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martedì 15 aprile 2008

La sconfitta c’era già stata.

Io non piango sulla fine delle mie idee, perché verrà di sicuro qualcun altro a prendere in mano la mia bandiera e portarla avanti! È su me stesso che piango” - Pier Paolo Pasolini da Uccellacci e uccellini.

(Giornalismo partecipativo) I numeri si possono valutare. Si poteva aspettare un risultato negativo. Forse non lo si quantizzava correttamente. Si può valutare quanto i progetti siano falliti o meno. Si possono dare colpe a forze politiche, criticare una sinistra che ha perso il contatto col suo stesso corpo (tragicamente vero). Apparati scollati dal sociale. E questo si fa danzando tra percentuali e numeri. Ma una delega su un simbolo (che mai ha portato la libertà o la democrazia; perché altro è la libertà e la democrazia), la percentuale che porta i “delegati” a governare (e quali delegati (eletti ma anche possibili)!) non è la misura della sconfitta.Sia chiaro, il mio voto io l’ho comunque dato, contorcendomi, ma quanto capisco anche chi, forse più coerentemente, ha chiuso gli occhi.
La sconfitta c’era già stata, netta, trascinata negli anni. I numeri, la Lega Nord è l’esempio più eclatante, lo stadio in politica, sono solo un indicatore di PH, una cartina al tornasole. Nulla di più. Solo il fantasma di un paese, di un mondo.
La sconfitta è stata culturale; profondamente culturale.
Questa italietta, o forse questa parte di mondo (siamo nel globale), fascista, piccola, piccola, ipocrita, feroce con i deboli e pronta a blandire i forti. Coll’ambizione dei furbetti, razzista, ferocemente razzista. La vedi (e dovevi già vederla) nelle file alla posta, quando porti la macchina, nelle scuole, nell’immagine che si dà della donna, negli spettacoli televisivi, nelle chiacchiere sul metro, sul posto di lavoro. Nell’ambizione e nel fallimento. Quando vai, in un quartiere popolare e nell’atrio del portone trovi “attento, lo zingaro può entrare” attaccato alla bacheca condominiale. Ai semafori. nella perdita di memoria e nella mancanza di voglia di chi memoria ha, di raccontare. Nella mancanza di voglia di ascoltare. Ma anche nella rabbia che si fa V-Day e nell’operaio che vota lega perché “questi stronzi ributtiamoli tutti in mare!”. Perché si vive veloci, si schizza sulla superficie come sassi su uno stagno. E’ una sconfitta intimamente culturale.
La vedi, quando il tuo migliore amico, elettore del PD, ma non è importante, fratello a cui comunque non puoi non voler bene, col quale hai diviso sogni e grida, ti dice candidamente “te ne accorgerai, questi vengono e fanno i cavoli loro - gli extracomunitari-” e ti crolla mezzo mondo. Perché non è l’unico, perché se anche lui… Perché anche la tua generazione ne dovrà rispondere alla storia; soprattutto la tua generazione.
Non ho ricette o palle di vetro divinatorie. Noi cani sciolti. Cercherò ripartendo; parlando con mia figlia. Raccontandole storie, lei, pulcino di sei anni cui ho regalato questo mondo di merda.
Domani avremo uno scenario moderno (forse quello sperato dalla P2…); l’Italia sarà un paese moderno. Forse non ci eravamo accorti che moderni lo eravamo già da un pezzo.
Bonanotte popolo!“.

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