(Il Riformista) La principessa Alessandra Borghese esce puntuale alle cinque del pomeriggio dal palazzo romano dove abita, la dimora che nel 1604 il cardinale Camillo Borghese, poi Papa Paolo V, comprò dopo aver lasciato Siena. Sale nella macchina che la deve portare all'Hotel Torre Rossa dove, assieme a Casini e Ciocchetti, deve incontrare i giovani dell'Unione di centro.
Per me, che sono cattolico praticante con tendenze papiste, ma pure un cronista, è un giorno speciale. Alessandra, in un certo senso, è papista come me . Non foss'altro per la storia della sua secolare famiglia: il suo avo, Paolo V, è quello il cui nome campeggia mastodontico sulla facciata centrale della basilica di San Pietro, a perpetua memoria che fu lui a finanziarne gli ultimi lavori di costruzione, quelli definitivi.
Attendo la capolista del Lazio al Senato per l'Udc, sperando che sia lei a sciogliere i dubbi che mi attanagliano in vista delle prossime elezioni. Per chi votare? Berlusconi che in nome del massimo consenso possibile non si prende Ferrara mi delude. Veltroni, pure se andasse da solo, difficilmente lo voterei. Casini? Resta una possibilità.
La Borghese può aiutarmi a fugare ogni dubbio. Ci siamo accordati per dirigerci assieme alla convention dei giovani dell'Udc. Come detto, esce dal palazzo in cui abita puntuale. Con lei c'è anche Pucci, fedele jack-russel, che senza fare tante storie si accuccia davanti, sotto i suoi piedi. La prima domanda è vaga, tanto per rompere il ghiaccio e suona più meno così: com'è che di punto in bianco ha deciso di scendere nell'agone politico? «Agone?», risponde lei. «Che parolone!». E ancora: «Certo, a pensarci bene, nell'immaginario comune, la politica di oggi è una lotta. Ma così non dovrebbe essere. La colpa è dei politici, la maggior parte dei quali non si è dimostrata degna degli incarichi ricoperti».
E così, dico io, ha deciso lei di provare a cambiare le cose: «Ho deciso - risponde - dopo un lungo periodo di riflessione e dopo essermi confrontata con alcuni amici. Mi pesava dovermi occupare meno della diffusione del mio libro Lourdes che, tra l'altro, va a gonfie vele: oltre 35 mila copie vendute. E poi la collaborazioni con Style e soprattutto con Gente, per il quale avrei dovuto seguire il viaggio del Papa negli Stati Uniti».
Chi sono questi amici? Domanda sbagliata: «Non posso certo rivelare i loro nomi», risponde seria Alessandra. E anche Pucci, che conosce l'umore della sua padrona, non sembra reagire bene. Mi guarda fisso negli occhi. Ho sempre avuto paura dei cani e siccome non voglio provocare Pucci, passo oltre.
C'è traffico e Alessandra rivela: «Mi manca la bici. Da quando mi sono candidata l'ho dovuta abbandonare e la cosa mi pesa. Però le mie giornate non è che siano cambiate più di tanto: vita frenetica ma per fortuna ancora uno spazio lasciato alla preghiera».
L'Hotel Torre Rossa è ancora lontano. Berlusconi mi ha inculcato il dubbio che votare per l'Udc sia un voto perso e glielo dico alla Principessa. «Questa cosa del voto utile francamente non la capisco - risponde -. Ognuno deve votare chi meglio lo rappresenta. E poi se Berlusconi ha fatto fuori tutti i cattolici che colpa ne abbiamo noi?».
Pucci non batte ciglio, ma sembra acconsentire. Sarà che in macchina non sono abituato a prendere appunti. Sarà che ho paura dei cani. Sta di fatto che mi gira un po' la testa e per cinque minuti Alessandra chiede ad Angelo di accostare per farmi riprendere.
Poco dopo ripartiamo. Prima di arrivare alla convention c'è ancora tempo per parlare del suo programma. Cinque punti dedicati, tra le altre cose, all'idea di una politica che guardi al bene comune, e poi alla necessità di valorizzare davvero le donne. Non è questione di quote rosa ma di maggiore protagonismo.
All'Hotel Torre Rossa Casini non è ancora arrivato. Alessandra resta un po' in macchina e si gode il suo Pucci. Il discorso non se l'è preparato: «Mi piace parlare a braccio - dice -. Ci sono abituata. Ho un feeling particolare con i palchi e la gente che mi ascolta lo percepisce».
Finalmente arriva Casini. Alessandra scende dalla macchina. Mi siedo in ultima fila, blocknotes alla mano. Alessandra, Casini e Ciocchetti salgono sul palco e alzano le braccia al cielo tenendosi per mano. La prima a parlare è Alessandra. La parlata è spigliata. Si rivolge diretta al cuore dei giovani, chiede loro di tenere desta la passione per la politica e cita alcuni esempi a cui rifarsi. Innanzitutto Giorgio La Pira e Alcide De Gasperi che furono «politici al servizio del prossimo». Poi Paolo VI che disse che la politica è la più alta forma di carità: «Cioè un servizio». Infine san Tommaso d'Aquino che diceva che «l'uomo pensa al suo bene». «Ecco - dice -, la politica deve pensare al bene dell'uomo. Al bene della gente. Per questo mi candido». Il tutto dura pochi minuti. Forse troppo pochi per imprigionare il pensiero di sì elevati personaggi. Però, a onor del vero, la gente gradisce. A me la testa continua a girare. Non riesco a fare sintesi. Ma la colpa, lo so, è solo mia. Penso all'Udc e mi vedo davanti Pucci. Ho bisogno d'una boccata d'aria. Rimango a pensare al giorno in cui mi troverò nel segreto dell'urna. E capisco che decidere per chi votare non sarà facile. La Pira e De Gasperi non ci sono più.
martedì 8 aprile 2008
Volevo votare UDC poi ho conosciuto il cagnolino Pucci.
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