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domenica 13 aprile 2008

Vaccari: «Veltroni ha vinto in comunicazione. Berlusconi ha pensato troppo al passato»

(Sfera pubblica) La campagna elettorale è finita, la parola passa ai cittadini. Ma prima di conoscere il responso delle urne, Sfera pubblica ha chiesto a un esperto di comunicazione politica un commento sulle strategie messe in atto in questi mesi di confronto in vista delle elezioni. Cristian Vaccari (nella foto), coautore di "Elementi di comunicazione politica" e autore di "La comunicazione politica negli Usa", ha risposto alle domande della nostra redazione, individuando pregi e difetti comunicativi dei principali attori politici italiani, ossia Walter Veltroni e Silvio Berlusconi.

Secondo lei nella campagna elettorale 2008, si sono verificati significativi cambiamenti della comunicazione rispetto al passato?
Dal punto di vista degli strumenti e delle tecniche direi di no, anzi, c’è stata “meno” comunicazione che in passato, dal momento che sul territorio si è fatto poco e che anche la comunicazione televisiva, che pure rimane centrale, è stata penalizzata sia dall’applicazione perversa della par condicio, che ha frammentato a livelli ormai grotteschi la comunicazione, sia dalla mancanza di un dibattito tra i due leader, che avrebbe reso più interessante la campagna. C’è stato il tentativo di modificare un po’ i contenuti della comunicazione, cercando di stemperare i toni, ma nell’ultima settimana si è tornati al linguaggio della delegittimazione reciproca ai limiti dell’insulto, per responsabilità di entrambi i contendenti principali.

Quanto il sistema elettorale ha condizionato le strategie comunicative?
Molto per quanto riguarda l’assenza dei candidati e delle loro campagne elettorali nei collegi, come del resto era già avvenuto nel 2006. Questo è uno degli effetti più negativi, ma probabilmente voluto dai suoi promotori, della legge elettorale. Sul piano nazionale, si è ripetuta l’identificazione dei partiti/coalizioni con i rispettivi leader, ma questo non è tanto un effetto della legge, che pure prevede formalmente la figura del leader, quanto della personalizzazione della politica che nel nostro paese, come del resto in molti altri, si registra da almeno quindici anni per effetto dell’indebolimento delle ideologie e della centralità dei mass media.

Quanto ha influito il web nel suo complesso? E come è stato utilizzato dagli attori politici?
Non molto, come del resto nel 2006. Normalmente sono i partiti di centrosinistra a sfruttare meglio la rete e in effetti il sito del PD è costruito su un’architettura abbastanza ambiziosa, ma poiché i suoi curatori non hanno avuto molto tempo dalla fondazione del partito alla campagna elettorale per implementare il sito, molte funzioni sono ancora inattive o allo stato embrionale. C’è un tentativo di utilizzare le piattaforme di social networking, ma non si è provato, come fanno molto bene i candidati statunitensi ma anche diversi partiti europei, a sperimentare una presenza su piattaforme come Facebook e Myspace, che consentirebbero di raggiungere target numerosi, attivi e difficili da contattare con i media tradizionali. Da parte del centrodestra si conferma una scarsa attenzione per le nuove tecnologie, comprensibile del resto vista la storia di questi partiti e la loro maggiore disponibilità di risorse comunicative e finanziarie da investire sui mezzi più tradizionali.

Un giudizio netto: quale strategia giudica migliore?
Sicuramente la campagna di Veltroni è stata più significativa perché ha comunque risollevato il partito dalle difficoltà che nell’opinione pubblica aveva procurato il rendimento deludente del governo Prodi. Incarnare il “nuovo” in questa situazione, anche alla luce delle difficoltà e delle ambiguità nel processo costituente del PD, non era semplice. Non si può dire che Veltroni ci sia riuscito completamente, ma certo la sua proposta politica e il suo stile comunicativi, se non sono esattamente e totalmente “nuovi”, sono di certo “più nuovi” di quelli di Berlusconi e del centrodestra, che hanno riproposto le stesse modalità di comunicazione e le stesse idee del passato, impostando in alcuni momenti la campagna come una sorta di paradossale giustificazione “a posteriori” della bontà del quinquennio di governo Berlusconi dal 2001 al 2006. Occorre però anche dire che il centrodestra, partendo con un netto vantaggio nelle preferenze dell’elettorato, non aveva bisogno di grandi exploit in campagna elettorale per creare condizioni favorevoli alla vittoria. La scelta di non sperimentare nuovi messaggi e nuove tecniche appare da questo punto di vista comprensibile e razionale. Come sempre, il bisogno aguzza l’ingegno, chi è costretto a inseguire è più coraggioso di chi ritiene di essere in vantaggio.

Infine, sugli Stati Uniti. Il fenomeno-Obama rischia di perdere fascino con il prolungarsi della competizione delle primarie, anche in vista delle elezioni?
Se otterrà la nomination, Obama avrà il problema che, per quanto molti elettori abbiano opinioni positive su di lui, si tratta pur sempre di una figura politica nuova, che non ha ricevuto l’attenzione che Hillary Clinton e John McCain hanno avuto per molti anni e la cui immagini è quindi meno stabile. Quindi, nel corso della campagna elettorale potranno emergere aspetti della sua personalità o delle sue idee politiche su cui finora non si è discusso nelle primarie. Sicuramente i repubblicani hanno pronto un corposo dossier su di lui, che utilizzeranno per cercare di definire la sua figura politica, ancora non completamente cristallizzata nelle percezioni degli elettori. Da questo punto di vista, Hillary Clinton è una figura di cui gli americani conoscono già molto bene i punti di forza e di debolezza e su cui quindi le percezioni sono più stabili. Va però anche notato che finora Obama ha reagito molto bene agli attacchi che gli sono stati rivolti, sia dal punto di vista della rapidità nella risposta, sia da quello dei contenuti: il modo in cui ha affrontato il tema della razza, ad esempio, è stato molto efficace e gli ha consentito di trasformare una polemica potenzialmente negativa per lui nell’opportunità di rafforzare la sua posizione. Insomma, i contenuti e le modalità della campagna elettorale saranno decisivi per la durata e la consistenza del “fenomeno Obama”.

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