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martedì 4 marzo 2008

Al solito volano gli stracci tra l'Arcigay e il circolo Mieli di Roma. Un'associazione ormai senza identità e le ragioni di Rossana Praitano.

Offendere complica la vita.

Salve, sono la Orsomando della Sinistra Arcobaleno, o meglio ancora la valletta, come inaspettatamente mi ha etichettato Aurelio Mancuso. Non avrei mai detto che accettare l’'invito a presentare in una conferenza stampa Bertinotti, come candidato leader per la Sinistra Arcobaleno, avrebbe creato così tanto crepacuore… Ho anche usato dell’'autoironia dandomi pubblicamente dell'’Orsomando, ma evidentemente non si è capito. Eppure il giorno prima su Liberazione veniva pubblicata una mia lettera aperta di pura critica a quello stesso partito per l’'appoggio alla candidatura a Sindaco di Roma di Rutelli. Come dire: da una parte il Mieli apprezza la svolta di Sinistra Arcobaleno verso i diritti civili, sostanziata anche dal chiedere alla portavoce del Roma Pride 2007 di presenziare il debutto di una campagna elettorale con forti contenuti lgbt; dall’altra parte il Mieli continua a fare politica con cristallina autonomia, criticando lo stesso partito per una scelta amministrativa che va in direzione contraria. E di tale coerenza c’è un’unanime considerazione, smentita solo dal recente epiteto di valletta da parte di Mancuso. Tutto bene da quelle parti?

Allibita, ma con un lieve sorriso bonario, mi trovo costretta a ricordare i seguenti episodi e i “salotti politici” che sono stata accusata di frequentare con scarsa autonomia.

Si parte da lontano, cioè dalla manifestazione del 20 ottobre lanciata da Liberazione e dal Manifesto, che aveva tra i pochi firmatari promotori sia Mancuso che Praitano; quella manifestazione era marcatamente di sinistra da un lato, e parlava della necessità per una sinistra nuova di coniugare diritti civili e diritti sociali, per questo l’'avevamo condivisa insieme, anche se il Mieli aveva aderito e Arcigay no, giustamente avendo anime diverse. Si può concludere che l'’avvicinamento su certi contenuti con la Sinistra da parte del Mieli è stata manifesta e autonoma, come quella, solo a titolo personale, del Presidente di Arcigay Nazionale.

Dopo quel grande evento abbiamo partecipato insieme, sia io che Mancuso, alla due giorni a Roma di nascita della Cosa Rossa insieme ad altri militanti lgbt e a tante femministe, per dare un apporto critico dai movimenti. L'’intervento però sul palco nella giornata conclusiva è stato quello di Mancuso, indicato dal senatore Salvi di Sinistra Democratica. Io, da spettatrice, ricordo di aver consigliato a Mancuso di rifiutare l'’impostazione dall'’alto sull’'ordine degli interventi e di far salire sul palco insieme con lui i vari militanti gay e le femministe presenti, per dare un segnale di novità, di autonomia e di non organicità, importante in una fase costituente di un partito, da cui si è distinti . Ma tant’è, il consiglio non è sembrato opportuno.

Poi Arcigay ha lanciato la manifestazione Libera Italia nella capitale. Sia noi del Mieli che Imma Battaglia abbiamo esposto delle forti perplessità su metodo e contenuto, più che legittime dato che il movimento lgbt non è Arcigay e data la scelta di Roma, dove, narrano dei facinorosi, pare ci siano sia il Mieli che il Dì Gay Project. Poi è arrivato il grande terremoto: le elezioni anticipate. Arcigay ha dichiarato di temere strumentalizzazioni e dunque ha annullato la manifestazione. Tutto bene, ma oggi mi è sorto un dubbio: se la ragione principale di Libera Italia era quella di affermare l’autonomia di Arcigay da tutti i partiti e di costruire un soggetto lobbistico nuovo, come potevano le elezioni creare problemi a tale affermazione forte di un principio? Non poteva, al contrario, essere uno libero strumento di pressione proprio a ridosso delle elezioni e dunque delle scelte programmatiche delle formazioni politiche? Ma tant’è, rispetto a Libera Italia il Mieli, in larga compagnia, si è limitato a fare lo spettatore un po’ perplesso.

L'’elezioni sono proprio un maremoto. Mi telefona un alto esponente del partito radicale e mi chiede cosa ne penso dell'’idea di una lista gay con vari autorevoli esponenti del movimento tra cui me e Mancuso, interpellato poco prima. Gli rispondo che non ci sono i tempi per ragionare su una idea del genere, consapevole che l’effetto rivoluzionario della proposta avrebbe senso solo se fosse supportata e con rappresentanti da tutto o gran parte del movimento lgbt. Dopo poche ore mi giunge da molte parti la notizia che si parla di una candidatura di Mancuso in Sinistra Arcobaleno, in quota Sinistra Democratica. Non ci trovo nulla di strano, soprattutto dopo tutto quello ricordato sino ad ora. Da spettatrice, mi rimane solo un po’ misteriosa la notizia di un Consiglio di Arcigay fissato per il 1° e 2 marzo, per sciogliere le riserve dell’associazione sulle indicazioni di voto subito dopo la ragionevole data di chiusura delle candidature.

Vengo contemporaneamente invitata a Roma nell’'incontro autoconvocato dei movimenti con la Cosa Rossa, al cinema Farnese il 10 febbraio, e il mio intervento è tutto sull’'errore di candidare sindaco Rutelli e sulla oggettiva difficoltà dei cittadini gay e trans di appoggiare tale scelta. E preparo l'’articolo poi pubblicato su Liberazione il 12 febbraio.

Sempre il 12 febbraio mi chiamano e mi chiedono di fare per il giorno dopo, la famosa presentazione di Bertinotti, di cui si diceva all’inizio. Prendo un giorno di ferie e vado alla conferenza stampa, un po’ stupita per essere l'’unica non appartenente a nessuno dei 4 partiti della neonascente formazione della Sinistra Arcobaleno. Ma tant’è, sono contenta che il Pride abbia avuto anche questo effetto. Però da subito mi accorgo di una certa agitazione attorno a me, soprattutto del mondo glbt. E cominciano a chiedermi in tanti: ti candidano? Con tranquillità rispondo a tutti che nessuno mi ha detto niente e che non mi sogno lontanamente di chiedere niente a nessuno, anche perché chi fa politica fuori dai partiti e raggiunge dei risultati rilevanti che suscitano interesse, mai e poi mai deve proporsi ai partiti, piuttosto deve essere richiesto, pena di vedere bruciato tutto il lavoro fatto e forte proprio dell’'autonomia. Posso però facilmente immaginare, come chiunque, che la Sinistra Arcobaleno dovrà per forza candidare degli esponenti del mondo lgbt, anche per coerenza con le dichiarazioni positive sulle questioni omosessuali e transessuali e perché ha ben tre onorevoli uscenti da cui non può prescindere: Luxuria, De Simone e Silvestri. Poi posso anche immaginare che si guardino attorno, ma che la realtà politica della Sinistra Arcobaleno, sondaggi compresi, è tale che sarà difficilissimo pensare a candidature esterne ai 4 partiti stessi.

Il 21 febbraio arriva l'’incontro di Bertinotti con gli esponenti “affini” del mondo lgbt e del femminismo. Nella sede di Carta ci ritroviamo in tanti: De Simone, Luxuria, Silvestri, e poi Aurelio Mancuso, Porpora Marcasciano, Leila Daianis, Alessandro Zan, Bianca Pomeranzi, Saverio Aversa e altri. Si parla di politica, e personalmente invito Bertinotti, tra le altre cose, a candidare donne ed esponenti del mondo lgbt, immaginando che sia importante rendere noto il supporto ai compagni e alle compagne in possibile lizza e avendo saputo in precedenza dai tre uscenti che nulla ancora si sa della loro ricandidatura.

Nel frattempo Grillini ha annunciato la sua possibile candidatura a Sindaco di Roma. Lo chiamo entusiasta. E a tutti gli esponenti di Roma di Sinistra Arcobaleno, dei Radicali e del PD ripeto che la candidatura di Rutelli resta indigesta, che appoggeremo Franco con forza, e che al più il Mieli darà indicazione di voto disgiunto a chi comunque vorrà sostenere i candidati consiglieri dei tre partiti elencati. Un'’occasione per ripetere tali concetti è stata il sit-in di solidarietà al locale del Coming Out il 22 febbraio, dove fuori al locale c'’erano tanti politici, nonché Grillini e Mancuso. Da spettatrice ho però rilevato che in quei giorni Arcigay Roma si è limitato ha chiedere un incontro a Rutelli.

Passa qualche giorno ed arriva la giornata cruciale. Sul Corriere della Sera del 28 febbraio c’è una dichiarazione di Mancuso in cui si denuncia l’assenza di candidature gay nel PD e la sua possibile candidatura nella Sinistra L'’Arcobaleno. Si scatena una prevedibile valanga. Veltroni fulmineo annuncia la candidatura di Paola Concia, tacciando Arcigay di ingiuste accuse di discriminazione; Giordano è costretto a comunicare quelle di Luxuria e della De Simone, con anticipo su tutte le altre candidature del partito della Sinistra; il vertice di Arcigay si fa prendere dal nervosismo: attacca la Concia, annuncia con sdegno che non ci sono candidature del mondo lgbt (evidentemente Titti e Vladimir vengono da Marte), si dimentica che ci sono in lizza altre situazioni (vedi Lo Giudice, e giustamente il Cassero corre ai ripari addolcendo la pillola) e smentisce che Mancuso sia candidato.

A questo punto e dopo molte ore dalla valanga, un po’ stufa di fare la spettatrice e trovando ingiusto che, nella furia delle notizie, si fosse fatta tale confusione, dannosa per la causa del mondo lgbt e per le persone coinvolte, ho fatto un piccolo asciutto comunicato stampa, riassumibile così: la rappresentanza gay è un bene per tutti, così come la coerenza con i programmi, qualunque sia la provenienza dei singoli o il loro approdo; Titti e Vladimir sono evidenti candidati del mondo lgbt, anche se non vengono da Arcigay; bisogna ricordarsi tutti di Grillini e di Silvestri e del loro lavoro; la Concia non è vero che è “nessuno” ed è piuttosto da criticare il programma debole del PD, che rimane tale anche se Veltroni, seguendo la richiesta di Mancuso, avesse candidato un rappresentante di Arcigay al posto della Concia; infine ho semplicemente descritto che Mancuso aveva sfidato Veltroni con il meccanismo dell'’autocandidatura. Complicato trovare qualcosa di strano in tale osservazioni e individuarci una polemica. Tutt’al più si poteva riassumere con un ”state buoni, se potete”. Eppure Mancuso è riuscito a prendersela pure con me. Tutto bene da quelle parti?

Infatti nel discorso di apertura del consiglio dei primi di marzo, ormai giunto, e pubblicato sul sito di Arcigay, Mancuso, senza citarmi per nome (cosa un po’ infantile) accusa me di aver acceso polemiche parlando di una sua autocandidatura e che, da valletta di partito, non mi posso permettere di parlare di autonomia. Sono anni che sostengo che le elezioni fanno male a tanti esponenti del movimento lgbt; a Mancuso hanno fatto malissimo. Che ne è del portavoce del Pride di Roma, accorto, dialogante, tattico, intelligente? Torna Aurelio, torna quello che eri, anche perché le elezioni passeranno, ci saranno i Pride, il mondo glbt e la popolazione omosessuale e trans saranno sempre gli stessi, non mutati da una candidatura in più o in meno, e bisogna saperci lavorare. Se qualcuno ha creato confusione, quella francamente non sono io, anzi. La candidatura di Mancuso è uscita in quell’articolo dalla bocca di Mancuso, non dalla Sinistra Arcobaleno, e questo, a casa mia, si chiama autocandidatura. In ogni caso parlando di meccanismo di sfida ero stata chiara: autocandidatura come mezzo per stanare Veltroni, ma a questo punto mi viene il sospetto che fosse una mossa con ulteriori speranze. Comunque se la giornalista ha forzato un pensiero, si poteva chiedere la smentita direttamente a lei, che se non erro, è vicina a Sinistra Democratica.

Arriverà aprile, e poi maggio e poi giugno. Ed altri anni ancora. Un bel respiro. Io, comunque, mi aspetto delle pubbliche scuse, anche come donna. Se non arriveranno, pazienza, ci sarà una valutazione sull’'affidabilità altrui.

Rossana Praitano
Presidente Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli

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