Sta capitando anche a Veltroni: nel giorno in cui l’ex sindaco di Roma presenta il programma del Pd, l’attenzione viene catturata dall’accesa polemica tra Emma Bonino e Rosy Bindi. A sferrare il primo colpo è il ministro della Famiglia, che dalle colonne de La Stampa attacca a testa bassa i Radicali: “Se sono coerenti non dovrebbero firmare l’accordo con Veltroni e non dovrebbero candidarsi” con il Pd.
A stretto giro di posta arriva la risposta dell’attuale e futuribile ministro Bonino (Veltroni, per strapparle il sì all’accordo, le ha dovuto promettere un dicastero, in caso di vittoria): “L’intervista della Bindi mi stupisce, la attribuisco ad un dato di pressione a cui lei è probabilmente sottoposta. Se vuole dire che avrebbe preferito liste radicali collegate al Pd si sarebbe potuta spendere in quel senso, cosa che non ha fatto. Ciò che trovo stupefacente è quando lei dice sì a Bonino in quanto ministro e non in quanto radicale”.
Rosy la pasionaria, nell’intervista che ha innescato la polemica, aveva puntualizzato che il programma del Pd non è soggetto a modifiche: “A proposito di testamento biologico, diritti dei conviventi, legge 194, sono scritte alcune cose e sono stati messi punti e virgole pesanti. Non è che se uno si candida con noi può permettersi di firmare quel documento e il giorno dopo in parlamento presenta robe che non hanno niente a che fare con quanto stabilito”.
E poi, a proposito della diversità di posizioni interne al Pd come quelle tra una Emma Bonino e una Paola Binetti, invita tutti a “limitarsi perché la forza del Pd dev’essere la logica opposta a quella dell’Unione dove uno compensava l’altro alzando la voce in una confusione generale che era la sola percepita dagli italiani”. Ma l’ennesimo schiaffo di Rosy all’esperienza prodiana non basta ad allontanare da Veltroni il fantasma del Professore, quotidianamente impegnato a mediare tra le diverse e avverse posizioni della sua rissosa maggioranza.
In realtà, già ai primi accenni di protesta e preoccupazione espressi dalla “corrente” cattolica dei Democratici (che si riunirà in un convegno il prossimo 27 febbraio), il candidato premier aveva fatto spallucce: “Serve la sintesi, i partiti moderni sono così”, aveva detto. Citando a memoria dal copione di un film già visto: quello vissuto, senza troppa fortuna, dal premier dimissionario. Oggi Walter ci riprova: “Davvero in Italia ci deve essere di nuovo una divaricazione tra laici e cattolici? Ma davvero, nel 2008, dobbiamo tornare a mettere in discussione il fatto che ci sono due verità: la prima è che le istituzioni sono laiche per loro natura e sono quelle che decidono. La seconda è che, però, ciascuno deve poter portare il suo punto di vista, anche religioso, nell’impegno civile”.
A mettere una pietra sopra, non al duello tra le due donne, ma alle liste “radicalizzate” del Pd ci pensa alla fine Famiglia cristiana in uscita mercoledi.
E la pietra è di quelle tombali: “Pasticcio veltroniano in salsa pannelliana”, titola un editoriale del settimanale dei Paolini. Che recita: “I cattolici che hanno deciso di fare politica nel Partito democratico giudicano severamente la scelta di Veltroni di imbarcare nelle liste i radicali di Marco Pannella e di Emma Bonino e si pongono pure qualche dubbio circa la scelta di candidare a Milano il professor Umberto Veronesi, autore di una sorta di manifesto per la ‘libera scelta di morire’, cioè l’eutanasia, anche se lui ha detto che si occuperà solo di migliorare la sanità in Italia. I radicali hanno una concezione confessionale della loro identità. Ogni scelta, ogni nome ha valore simbolico. La squadra di candidati, negoziata con Walter Veltroni, ha una forte fisionomia radicale, connotata su battaglie che, come ha detto Emma Bonino, non si interrompono affatto”.
E ora l’impressione che Veltroni debba mediare anche fuori dal partito è più reale che mai.
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