banda http://blografando.splinder.com

sabato 5 aprile 2008

La doppia faccia del Partito democratico.

Binetti si schiera contro le coppie gay - Veltroni si rivela «possibilista» sulle coppie di fatto in un'intervista a "El Mundo" ma in Italia scoppia la bagarre tra i suoi.

(Stefano Bocconetti - Liberazione) L'ex senatrice e prossima parlamentare democratica (è terza nella lista della "Lombardia 2" alla Camera, dove, chissà perché, sono tutti convinti che potrà fare "meno danni"), Binetti, insomma, è ormai un fenomeno che appartiene più al folklore che alla politica. Lo sostengono anche gli uomini dello staff di Veltroni, che così liquidano il problema. «Non conta nulla», spiegano.

Ma il problema c'è, esiste. Anche perché - ammesso che il metro di giudizio sia quello del «peso politico» - se Binetti è marginale, o quasi, nel partito, ben altro ruolo ha una figura come Giorgio Tonini. In gioventù presidente della Fuci, poi nella Presidenza delle Acli, è maturato fra le fila della Cisl. Ora è il «consigliere» politico più ascoltato da Veltroni. Gli scrive i discorsi, lo segue, tratta a suo nome. Una sorta di Bettini per il Nord, dice chi lo conosce. E sui temi eticamente sensibili, sui diritti civili è uno di quelli che più frenano nel partito democratico. Non ha l'effervescenza sanfedista di Binetti, ma, insomma, siamo da quelle parti.

Veltroni l'ha cercato e l'ha scelto. Convinto che la logica del «ma anche» avrebbe funzionato anche su questi argomenti. Ci sarebbe stato lui, disposto a parlare - sui giornali stranieri - di laicità, in Italia ci sarebbe stato Giorgio Tonini, a fare da ponte con le posizioni delle gerarche vaticane.

Non ha funzionato. Non poteva funzionare, dicono in molti, comunque in questo caso la strategia del «taccio per non scegliere» s'è rivelata disastrosa. Perché un giorno c'è il generale Del Vecchio che non vuole gli omosessuali fra i soldati - per i quali, invece, progetta case chiuse per aiutare le missioni all'estero -, il giorno dopo c'è l'apertura veltroniana concessa solo ai lettori spagnoli e subito dopo l'ennesima sortita di Binetti. E via proseguendo.

Loro, i democratici, sono comunque ancora convinti che si possa fare. Che si possa continuare così. Se si chiede a qualcuno nel loft di piazza Sant'Anastasia ti rispondono che su «questi argomenti, sui temi eticamente sensibili, è più che legittimo avere una pluralità di posizioni». Come se la questione fosse il «punto di partenza», le scelte - politiche, culturali, filosofiche - di ciascuno. Come se la questione non fosse, invece, nell'approdo a cui quella discussione dovrebbe portare. Un terreno dove il «ma anche» di Veltroni si sfascia completamente: come se fosse possibile mettere assieme una visione laica - che garantisce tutti - e una visione clericale. Fatta di imposizioni per chi la pensi diversamente.

Qualcuno, anche in casa dei democratici, comincia ad accorgersene. Paola Concia, per esempio, pure lei candidata piddì in Puglia. Che comunque non riesce ad andare oltre alla denuncia sull'intolleranza che anima i teodem. «I candidati democratici devono smettere di spararla grossa a danno di gay e lesbiche solo per farsi pubblicità». Tutto il resto - le «non scelte» del partito, l'ambiguità su alcuni obiettivi che di fatto aprono le porte alla delega da parte della politica, in questo caso al Vaticano - restano sullo sfondo.

E tutto ciò provoca confusione su confusione. Come il commento di Piero Fassino, l'ex segretario dei diesse, poi incaricato di seguire la vicende dei monaci birmani per conto dell'Europa, senza molta fortuna. Ieri, Fassino, mentre montava la polemica nelle fila del suo partito, ha pensato bene di uscirsene con questa frase: «La questione delle coppie di fatto e più in generale i temi eticamente sensibili non vanno usati come una clava per fare crociate o guerre di religione». Di più, di più pericoloso: «Così si alimenta solo un integralismo contro un altro integralismo».

L'ex segretario della Quercia non spiega di più, non definisce nel dettaglio quali siano questi due «integralismi» che da decenni - dice proprio così - si sfidano nell'agone della politica italiana. Li dà per scontati. Mettendo sullo stesso piano Binetti e Giuliano Ferrara, che cita esplicitamente, assieme a chi, in questi tempi oscuri, ha continuato a difendere la laicità dello Sato. Ha continuato a difendere i diritti delle persone, la scuola statale, un insegnamento che eserciti alla critica. Eccetera, eccetera. Per Fassino sono due "integralismi" contrapposti. Uguali.

La replica, per esempio quella di Patrizia Sentinelli, oggi viceministra degli Esteri e candidata a fare il vicesindaco a Roma, è piuttosto semplice. «Dico a Fassino che se teme l'integralismo è nel suo partito che deve cercare».

Integralismo. Al singolare. Integralismo filosofico-culturale, politico che si sposa con l'accettazione dell'esistente su tutto il resto. Integralismo che si sposa con una visione dell'economia che nella lettura di Veltroni sembrerebbe ispirata da «leggi naturali». E per questo immodificabili. Integralismo e neoliberismo, insomma. Non si può fare.

Nessun commento:

Articoli correlati