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venerdì 18 aprile 2008

Partito Democratico: Radicali "incubo" della Binetti.

(Giovanni M. Losavio - Agenzia radicale) Strano destino quello che accomuna la sorte dell'IDV e della pattuglia radicale all'interno del Partito Democratico: pare infatti che le polemiche sugli uni siano irrimediabilmente destinate a estendersi anche agli altri. Già avevamo avuto modo di sottolineare come, contravvenendo all'accordo pre-elettorale con Veltroni, Di Pietro avesse ipotizzato la possibilità di costituire un gruppo separato da quello "Democratico", ipotesi peraltro ribadita anche nella mattinata di oggi quando l'ex magistrato ha dichiarato: "Con il Pd voglio fare qualcosa di più di un gruppo: un percorso, una casa comune. Che senso ha se io sciolgo il mio partito e vado nel Pd? Qual è il mio valore aggiunto? Una cosa è costruire una casa insieme, un'altra cosa è andare ad abitare in una casa altrui", salvo poi correggersi, almeno in parte, precisando che i "giochi" sono ancora aperti.

All'apertura del "fronte Di Pietrista" ha fatto eco la riapertura di quello radicale con una sincronia davvero impressionante: il generale teodemocratico Binetti non si è infatti sottratta al sacrissimo ufficio - Deus Vult, Dio lo vuole - di lanciare all'offensiva le truppe cherubiniche, ultimo baluardo in difesa dell'ortodossia. "Ecco, ci sono tutti e nove. Tutti eletti. E ora si viene a chiedere a noi moderati come mai è stato fallito l"obiettivo-centro?", ha tuonato dallo scranno celeste la "pasionaria" democratica secondo cui l'accordo con i Radicali "era una ciambella di salvataggio. Senza, non sarebbero nemmeno in Parlamento". Conclude l'On. Binetti: "sarebbe stato meglio non accoglierli. Ora, con queste soglie di sbarrammento, con i loro voti e senza il nostro appoggio, dove sarebbero i radicali?".

Un'opinione alquanto diversa da quella espressa, sempre dall'esponente Teodemocratico, appena due settimane fa - era il 4 aprile - quando con un comunicato stampa sul sito del Partito Democratico dichiarò: "Il Partito Democratico, come grande partito popolare, prevede al suo interno posizioni che possono esser culturalmente diverse, ma che sono fortemente impegnate nello sforzo di trovare la migliore sintesi possibile per venire incontro ai nuovi bisogni emergenti dell'Italia. Di questo ha bisogno l'Italia: soluzioni concrete ispirate ad una creatività scevra di pregiudizi".

Considerando le polemiche che hanno scandito l'inclusione dei Radicali nel Pd e le ultime dichiarazioni rese dall'On .Binetti, si potrebbe essere spinti a ipotizzare che costei sia quanto meno confusa riguardo a concetti quali "posizioni culturalmente diverse", "sintesi politiche", "creatività scevra di pregiudizi". Volendo essere maliziosi, sia pure con la consapevolezza di commettere grave peccato, si potrebbe domandare all'esponente Teodemocratico come possa conciliare le sue posizioni personali, peraltro legittime - non è di questo che si discute - con la sua appartenenza a un partito che, almeno in campagna elettorale, si era espresso a favore della disciplina normativa sulle unioni civili e non ha mai dichiarato di voler rivedere la legge sull'interruzione volontaria di gravidanza.

In secondo luogo l'On. Binetti non dovrebbe perdere di vista l'evidenza che tra quei 13,686 milioni di voti ci sono, non solo i suffragi espressi dai simpatizzanti Teodemocratici, ma anche quelli di quanti si riconoscono nell'area laica, riformista, radicale e "di sinistra" (parte dell'elettorato della SA si è schierato con Veltroni, il famoso voto utile).

Purtuttavia all'on. Binetti si deve riconoscere il merito di avere squarciato il velo di nebbia calato sul PD alla vigilia della consultazione elettorale (ci aveva già provato Pannella ma, apriti cielo, si era scatenato un putiferio): cosa si intende fare del partito? Una formazione neo-confessionale (in tal caso, perché un elettore dovrebbe optare per il PD e non per Casini che, tra l'altro, sull'argomento è pure più esplicito)? L'immagine speculare, al centro sinistra, della PDL? Uno schieramento politico ancora ancorato alle vestigia ideologiche del compromesso storico?

Esigenze di chiarezza impongono precise scelte di campo: trovare il coraggio di prendere all'interno del PD quelle decisioni che nei rapporti con altri partiti hanno portato alla rottura dell'alleanza con Verdi, Rifondazione e Sinistra Democratica.

Il 14 aprile gli italiani chiari lo sono stati, sapranno esserlo altrettanto i dirigenti del nascente Partito Democratico?

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