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sabato 5 aprile 2008

Roberto Speciale: Cacciare i gay? No, sono più intelligenti.

«Basta con lo spionaggio fiscale, la lotta all’evasione non può essere il pozzo di San Patrizio per lo Stato».

(Amedeo La Mattina - La Stampa) Nella corte di un palazzo signorile di Città di Castello, sono arrivate una trentina di persone per un veloce buffet con il candidato del Popolo della libertà. C’è il capogruppo di An che lavora a Mediolanum, c’è una signora che esprime la sua solidarietà a Roberto Speciale per la «mascalzonata che gli hanno fatto i comunisti». Il generale sbuffa il fumo del sigaro. Un brindisi e poi tutti in cerchio ad ascoltarlo. «Voi conoscete la mia vicenda personale. Volevano comprare la mia dignità, ma non ci sono riusciti. Mi hanno messo tanta rabbia in corpo e da qualche parte devo scaricarla. Mi sono candidato, perché non succeda ad altri quello che è successo a me. Il Pdl rappresenta i valori ai quali sono stato educato dai salesiani».

Dio, Patria e Famiglia, ma anche legalità, sicurezza e impresa. L’ex Comandante della Guardia di Finanza ha una retorica di altri tempi. Parla a scatti, scandisce le parole, qualcuna se la mangia, abbassa il tono della voce, poi improvvisamente la alza come se parlasse alle truppe. Si muove già come un politico navigato. Del resto ha sempre avuto molto a che fare con i politici. Fino allo scontro finale con Vincenzo Visco e alla sua rimozione dall’incarico. Ora gioca nella squadra di Berlusconi che lo ha candidato in Umbria per «espugnare il fortino rosso». L’immagine del soldato scelto per una missione impossibile lo inorgoglisce. «Io qui sono venuto a combattere. La situazione è difficile, ma sono uno che non ha paura di nulla e di nessuno». Per la verità, il generale in Umbria è stato paracadutato, con la sicurezza di essere eletto. E’ vero che ha una nuora umbra e che queste colline gli ricordano la nativa Pietraperzia in provincia di Enna. Ma non ha nulla a che fare con l’Umbria. Con il fisco sì, però. Ed è questa una carta che si sta giocando alla grande con quelle categorie molto sensibili all’argomento. «Basta con lo spionaggio fiscale e il Grande Fratello occhiuto. Non puoi staccare un assegno che ti seguono per tutta la vita. Con Tremonti i soldi sono tornati dall’estero, con Visco sono scappati. Ora parlano del fantomatico tesoretto, che al massimo sarà di 1,8 miliardi. Ma questi soldi sono stati recuperati grazie a Berlusconi, Tremonti e al sottoscritto».

A Perugia lo grida alla Confapi. Lo ripete a Città di Castello ai commercianti dell’Alto Tevere. Qui, appena mette piede nella sede dell’associazione e si toglie il Ray-Ban scuro, il segretario dell’associazione ha quasi un brivido. E gli dice a bruciapelo: «Mi fa piacere vederla più in questa veste che in quella precedente...». L’ex capo della Finanza non si scompone: «Io stavo bene anche nelle vesti che avevo prima...». Poi lo rassicura. «Chi vi parla è figlio di artigiani e commercianti. Conosco bene il vostro mondo. Con Visco abbiamo subito avuto divergenze di vedute. Io volevo la pacificazione fiscale, ma mi è stato imposta l’oppressione fiscale. Nei vostri confronti c’è stato un pregiudizio inaccettabile. La lotta all’evasione non può essere il pozzo di San Patrizio dove prendere tutti i soldi che servono allo Stato». Ma allora, chiediamo per strada, questa montagna di evasione che contraddistingue l’Italia, come... Speciale fulmina il cronista: «Ma non è vero che è una montagna! Così come non è vero che Berlusconi giustifica chi evade. Ha detto che li capisce perché la pressione fiscale è iniqua. Il mio slogan è pagare meno, pagare tutti». Il suo refrain è che gli imprenditori sono dei «missionari»: «Il pistone dello sviluppo che deve essere messo in grado di stantuffare». A Sulci Lama, mentre in fabbrica le saldatrici scoppiettano sull’acciaio, il titolare della «Nardi-macchine agricole» lamenta la perdita del Tfr dei lavoratori. E Speciale: «Per voi era ossigeno. Vi ha messo nelle mani delle banche».

Si corre da una parte all’altra dell’Umbria. Infine, davanti ad un caffè, sondiamo cosa vuole in politica. Magari il ministro. «Non dipende da me. Io metto a disposizione la mia competenza in materia di difesa e sicurezza». Insomma, ministro della Difesa o dell’Interno. «Non pretendo niente. Se poi qualcuno mi vorrà gratificare, io, da soldato, obbedisco». Si capisce che preferirebbe il Viminale: legalità e sicurezza. «Ci vuole un presidio stringente nel territorio. Non ci devono essere zone franche». Tolleranza zero. «Tolleranza sotto zero». Anche con gli immigrati, ovviamente. «Serve qualcosa di più della Bossi-Fini». Senta, ci spiega la storia delle spigole che ha portato in montagna e dei voli fatti con gli Atr-42 della Guardia di Finanza? La Procura militare della Corte dei Conti le ha chiesto il rimborso di 3.885 euro per ogni ora di volo. «Ho la coscienza a posto. Rimane ferma la mia incondizionata fiducia nella magistratura che non ha preso ancora nessuna decisione. La Corte dei Conti mi ha chiesto una memoria difensiva, cosa che ho già fatto. Per quanto riguarda le spigole: erano un regalo, che ho pagato di tasca mia, agli uomini e alle donne della scuola alpina della Guardia di Finanza. Non ne ho assaggiata nemmeno una». Una stretta di mano virile. Si raccomanda di non metterlo nei guai come è capitato al generale Del Vecchio (candidato del Pd) con la storia dei gay. Già, anche lei li caccerebbe dall’esercito? «Ma non ci penso neppure. Ho troppa rispetto per le persone, anche per la loro diversità. Un gay potrebbe essere un ottimo combattente. Io ne ho avuti durante il mio periodo di comando ed era gente che sapeva stare al suo posto, fare il proprio dovere. Anzi avevano un pizzico di intelligenza in più. Ma la famiglia deve essere fatta da un maschio e da una donna, auspicabilmente benedetta da Dio con un matrimonio cattolico». Certo. Arrivederci.

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