(Sabrina Bergamini - Imgpress) Il fattore W. ha incassato l’endorsement del fattore E. ma non ha fatto i conti col fattore G. “Insieme si può andare lontano”, recita uno degli inni del Partito democratico, ma forse per andarci Walter Veltroni ha bisogno di richiamare sull’attenti (sic) e all’ordine (sic al quadrato) due candidati del suo partito che si sono inimicati il fronte laico dell’elettorato con le loro ultime uscite sul fattore G, inteso come fattore Gay. Tutto questo proprio mentre arriva dal prestigioso settimanale britannico Economist l’endorsement per la campagna elettorale: “gli italiani – scrive – dovrebbero votare per Walter Veltroni”. Che forse, a sua volta, dovrebbe invitare i suoi candidati a studiare di più per evitare gaffe più o meno volute e sbandierare intenzioni di non-voto destinate a lacerare le piaghe di quel vasto fronte che, a dieci giorni dalla elezioni, ancora non sa che partiti pigliare. Prima se ne esce il generale Mauro Del Vecchio – il dietrofront non conta perché la frittata è fatta – che dichiara di “non essere contrario alla creazione di case di piacere per i soldati all’estero” poi aggiunge che i gay proprio no, nell’esercito non si può. “Rispetto ogni scelta, ma ritengo che i gay nell’esercito siano inadatti”. E ancora: “Nell’ambito di strutture come l’esercito, dove le attività si svolgono sempre insieme, è opportuno non dichiarare ed evidenziare la propria omosessualità”. Riaffiorano antiquati ricordi di antiquati stanchi stereotipati (e per fortuna lontani) dibattiti sulla “idoneità” degli omosessuali all’insegnamento. Ed emerge anche una domanda: le “case di piacere per i soldati all’estero” rientrano nel programma del Pd e fra le priorità delle Forze Armate? I soldati hanno bisogno di andare a puttane in modo legalizzato? E con quali puttane, di grazia? Esportate dalla madrepatria o arruolate direttamente in terra straniera? E se un soldato, mettiamo il caso, volesse un compagno di ugual sesso? O se preferisse un trans? Grande libertà ma anche grande ipocrisia se ci si dichiara per le case chiuse ma senza gay nell’esercito salvo poi ripiegare compattamente in ritirata e costringere all’intervento chiarificatore lo stesso Veltroni. Ma la due giorni di passione intorno al fattore gaylesbo non è finita se, al seguito, arriva la stangata della senatrice teodem Paola Binetti che tiene vivo il fuoco dei piddi-scettici quando afferma: “Non voterò nessuna normativa giuridica a tutela delle coppie gay”. E precisa: “Il mio punto di vista è semplice. Prima di tutto, a mio giudizio, esiste una dimensione che io considero più legata allo sviluppo ordinario di una persona, che è quella dell’amore e della sessualità che è più squisitamente eterosessuale perché la complementarità biologica, la complementarità con cui ognuno di noi raggiunge la pienezza della sua maturità ha questa come strada maestra. Questa è la naturalezza, se si vuole considerarla anche statisticamente parlando”. Binetti è certamente libera di non votare ciò che vuole. Ma “statisticamente parlando” ci sono in Italia molte più persone sufficientemente laiche e libere nei gesti e nelle opinioni da accettare unioni civili e unioni di fatto e unioni di legge fra gay, lesbo, bisex e transgender senza provare alcun senso di minaccia. La stessa Binetti dice però un bell’inciso: “a mio giudizio”. Ecco, appunto. Dovrebbe umilmente ricordare che il giudizio è il suo, non quello di Dio.
venerdì 4 aprile 2008
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