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venerdì 25 aprile 2008

I lumbàrd e l´orgoglio di parlare rozzo "Meglio così che un po´ fighetti"

Borghezio replica a Berlusconi: il nostro linguaggio spia della vicinanza alla gente
(Paolo Berizzi - La Repubblica) Dice Mario Borghezio che i forzaitalioti sono dei «fighetti», dei «figli di papà», gente che «non ha mai lavorato nella sua vita». Mai stato un fine dicitore, né un cucchiaio di miele, l´europarlamentare leghista: ma un merito gli va riconosciuto. Tutto si può dire tranne che per alzare il tiro abbia bisogno di essere incalzato, o provocato. Per abitudine esterna con ruvidità, anche in assenza di stimoli esterni.

Stavolta però supermariobross, come lo chiamano le camicie verdi, si è sentito toccato dentro, e, unico esponente leghista, non ha resistito a rispondere allo spillo di Silvio Berlusconi («Il linguaggio della Lega è fatto di iperboli e anche un po´ rozzo»). Tesi che a Borghezio fa venire il prurito. Dopo un «chi è senza peccato scagli la prima pietra», l´eurodeputato del Carroccio, il più «crociato» dei leghisti - non solo per le ferree posizioni anti islamiche ma anche per i procedimenti penali a suo carico e le aggressioni fisiche subite in questi anni - ha replicato al Cavaliere: «Sarà molto difficile che la Lega si depuri dalla sua rozzezza e dalla ruvidezza di espressione tipica della gente autentica». Poi la chiosa: «Così come i fighetti forzaitalioti molto difficilmente si libereranno dalle loro caratteristiche di figli di papà e di gente che spesso non ha mai lavorato».
Ecco l´affondo di Paolo Grimoldi, neodeputato e coordinatore dei Giovani padani: «Il nostro linguaggio pubblico è molto meno rozzo di quello di Berlusconi in privato». Il privato del futuro premier è fatto anche di show e di serate danzanti. Ci pensa il consigliere regionale lombardo, Daniele Belotti, a ricordarlo. «Rozzi noi? La Lega sta in mezzo al popolo, Forza Italia forse un po´ troppo nelle discoteche. Ci hanno sempre definiti rozzi e ignoranti - aggiunge - Poi hanno capito che il nostro linguaggio ha spazzato via il vecchio politichese». Tra rozzi «autentici» e fighetti che «hanno sempre trovato la pappa pronta», lo scambio di battute di ieri è stato, in ordine di tempo, l´ultimo botta e risposta a distanza tra Forza Italia e Lega. Nei giorni in cui sta prendendo faticosamente forma la squadra di governo, nonostante la netta vittoria elettorale - trionfale quella del Carroccio - gli esponenti delle due formazioni non si risparmiano frecciate e avvertimenti vestiti da "carezze" o "massaggi". Prima il dribbling di Bossi all´uscita da Arcore: «A noi quattro ministri». Poi lo stop di Berlusconi: «Non c´è niente di deciso, la squadra la faccio io». Poi Bossi che ribadisce: «Sarò ministro delle riforme», e «a noi due ministri più il vicepremier» (Calderoli).
Nel mezzo della «normale dialettica» tra alleati - come l´ha definita Berlusconi - il nodo Formigoni. Con una soluzione (berlusconiana) che gela il governatore lombardo (resterà al suo posto, per ora). Il perché Formigoni deve restare alla guida del Pirellone è ormai abbastanza chiaro, e sta tutto nell´obiezione che gli è stata mossa: il suo trasloco romano significherebbe lasciare alla Lega la Regione Lombardia. E accreditare la tesi di chi vede la coalizione di centrodestra sotto ricatto o comunque sdraiata sul Carroccio. Ieri i "colonnelli" leghisti, Maroni, Calderoli, Castelli, hanno scelto la linea della prudenza ordinata da Bossi. Largo dunque a Borghezio, e alle missive da destinare ai «fighetti».

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