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lunedì 3 marzo 2008

Arcigay sulla lobby sbaglia e sul PD non è chiara.

(The Queerway) Alla fine dei due giorni di Stati Generali dell'Arcigay di Bologna cosa rimane? L'obbiettivo era di sintetizzare programmi e proposte politiche per "per stabilire un orientamento rispetto alle prossime elezioni". Cosa ne è uscito? A giudicare dal discorso introduttivo di ieri del presidente Mancuso poco o niente: "Arcigay conferma il suo non allineamento, e quindi nessuna indicazione di voto, nei confronti dei partiti e delle alleanze" e "la sua netta e chiara indicazione di non votare alcun partito del centro destra e della destra estrema responsabili nel nostro paese del clima d'odio e di omofobia, che tra l'altro si concretizza anche con atti di violenza fino ad arrivare all'assassinio di persone lgbt" (considerando Casini di Centrodestra come è stato fino alla scorsa settimana, ovviamente).

Passo avanti, però, è stato fatto se nel documento finale "la più grande associazione nazionale lesbica e gay del paese indica inoltre di non sostenere i candidati e le candidate esplicitamente omofobi che, con dichiarazioni pubbliche o atti parlamentari, abbiano offeso la dignità delle persone omosessuali". Non essendo oggetto delle prossime elezioni le preferenze, quindi, viene cassato a prescindere il Partito Democratico vista la presenza di Teodem e simili nel palinsesto elettorale. L'assenza di preferenze, infatti, non permette di votare i candidati ma solo il Partito, di conseguenza: "se c'è lei io non vi voto"!

Dalla sintesi delle due giornate, poi, si legge che "Arcigay ribadisce il proprio sostegno a tutti e a tutte i candidati lgbt espressione diretta del movimento fra cui Franco Grillini, Gianpaolo Silvestri, Titti De Simone e Wladimir Luxuria" e che "si attendono ancora risposte da parte del Pd in particolare sulle candidature di Sergio Lo Giudice, presidente onorario di Arcigay e consigliere comunale di Bologna, e di Andrea Benedino, ex portavoce del tavolo delle lesbiche e dei gay del Pd ed assessore al comune di Ivrea".

In pratica Arcigay si schiera con la Sinistra Arcobaleno (non può fare altro per il suddetto nodo delle preferenze), tenendo la porta aperta al PD con una sorta di ricatto (lecito e legittimo, sia chiaro!). Come le candidature di Lo Giudice e Benedino faranno digerire la Bimnetti e Rutelli, però, non è chiaro, e non viene chiarito.

Tutto questo va decisamente in direzione diversa da quella di una lobby che faccia pressione sulla politica malgrado il discorso di Mancuso avesse aperto proprio alle azioni di lobbing.

Un grosso passo avanti nella strategia, però, sembra essere stato fatto visto che "i tavoli provinciali di Arcigay sottoporranno ai candidati dei partiti del centro sinistra e della sinistra, collocati in posizione eleggibile, la piattaforma rivendicativa del Roma Pride 2007. Chi la sottoscriverà e si impegnerà a formare un intergruppo nel Parlamento italiano fra i sottoscrittori della soprascritta piattaforma avrà il nostro esplicito sostegno, sia a livello locale sia a livello nazionale". Questo si che si avvicina alla lobby anche se continuo a non capire due nodi di questa azione: perchè non sottoporre la piattaforma del Pride anche ai laici moderati di centro e centro destra (magari non la firmano ma non va dato per scontato) e come conciliare la sottoscrizione di alcuni candidati della piattaforma e l'impossibilità di votarli per farli eleggere. Non a caso saranno chiamati come sottoscrittori i candidati elegibili e non tutti i candidati. Con le preferenze un meccanismo del genere sarebbe stato ben più forte e magari decisivo.

Andando, invece, a vedere bene il documento finale dell'Arcigay non si capisce perchè non escludere a priori anche la Sinistra tutta o almeno il PD dalla piattaforma di "votabili" secondo Arcigay. L'associazione, infatti, dichiara ufficialmente che "due anni di governo del centro sinistra hanno rappresentato per il popolo lgbt speranze e impegni profondamente delusi. Ne avevamo avuto un'anticipazione con l'approvazione del programma dell'Unione: un fragile ed ipocrita compromesso, che non ha mancato di inquinare e paralizzare tutti i tentativi di concretizzazione di concetti ambigui e giuridicamente inefficaci.

Nonostante le discussioni e i confronti attorno alle insufficienti e pasticciate proposte di legge sul riconoscimento delle coppie di fatto abbiano fatto emergere l'impegno di chi nel governo e nel parlamento si adoperava seriamente affinché avanzassero le norme antidiscriminatorie, il nostro giudizio complessivo non può che essere risolutamente negativo".

Se ad Arcigay risulta, come a quasi tutti gli omosessuali, un "ipocrita compromesso" quello raggiunto dall'Unione sulle coppie di fatto perchè non bollare da subito il PD tra quelli non votabili visto che si è copiaincollato quel paragrafo dal programma di Prodi? E, sempre per l'assenza di preferenze, come conciliare "l'impegno di chi nel governo e nel parlamento si adoperava seriamente" con l'azione di chi tale impegno a vanificato o perfino osteggiato? Non è chiaro questo punto e, dal documento, dovrebbe invece emergere un nodo tanto centrale, ma tant'è.

Alla fine della fiera, quindi, escono indicazioni di voto chiare per quel che riguarda i partiti ma meno chiare sulle motivazioni e sulle modalità e una strategia di voto che fa a cazzotti tanto con la legge elettorale vigente che con le candidature del Partito Democratico (nodo strategico che Mancuso dovrebbe invece sciogliere, almeno per serietà):

1 - La piattaforma rivendicativa di Arcigay è quella del movimento lgbt "Parità Dignità Laicità", approvata in occasione del Roma Pride 2007. Valutato che, nell'attuale scenario, nessuna forza politica è in grado di realizzare concretamente i contenuti di tale piattaforma, Arcigay non si allineerà e non darà indicazione di voto per nessun partito o coalizione.

2 - Arcigay indicherà esplicitamente di non votare le alleanze e i partiti che propongono modelli sociali che ignorano le istanze delle persone lgbt e non concedono dignità politica al consolidamento dei diritti civili in questo paese.

3 - Arcigay indicherà esplicitamente di non votare liste che candidino in posizione di eleggibilità coloro che, con dichiarazioni pubbliche ed atti formali, sostengano l'esclusione sociale delle persone lgbt, anche nel caso in cui in tali liste siano presenti esponenti del movimento lgbt.

4 - Arcigay, come lobby sociale, a livello territoriale costituiscano un patto con tutti quei candidati eleggibili che sottoscrivano la piattaforma e che decideranno la relazione diretta con Arcigay. In particolare Arcigay sosterrà candidate e candidati lgbt che provengano dal movimento e con iniziative proprie, coloro che sono militanti dell'associazione.

5 - Arcigay non sosterrà candidature finalizzate solo ad intercettare i voti della comunità ed invita tutte le lesbiche e tutti i gay a non presentarsi ad operazioni di facciata o a candidature inutili di bandiera.

Assai più chiaro e più semplice dovrebbe essere l'attuazione e la valutazione per quanto riguarda le elezioni regionali e amministrative dove i candidati vengono votati direttamente, anche se a Roma riemerge il probblema del PD con Rutelli sostenuto da tutti gli schieramenti di sinistra. "Arcigay sosterrà le candidature a presidente di Regione, di Provincia e di Sindaco solo di chi sottoscriverà impegni precisi rispetto a: azioni contro l'omofobia e per l'inclusione sociale, supporto alla comunità lgbt locale", Rutelli, quindi, non dovrebbe essere sostenuto. Peccato che in questo caso bisognerà fare i conti con Fabrizio Marrazzo e con il suo presenzialismo.

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