle persone che si amano, anche l’ospitalità per le coppie omosessuali presso alcune leggi, come il diritto in materia ereditaria e pensionistica.
Fa pensare però a come il movimento gay si sia ridotto ad un carrozzone da gay pride e si sia persa la volontà di lottare insieme per determinati diritti, chiari e utili realmente alla nostra comunità.
di Enrico Oliari – www.oliari.com
giovedì 27 marzo 2008
Paola Concia? No, grazie, preferisco Pierferdinando Casini.
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