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venerdì 29 febbraio 2008

Pdl. Berlusconi mette la Brambilla alla porta? Ai circoli solo 3 seggi.

(La Stampa) A Ferragosto dell’anno scorso pareva destinata a salvare il centrodestra, l’unta del Signore (Berlusconi) che doveva sostituirlo (in prospettiva) alla guida del suo nuovo partito e (forse) persino a Palazzo Chigi. Faceva persino tremare i maggiorenti di Forza Italia.

Ieri mattina la rossa di Calolziocorte, quando ha letto quella cifra sui giornali, ha capito tutto. Tre su 340. Michela Vittoria Brambilla non serve più alla causa, vale pochi seggi, da considerare nel computo dei 182 che Fi conta di avere alla Camera. Naturalmente nel caso che il Pdl vinca le elezioni con 340 deputati.
La vendetta si è consumata in sei mesi. «Chi crede di essere, Mvb?». E così a Lecco sono arrivate le prime telefonate dei suoi: «Ma come? E il posto in Parlamento che mi avevi promesso?». Niente, cancellato. Eppure lei aveva una lista pronta con 36 nomi. Lei reagisce con la solita grinta e cerca di tranquillizzare tutti: «Stanno dando i numeri del lotto? Dobbiamo ancora cominciare la trattativa, noi. La manfrina con Fini e quelli di An è andata avanti fino a notte fonda l’altra sera, c’erano di mezzo anche i finanziamenti elettorali...».

In realtà, ieri Mvb si è data per malata. A Roma non si è fatta vedere, al comitato Pdl che al Plebiscito tratta per le candidature, dove c’è un grande esperto di questi tavoli, il presidente del Copaco ed ex ministro Claudio Scajola. Il quale dice: «Beh, i Circoli della libertà non sono un altro partito, stanno all’interno della quota di Forza Italia. Se ci sono dei candidati validi, li prenderemo in considerazione. Ma soltanto se sono di serie A. Se sono di serie C, preferiremo i nostri». Chiaro? Eppure lei non molla. «Va avanti da un anno, là dentro: Berlusconi sa benissimo che senza di noi il Pdl non può vincere “bene”, come spera di fare lui. Noi siamo determinanti: con quali soldati faranno la campagna elettorale del Pdl? Con i nostri, che sono sempre in piazza. No, non mi fermeranno le beghe con i soliti noti di Forza Italia».

Il tramonto annunciato di Michela la Rossa, che ha fatto scrivere fiumi di commenti e ritratti ammirati da tutti i giornali annunciati, è servito. Eppure lei reagisce. Mvb: «Mica siamo come Rotondi, che non conta niente... Nei Circoli ci sono gli elettori dell’Udc, che con i nostri candidati voteranno Pdl e non Casini. Questo il Presidente (con la P maiuscola, ovviamente) lo sa! Io mi fido, sappiamo che alla fine deciderà Lui: e ha bisogno di noi per fare le “liste pulite” di cui parlano i giornali, per rinnovare l’immagine. Ci sono fior di imprenditori pronti a scendere in politica con noi».

Michela Vittoria Brambilla è furiosa, ridotta sulla difensiva. Non può accettare che i Circoli fossero un’idea usa-e-getta, della quale il Cavaliere si è già stancato. Il suo staff parla di 6500 sedi aperte dopo i pullman in giro per l’Italia a fare già la campagna elettorale. Ma chi li ha visti davvero? Domani a Milano tornerà in piazza, nei gazebo dove si svolgono le primarie sul programma Pdl. Ammette: «Siamo un po’ indietro, dobbiamo darci una mossa». In effetti il progetto dei Circoli poteva portarli ad avere un ruolo più importante in tempi lunghi e magari con un’altra legge elettorale. Adesso sembrano quasi inutili nella battaglia con Veltroni.

Alessandra Ghisleri, di Euromedia Research, ha la sua spiegazione: «Una nuova forza politica non ancora stabilizzata sul territorio, come sono oggi i Circoli della Brambilla o la Destra della Santanchè, non è affatto favorita da questo sistema elettorale: fatica ad affacciarsi sulla scena politica. Risulta persino difficile capire quanto pesano elettoralmente. Altra cosa è per un nome come Michela Vittoria Brambilla, che invece appare ben consolidato».

Tradotto: non conta nulla. Bocciata. E il senatore azzurro Paolo Guzzanti, che nell’agosto 2006 stava scrivendo il programma del nuovo Partito del Popolo, con il vicepresidente dell’Ue Franco Frattini a fare il tifo da Bruxelles insieme con i nemici della diarchia Bondi-Cicchitto, ora è molto freddo: «Se Prodi avesse resistito fino a fine legislatura, con Berlusconi ormai all’età di 75 anni, avrebbe avuto un senso poter presentare un volto nuovo per Palazzo Chigi, come Mvb. Forse il Cavaliere aveva in mente questo, in agosto. Ma la rivoluzione del predellino ha cancellato tutto». Si vedrà al tavolo di Palazzo Grazioli. E qualcuno azzarda la cifra: 10 seggi. Più di Rotondi. Questa pare la linea del Piave di Michela Vittoria.

Veltroni e la sinistra all'inseguimento del voto gay.

Silvio Berlusconi lo aveva detto esattamente un anno fa: «I gay sono tutti dall'altra parte». Non sbagliava. Certo magari non tutti, ma una buona parte sicuro. O almeno è quello che vorrebbero far credere i partiti dell'ormai ex Unione che hanno avviato una vera e propria gara alla conquista del voto omosessuale.
(Nicola Imberti - Il Tempo) Ad aprire la competizione è stato, come era prevedibile, il segretario del Pd Walter Veltroni che, dopo aver conquistato i cuori dei cattolici, al grido di «si può fare», si è lanciato in un'altra grande impresa. Per la verità il candidato premier si è offeso un po' per un articolo del Corriere della Sera che gli rinfacciava l'assenza di candidature «gay-friendly». Così, mentre era intento a spiegare che il Pd è il vero «partito del lavoro», ha tirato fuori dal cilindro Paola Concia, leader storica di Gayleft (la consulta lesbica, gay, bisex e transgender dei Ds) e ora portavoce del Tavolo Lgbt del Pd.
«Una delle personalità più impegnate a favore dei diritti degli omosessuali - spiega - sarà nelle nostre liste. Non ci sarebbe stato neanche bisogno di dirlo se purtroppo non ci fosse mala informazione». Ma per un Veltroni che chiude, c'è un Giordano che rilancia.
Il segretario di Rifondazione Comunista, ospite di Maurizio Belpietro a Panorama del giorno, risponde indirettamente al segretario del Pd: «Per noi non è un problema ospitare personalità che si sono battute sul tema dei diritti civili. Ricandideremo Vladimir Luxuria e Titti De Simone».
E siccome non c'è due senza tre, ecco spuntare Franco Grillini. Il presidente onorario dell'Arcigay, oggi deputato del Partito Socialista di Enrico Boselli boccia gli ex alleati: «Finora il Partito Socialista è l'unica formazione politica che si rivolge esplicitamente alla comunità lesbica, gay, bisex e trans con una campagna incentrata sui diritti civili delle coppie di fatto».
In tutta questa confusione la domanda sorge spontanea: ma il mondo omosessuale che dice? L'Arcigay ci tiene a sottolineare che, ad oggi, «nessun leader dell'associazione è stato candidato in qualsivoglia lista elettorale». Anzi, domani e domenica, si riuniranno a Bologna gli stati generali per decidere la linea in vista del voto del 13 e del 14 aprile. E sembra abbastanza concreta la possibilità che, alla fine, il presidente nazionale Aurelio Mancuso accetti la proposta di una candidatura nella Sinistra l'Arcobaleno.
Nel frattempo le donne di Arcilesbica si dichiarano «allibite dal gioco delle candidature», mentre gli attivisti del Cassero, probabilmente il circolo omosessuale più importante e influente d'Italia, criticano Veltroni («crediamo abbia un po' sbagliato mira») e sottolineano che «nei vari partiti ci sono delle ambiguità». Insomma, sarà anche vero come dice il Cavaliere che i gay stanno tutti dall'altra parte, ma sarebbe bello capire quale parte.

Sinistra, ogni occasione è buona per polemizzare. Braccio di ferro anche sul voto gay.

(Il Giornale) Non basta la candidatura di Paola Concia per mettere a tacere la delusione del mondo omosessuale nei confronti del Partito democratico e di Walter Veltroni. E su questo sentimento di disinganno conta di far leva la Sinistra Arcobaleno per indirizzare a proprio favore gli elettori omosessuali delusi da Uoltèr.

«La Sinistra Arcobaleno porterà in Parlamento una significativa presenza della comunità gay , lesbica, bisessuale e transessuale - promette il leader Fausto Bertinotti -. Nelle nostre liste avremo significative presenze di questi differenti orientamenti sessuali ed affettivi».

Invece per ora nelle liste del Pd è apparso soltanto il nome di Paola Concia, annunciato da un Veltroni, risentito per l’accusa di aver posto un veto a candidature gay. «Cattiva informazione quella di chi dice che il Pd non avrebbe portato i gay in Parlamento, come se potesse scattare un atteggiamento discriminatorio - attacca amareggiato Veltroni -.E invece una delle personalità più impegnate a favore dei diritti degli omosessuali, Paola Concia, sarà nelle nostre liste». La Concia ringrazia Veltroni «per la sensibilità dimostrata e per il gesto», augurandosi che «ce ne siano altri per portare altri rappresentanti omosessuali in Parlamento e negli enti locali » e promettendo di «impegnarsi in una lotta pro e non contro qualcuno».

Ma evidentemente la presenza della Concia agli occhi del movimento omosessuale non è sufficiente a bilanciare tutto il resto. La presenza della senatrice teodemPaola Binetti, ad esempio, che votò contro il governo pur di non far passare una norma anti omofobia. Ma soprattutto l’assenza nel programma di qualsiasi riferimento ad iniziative per sostenere la lotta all’omofobia o al riconoscimento della famiglia omosessuale.

«Paola Concia è un’ottima persona ma è espressione del partito e non rappresenta il mondo omosessuale», dice Emiliano Zaino, presidente del Cassero, storico circolo Arcigay di Bologna. Anche più dura la presidente nazionale di Arcilesbica, Francesca Polo, che si dice «allibita dal gioco delle candidature che si sta svolgendo sulla pelle dei gay». La Polo poi avverte gli omosessuali che hanno deciso di candidarsi e la Concia in particolare. «Il loro potere contrattuale rischia di essere limitato - segnala la Polo -. Temo che la candidatura della Concia venga utilizzata comeuno specchietto per le allodole. È una critica al sistema, non alla persona.Èchiaro che il Pd è in difficoltà su questi temi perché non ha la forza di fare scelte precise manon si può pensare di sanare tutto candidando una lesbica». E il segretario nazionale di Arcigay, Riccardo Gottardi, fa notare che «allo stato attuale non vi è nelle liste di nessun partito una reale rappresentanza del movimento gay-lesbico-italiano». Quelli dichiarati da esponenti del Pd, aggiunge Gottardi, «sono nomi di facciata, rappresentativi soltanto di se stessi». Domani e domenica l’Arcigay riunirà gli stati generali e deciderà la linea politica del movimento rispetto alle prossime elezioni. Un sondaggio di Gay.it reso pubblico un paio di giorni fa attribuiva il 50 per cento dei voti del mondo gay al Pd, il 25 al Pdl, il 15 alla Sinistra Arcobaleno e un 5 per cento ai socialisti di Enrico Boselli e Franco Grillini, presidente onorario Arcigay.

Certamente nuove candidature forti potrebbero spostare voti. Per la Sinistra Arcobaleno quella del presidente nazionale Arcigay, Aurelio Mancuso. «Siamo gli unici a non mostrare alcun imbarazzo o ambiguità nel confermare le candidature omosessuali», dice Titti de Simone, Sinistra Arcobaleno. Nel Pd potrebbe arrivare invece Sergio Lo Giudice, insegnante iscritto al Pd e presidente onorario Arcigay. Tra le candidature già annunciate quelle dei rappresentanti del mondo del lavoro. Tre: l’operaio sopravvissuto all’incidente della Thyssen, Antonio Boccuzzi. La dipendente di una Asl piemontese, Franca Biondelli. Loredana Ilardi, 33 anni, palermitana e lavoratrice in un call center. «Due sono le idee su cui si muove il Pd: portare in Parlamento forze ed energie della società e essere il partito dell’Italia che lavora», sostiene Veltroni.

Aurelio Mancuso smentisce una sua possibile candidatura.

Oggi il parlamentino del Prc vota i nomi dei candidati.
(Il Manifesto) Notte di vigilia dentro Rifondazione sulle liste elettorali. E' certo che quando il puzzle delle candidature approderà nel comitato politico nazionale convocato per oggi a Roma, molti saranno i musi lunghi. A via del Policlinico si compulsano sondaggi, tabelle e richieste dal territorio in cerca dei possibili eletti garantiti dal «porcellum».

Ma trovare un equilibrio soddisfacente è difficilissimo. Come sempre in questi casi, perfino nomi dati per certi saltano dopo poche ore. Aurelio Mancuso, presidente dell'Arcigay, ha smentito le voci su una sua possibile candidatura con la Sinistra arcobaleno (in quota Sd). E il suo era l'unico nome nuovo dato più o meno per sicuro per la prossima legislatura. Al dunque gli «indipendenti» della sinistra fuori dai partiti saranno mosche bianche. Pdci e Verdi, soprattutto, confermeranno in gran parte i gruppi parlamentari uscenti. Nel Sole che ride in bilico nomi importanti come Marco Boato, Giampaolo Silvestri o il pacifista Mauro Bulgarelli in Sardegna, la cui candidatura è sostenuta da decine di associazioni che si battono contro le servitù militari nell'isola. Mentre per il Pdci si sa già che Armando Cossutta lascerà il parlamento e i Verdi dovrebbero candidare il magistrato Gianfranco Amendola.

Comunque vada, dentro il Prc a far discutere saranno soprattutto le deroghe al limite ferreo dei due mandati votato la settimana scorsa. In partenza sono esentati solo Fausto Bertinotti come candidato premier e Franco Giordano in quanto segretario del partito. Ma da giorni si inseguono le indiscrezioni su altre possibili deroghe.

Bocche cucite a via del Policlinico: «Il momento è delicatissimo». Ancora irrisolta, per esempio, la conferma del presidente della commissione antimafia Francesco Forgione. E ha già incendiato lo scorso cpn il nodo della Sinistra europea, che potrebbe candidare Pietro Folena (parlamentare, pur con qualche interruzione, dal 1987).

A forte rischio altri nomi eccellenti della Sinistra europea. E' paradossale che coloro che fino a pochi mesi erano presentati come il fiore all'occhiello dei gruppi «rifondaroli» siano ora in bilico: tra questi Francesco Martone, Ali Rashid e Graziella Mascia. Lo stesso Bertinotti, in un certo senso, ha dato l'addio in diretta da Matrix al «no global» Francesco Caruso, difendendo invece la candidatura di movimento di Daniele Farina del Leoncavallo. Dei senatori uscenti sicuri solo Tommaso Sodano (vicecapogruppo), Rina Gagliardi e Maria Luisa Boccia. Per il movimento «glbt» si va verso la conferma di Vladimir Luxuria e Titti De Simone.

Altrettanto sicura anche l'esclusione dalle liste della minoranza dell'Ernesto (Giannini e Pegolo), mentre per Essere comunisti un seggio certo dovrebbe toccare solo al coordinatore Claudio Grassi.

I sondaggi sono sempre più preoccupanti. Per l'arcobaleno la forchetta è ormai stabile tra il 6 e l'8%. Se così fosse per i parlamentari sarà un ecatombe. E alla vigilia il clima è quasi da resa dei conti. Tanto che più d'uno degli esclusi nei giorni scorsi avrebbe perfino minacciato di lasciare il partito.

Altro capitolo caldo le candidature dal territorio e di dirigenti importanti. Scontata la conferma di Paolo Ferrero e Gennaro Migliore. Mentre della segreteria nazionale dovrebbero candidarsi Francesco Ferrara (responsabile organizzazione) e Maurizio Zipponi (responsabile lavoro). Verso la conferma anche Peppe De Cristofaro (segretario regionale Campania) e verso la prima legislatura giovani come Nicola Fratoianni, segretario regionale Puglia, e il segretario toscano Niccolò Pecorini

Paola Concia e le belle parole. "Se vinco mi batterò per una politica che discrimini".

La candidata: il Pd è pieno di persone convinte dell’esigenza del dialogo e della sintesi.
(Maria Zegarelli - L'Unità) «Quando l’ho saputo? Stamattina, (ieri, ndr) dalle agenzie di stampa». Anna Paola Concia, 44 anni, manager sportiva, presidente dell’Agenzia regionale per lo Sport del Lazio, ha saputo così di essere candidata nelle liste del Pd, il suo partito, come esponente del mondo gayleft. Aveva fatto notizia la sua amicizia con Paola Binetti, teodem integralista. E ha fatto notizia la rottura di quell’amicizia quando la Binetti ha votato contro la norma sull’omofobia in Senato. Stamattina aprirà i lavori, al Ripa Hotel, dell’European Gay and Lesbian Sport federation che porterà a Roma 150 delegati da tutta Europa.

L’ha saputo dalle agenzie?
«Il tavolo Lgb del partito aveva proposto la candidatura di Andrea Benedino e la mia. Oggi ho saputo che sarò candidata».

Gli omosessuali muovono critiche al Pd: troppa timidezza. Secondo lei?
«Nel programma del Pd c’è il riconoscimento dei diritti delle persone che convivono e la lotta all’omofobia: partiamo da qui. Poi vedremo se il parlamento sarà in grado di licenziare una buona legge. Rispetto alle accuse di timidezza, giro la domanda: cosa stanno facendo di più coraggioso gli altri partiti?».

Concia, lei combatte su più fronti: dentro e fuori il partito. Si può vincere?
«La mia è una battaglia sulla laicità della politica prima di tutto. E non mi piace fare battaglie contro, preferisco farle “per”. Quella sui diritti degli omosessuali la voglio vincere e so che per raggiungere questo obiettivo è necessario creare consenso, a cominciare dal Partito democratico».

Franco Grillini e Aurelio Mancuso non ci hanno creduto...
«Io ho creduto da sempre nel Pd, so che è faticoso, ma sono convinta che l’incontro tra culture diverse può dare i suoi frutti. Il Pd è pieno di laici, di persone che sono convinte dell’esigenza del dialogo per arrivare ad una sintesi. Penso che la maggioranza del Pd abbia un approccio laico ai temi della politica. Il Pd non è Paola Binetti è molto, molto altro».

Non teme che la polemica tra laici e cattolici provochi passi indietro sul riconoscimento dei diritti civili?
«Non credo. Se il Pd vincerà, se sarò eletta, la battaglia sarà per una politica davvero inclusiva, che non discrimini. L’importante è che finisca questo teatrino dello scontro tra laici e cattolici che non ci ha fatto compiere un solo passo in avanti in tema di diritti civili. Non è un caso che ancora oggi non c’è una legge per il riconoscimento delle coppie di fatto. Spero nelle capacità di Veltroni di fare sintesi avanzate e di continuare nella politica del confronto perché, come dice Zapatero, i diritti degli omosessuali non tolgono nulla ad alcuno, ma aggiungono civiltà a un Paese».

Affari gay. Il Circolo Mieli e la confusione sulle candidature gay.

Il susseguirsi di dichiarazioni sulle candidature gay per le prossime elezioni politiche ci spinge a fare delle considerazioni e a rinfrescare la memoria collettiva.

Nella passata legislatura sono stati eletti tre deputati e un senatore, tutti dall’indiscutibile militanza nel movimento omosessuale e transessuale. Nella ridda di voci di queste ore risulta confermata ufficialmente la candidatura dei deputati uscenti di Rifondazione Comunista Vladimir Luxuria e Titti De Simone. Tale riconferma non può che essere apprezzata e valutata come segno di continuità e di reale spendita da parte della Sinistra Arcobaleno nel volere affermare, anche con la rappresentanza, un programma esplicito in tema di diritti civili in genere e di questioni omosessuali e transessuali in particolare.

Riteniamo invece che l’assenza di indicazioni sul socialista Franco Grillini, presidente onorario di Arcigay e su Giampaolo Silvestri dei Verdi, possa costituire una perdita di storia ed esperienza percepibile da qualunque esponente del movimento lgbt e da singoli cittadini gay e trans.

Riteniamo necessarie invece delle precisazioni rispetto alla candidatura di Paola Concia nelle liste del PD, annunciata da Veltroni in risposta alle dichiarazioni un po’ di sfida di Aurelio Mancuso, presidente in carica di Arcigay, formulate con il meccanismo dell’autocandidatura nelle file della Sinistra Arcobaleno.

Paola Concia è una donna, lesbica dichiarata, dalla lunga esperienza all’interno del partito dei DS, e che ha speso parte della sua esperienza politica sulle questioni gay e anche all’interno di associazioni gay. Non si può mettere dunque in dubbio un’affinità di area tematica e una certa esperienza militante. Il problema è un altro ed è costituito dalle deboli e ambigue indicazioni di programma del Partito Democratico sui temi dell’orientamento sessuale ed identità di genere, che nessuna candidatura può nascondere, a prescindere da chi sia e da dove provenga la persona prescelta.

La battaglia che il mondo associazionistico lgbt deve fare è sui programmi e contro i proclami o le furberie. La rappresentanza è un bene prezioso e democratico, e va difesa e rivendicata, non badando tanto alle aree di provenienza ma all’autorevolezza delle persone. Ma persone e programmi devono essere coraggiosi entrambi e coerenti fra loro.

Rossana Praitano
Presidente Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli

Segreteria politica - Andrea Berardicurti
06/5413985 – 348/7708437
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Vedi anche.

Tra Rutelli e Veltroni è competition (anche sui gay).


E' guerra tra i gay nel centrosinistra. Veltroni: No a Mancuso, si alla Concia.

Pd, è «strappo» con i gay. Nessun nome in lista. Mancuso (Arcigay) si candida con la Sinistra Arcobaleno assieme a Luxuria.

"Scambi" di favori. Arcigay di Roma plaude la nascita di un centro internazionale. Marrazzo: "E' un primo passo"...

"Abbiamo presentato la nostra piattaforma a tutti i candidati sindaco e speriamo che venga sottoscritta. La proposta di istituire un Centro Internazionale della Cultura Omosessuale fatta da Francesco Rutelli, candidato sindaco del Partito Democratico e della Sinistra Arcobaleno, è un primo segnale verso le persone lesbiche, gay e trans. Non bisogna dimenticare, però, la creazione e l'implementazione di servizi e di tutele, come richiesto nei giorni scorsi da Arcigay Roma e ArciLesbica Roma: la promozione di politiche volte a sostenere gay perseguitati o condannati a morte in altri paesi; sostegno economico e accesso alle graduatorie degli alloggi popolari alle coppie di fatto; azioni formative nelle scuole e nella pubblica amministrazione contro l'omofobia; lotta all'emarginazione e al disagio provocate dal pregiudizio tramite opportuni servizi strutturati sul territorio".

Fabrizio Marrazzo
Presidente Arcigay Roma

Affari gay. Imma Battaglia folgorata sulla via di Veltroni.

(Village) Grande confusione sotto il sole del movimento lgbt italiano in vista delle elezioni politiche; e non è detto che sia un male. L'Arcigay - rotto il cordone ombelicale con i Ds che non esistono più - va in ordine sparso: Aurelio Mancuso si candida con la Sinistra Arcobaleno, Grillini sta con il Partito socialista, Sergio Lo Giudice è nel Pd e forse sarà candidato.

La Sinistra Arcobaleno riporterà in Parlamento - se avrà abbastanza voti - Titti De Simone e Vladimir Luxuria, mentre Veltroni, che era stato accusato di un taglio netto con il mondo gay, si rifà con un colpo di teatro: in lista ci sarà Anna Paola Concia, da anni impegnata nelle lotte per i diritti, già portavoce di Gayleft, ma ciononostante buona amica di Paola Binetti. Una domanda, però: in che posizione sarà la Concia? Tra i primi 5 in Lazio o 18esima in Lombardia? No, perché fa una bella differenza e annunciare una candidatura senza particolari dà adito a qualche dubbio.

Se il Circolo Mario Mieli sembra aprire con cautela alla Sinistra Arcobaleno, ma non risparmia critiche alla candidatura Rutelli per il Campidoglio, è eclatante - ma per certi versi non sorprendente - il risposizionamente di Imma Battaglia(nella foto) su posizione moderate e filo-Pd. Il legame della ex pasionaria di Muccassassina con Walter Veltroni è di antica data - e le ha consentito da avere grande visibilità a Roma anche con un movimento neonato e di certo con pochi iscritti, almeno all'inizio - ma adesso Immacolata dispensa miele sul Partito democratico.

Prima loda la candidatura di Paola Concia; poi si lancia in proclami di dialogo con le forze cattoliche, auspicando non si sa bene quali mediazioni

"su questo terreno una soluzione positiva per tutto il movimento glbt debba passare da una politica concreta che trovi un punto di sintesi anche con il mondo cattolico".
Infine tesse le lodi del candidato Rutelli e del suo fantomatico progetto di un Centro Internazionale della Cultura Omosessuale. Tralasciando di dire che Rutelli ha opposto un netto no a qualsiasi idea di un registro delle coppie di fatto nella Capitale.
Il salto mortale carpiato è eseguito alla perfezione.

giovedì 28 febbraio 2008

Berlusconi non riceve i gay di destra. Oliari, GayLib: "Nel centrodestra c'e' una falsa dialettica sul tema della famiglia".

OLIARI (GAYLIB), IN PDL OSTRUZIONISMO VERSO I GAY "Nel centrodestra c'e' una falsa dialettica sul tema della famiglia".

(Ansa) Nel Pdl non ci sono candidati omosessuali alle prossime elezioni politiche, perche' c'e' un vero e proprio ostruzionismo nei confronti dei gay: lo denuncia Enrico Oliari(nella foto), presidente nazionale di Gaylib, l'associazione che raccoglie gay e lesbiche di centrodestra.
E aggiunge che questo, per un partito che si richiama alla liberta', e' una contraddizione forte.
''Speravamo di essere chiamati - dice Oliari all'ANSA - ma non e' avvenuto. Avevamo anche chiesto un incontro a Berlusconi poco tempo fa, ma senza esito''.
Il problema di fondo, secondo il presidente di Gaylib, e' che nel centrodestra ''c'e' una falsa dialettica sul tema della famiglia: vogliono essere identificati come i paladini di questa istituzione e temono che sostenere i diritti degli omosessuali possa essere interpretato come una messa in discussione della famiglia''.
''Ma non e' cosi' - assicura - non sono certo i gay a creare problemi alle famiglie italiane, ma i salari, i prezzi, i mutui e cosi' via''.
Proprio per ''bypassare'' il problema, Gaylib chiede il ''riconoscimento dei diritti delle sole coppie gay, non di tutte le coppie di fatto, cosi' e' chiaro che non vogliamo attentare alla famiglia eterosessuale fondata sul matrimonio''.
La questione candidature ''purtroppo e' ormai chiusa'', ma i gay di centrodestra, avverte Oliari, saranno l'8 marzo a Milano, all'inaugurazione della campagna elettorale del Popolo delle liberta', ''con le nostre bandiere e i nostri volantini''. Perche' ''gli omosessuali non sono solo nel centrosinistra''.

Veltroni candida il personaggio tv (cattolico) e chi del movimento Lgbt?

(Tvblog) Non manca molto alla presentazione ufficiale delle liste per le prossime elezioni politiche prevista il 13 e il 14 aprile prossimi e la corsa alle candidature “di richiamo”, quelle che fanno parlare i giornali e “spostano” voti, si fa sempre più serrata. Nella gara alla candidatura “ad effetto” è certamente in testa Walter Veltroni che dopo aver lanciato i “giovani capolista sconosciuti” (che tanto sconosciuti, spesso, non sono) ora decide di buttarsi su un personaggio televisivo.

In questo caso niente bellone stile Aida Yespica o improbabili e procaci ex concorrenti del Grande Fratello stile Angela Sozio bensì Andrea Sarubbi, il volto televisivo della Chiesa Cattolica, conduttore di “A sua immagine“, la rubrica “prodotta” dalla CEI che va in onda ogni domenica mattina su Raiuno. La necessità tutta politica di “riequilibrare” con dei personaggi di comprovata estrazione cattolica dopo l’inserimento dei 9 Radicali nella lista del Partito Democratico trova una risposta nel cattolico “più visibile” d’Italia.

Sarubbi, giornalista della Radio Vaticana e docente di Informazione Religiosa alla Luiss, si è mostrato subito a suo agio nella veste di candidato “ponte” fra cattolici e laici, spostando abilmente l’attenzione da politico navigato: "Per me l’emergenza non è il confronto tra laici e cattolici, ma i problemi veri delle persone. Come quelli di un ragazzo della mia età che ho incontrato a Scampìa per un servizio e che ha molte difficoltà".
Sarò nel torto, ma questa candidatura mi pare “strumentale” almeno quanto quelle delle belle donne dello spettacolo che fornisce Forza Italia, ora PDL, dalla Carlucci alla Carfagna passano alla “ventilata” Sozio.

Perchè un gay dovrebbe votare centrodestra? Ce lo spiega GayLib.

Negli ultimi dieci giorni, dopo l’imbandierato blitz di GayLib lo scorso 9 febbraio al Teatro Nuovo di Milano di fronte al presidente Silvio Berlusconi, con annessa la diffusione ai giornalisti della proposta di legge per il riconoscimento delle Unioni Omoaffettive, alternativa a tutte quelle presentate sinora dai partiti e dalle associazioni di sinistra e dopo il clamore mediatico, sui siti gay e sulla stampa nazionale, che la nostra presenza ha suscitato, le notizie più sorprendenti, in realtà deprimenti, continuano a venire dagli esponenti di sinistra del movimento gay italiano.

Una schiera di attivisti, quasi tutti dell’Arcigay, dalle colonne de L’Unità hanno pensato bene di firmare un manifesto in cui, novità delle novità, per il prossimo 13 aprile invitano la comunità gay a votare per il Partito Democratico di Veltroni.
Li ha convinti il nuovo verbo “obamiano” di Veltroni. Yes we can. Si può fare. Li hanno convinti le solite parole confuse, da campagna elettorale, che l’ex sindaco di Roma ha usato per dare il contentino ai gay (molto meno di quell’aglietto con cui i romani si riconsolano, nell’adagio popolare, dopo una cocente delusione). Fatto sta che a questi gay italiani è andata bene così. Si fidano del fatto che nella prossima legislatura il PD ridiscuterà di omofobia, perché discriminare i gay è brutto e cattivo. Se lo dice Uolter, perché non fidarsi?
Alcuni di loro, poi, esattamente quelli di ala radicale, si dicono rassicurati dal fatto che, dopo giorni di elemosina, sua maestà Veltroni ha fatto la grazia e, commosso, non ha messo il dito tra Pannella e la Bonino. Così, pur di non avere una lista radicale tra i piedi, il buonissimo Walter fa spazio, nel PD, a Emma e ad altri nove radicali col lasciapassare del vecchio Marco, pronto a farsi da parte in nome del sacro rimborso elettorale.
I firmatari del manifesto gay per il PD, in larga parte giovani anche stimati e molti di loro, per chi scrive, veri e personali amici, sottoscrivono, insomma, la regressione della sinistra italiana in un partito che di sinistra non ha più nulla, nemmeno la tradizione, rimasta in mano ai socialisti e alla Sinistra Arcobaleno. Oltre ad aver perso anche la natura, almeno sulla carta, pro-rights che la vecchia Unione prodiana aveva garantito nel programma.
Di froci, insomma, non si deve parlare se non come presunte vittime di una violenza che finalmente, dal 17 maggio 2005, ha trovato il suo vero nome: omofobia. Per questo questi vari componenti del Consiglio nazionale di Arcigay (tra i quali l’ex presidente Sergio Lo Giudice) ci dicono di votare PD. Complimenti per il grande passo in avanti. Fermo restando che dovranno sempre vedersela con la Binetti.
Unica nota positiva e di coerenza in tutta la contorta storiella finto-kennedyana è la firma che manca nel novello gayo appello pro Uolter. Tra i poco accorti consiglieri della comunità gay, infatti, non compare Aurelio Mancuso che di Arcigay è il presidente nazionale. Autore, con uno stile e dei verbi talora discutibili, di alcune prese di posizione forti. Strappò la tessera dei Ds, lo scorso anno, senza a quanto pare prendere quella del PD. C’era chi aveva detto, a suo tempo, che volesse fare un suo partitino tematico (se l’ha fatto Ferrara sull’aborto perché non potrebbe farlo Mancuso sui gay o il marito della scimmia Cita sulla curvatura delle banane?). In linea di principio, sebbene scarsamente condivisibile ai fini pratici, avrebbe più senso di una ennesima adesione a scatola chiusa al manifesto di un partito che sembra fatto più che altro delle belle parole e degli slogan del suo leader, oltre che della prepotenza cattolica che vi insiste dentro non meno che nel “nostro” Popolo della Libertà.
Ed eccoci alle dolenti note. Il nuovo listone che forse diventerà partito di Berlusconi e Fini. Niente di nuovo sotto il sole. I verbi del 1994 (che in sé sarebbero un bene), gli atteggiamenti del 2001 da sfigati e incolti (ma troppo sicuri di sé…Occhio alle sorprese!) prossimi marciatori su Roma ma con un Udc in meno (e non è poco in prospettiva), un Capezzone in più che rappresenta il futuro del movimento radicale in Italia, a fianco ai bravi, coerenti e coraggiosi Benedetto Della Vedova, Marco Taradash e Peppino Galderisi, sempre a fianco a GayLib negli ultimi Pride.
Non ci basta, tuttavia, e ci mancherebbe, a trovare la forza per fare appelli a chi e per cosa. Qui rimaniamo, però, in coerenza con la nostra battaglia culturale interna al movimento gay e al tempo stesso organica al centrodestra. In attesa che anche Berlusconi voglia fare davvero, nei fatti, l’americano. Organizzando delle Primarie vere su liste, idee e programmi. Così da capire una volta per tutte il vero pensiero del Popolo della Libertà.
Saremo, dunque, nel partitone a fare la minoranza. Come nelle vere assemblee democratiche. Da rompiscatole professionisti quali ci vantiamo di essere e senza il bisogno di sbandierare entusiasmi elettoralistici che, al momento, proprio non abbiamo. I nostri amici gay del PD avrebbero fatto molta più notizia se, come siamo pronti a fare noi nel PdL, anche loro nel PD al Veltroni-Obama fossero andati a dire a chiare note il loro sonoro No we can’t.

GayLib
Enrico Oliari e Daniele Priori.

Arcigay: Un documento "acchiappa-soldi" per ottenere il voto dei gay romani.

No al registro ma "nuove tutele e servizi per le coppie di fatto, eterosessuali e omosessuali, secondo le competenze dell'amministrazione".

(Dire) Arcigay Roma e Arcilesbica Roma hanno elaborato "una piattaforma rivendicativa che nei prossimi giorni sottoporranno ai candidati a sindaco e ai consiglieri per il Comune di Roma e per i diversi Municipi".
Chi sottoscrivera' il documento otterra' l'appoggio di Arcigay e Arcilesbica.

La piattaforma 'Batti il cinque alla comunita' lesbica gay e trans' si articola in cinque punti fondamentali "per la costruzione di una capitale europea, di una citta' moderna,plurale, aperta a tutte le culture e a tutte le identita'".

1. "Per l'asilo politico di gay lesbiche e trans perseguitati o condannati a morte in altri paesi- si legge nella proposta- Roma si attivi per far abolire le condanne a morte e per sostenere progetti di accoglienza e di cittadinanza".

2. Si chiedono dunque "nuove tutele e servizi per le coppie di fatto, eterosessuali e omosessuali, secondo le competenze dell'amministrazione, per rafforzare e incrementare i servizi e le opportunita' offerte a tutte le forme familiari, a prescindere dal tipo di riconoscimento giuridico, come ad esempio per quanto riguarda l'assegnazione delle case popolari e il sostegno economico alle giovani coppie".

3. Arcigay e Arcilesbica chiedono un impegno sull'analisi delle "condizioni di vita delle persone lesbiche, gay e trans, finalizzate a individuarne le problematiche e la percezione sociale dell'omosessualita' e della transessualita', per elaborare e incrementare i servizi rivolti alle persone lesbiche, gay e trans sul territorio".

4. La comunita' Glbt vuole inoltre "sostegno e riconoscimento delle iniziative culturali della comunita' lesbica, gay, e trans, riconoscendo le iniziative della Gay Street di via di San Giovanni in Laterano come luogo di aggregazione, visibilita' e dialogo". E ancora: "Valorizzare la funzione informativa e documentaria svolta sul territorio cittadino dalle biblioteche comunali incrementando l'acquisizione di testi relativi alle tematiche omosessuale e transessuale, e riconoscere e patrocinare il Gay Pride".

5. Si chiede infine, ai candidati sindaco, la promozione di "azioni formative nelle scuole, nella pubblica amministrazione, nelle aziende municipalizzate per il contrasto del bullismo, dell'omofobia e della transfobia".
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Ndr. UN voto disinteressato? Non sembrerebbe... Un voto che serve poco al gay tapino ma serve molto alle istituzioni (vedi arcigay e, perchè no, Circolo Mieli che alla fine si vedrà "costretto" a partecipare al banchetto). Ma perchè GayLib non dice nulla?

Accordo Rutelli-Sinistra Arcobaleno ma ambiente e unioni civili i nodi da sciogliere. Inciucio con l'Arcigay romana?

(Dire) Corre insieme alla Sinistra "per la citta', perche' anche se a livello nazionale i percorsi si sono consensualmente separati, per Roma la strada da percorrere e' proprio questa". Con queste parole Francesco Rutelli ha sancito l'accordo per la corsa al Campidoglio con la Sinistra Arcobaleno, nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato anche i 4 segretari nazionali di Prc, Pdci, Verdi ed Sd.

Rutelli ha garantito agli alleati che non sarà "un leader politico, ma il sindaco di Roma, facendomi garante dell'intera coalizione".

Rinviata per ora l'ufficializzazione di un ticket con Patrizia Sentinelli (Prc) come vicesindaco, il confronto tra le forze politiche del centrosinistra si basa tutto sui programmi. Fra i punti caldi l'ambiente e i diritti civili. Riguardo il primo tema il testo dell'accordo recita: "E' urgente un radicale investimento sulla raccolta differenziata e chiudere il ciclo dei rifiuti con il pieno utilizzo delle tecnologie di valorizzazione piu' moderne e avanzate". Sul fronte dei diritti, invece, non si parla di Registro delle unioni civili, perchè "sono le leggi dello Stato che disciplinano il regime delle unioni diverse dal matrimonio, e Roma vi si attiene". Ma si prospetta la realizzazione di "un Centro internazionale della cultura omosessuale, spazio civile di dialogo e creativita'".

Dal centrodestra arriva intanto sia una mano tesa che una critica a Rutelli. Il candidato del Pdl Gianni Alemanno, infatti, afferma di volersi impegnare "da subito con Rutelli su tre punti irrinunciabili: la legge su Roma Capitale, il federalismo fiscale e il Patto sulla sicurezza".

Poi però è lo stesso Alemanno ad accusare: "Rutelli per cercare di vincere le elezioni comunali di Roma ha resuscitato la vecchia alleanza tra democratici e estrema sinistra. E' un'ombra scura che torna sullo scenario romano".
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Rutelli da un contentino a Fabrizio Marrazzo. Finanzierà un Centro internazionale di cultura gay.
Un centro internazionale della cultura omosessuale nella Capitale. È quanto promesso dal candiato sindaco del centro sinistra al Comune di Roma, Francesco Rutelli. L'annuncio è stato dato oggi in occasione dell'accordo fra Rutelli e la Sinistra Arcobaleno, che a livello locale, contrariamente a quanto avviene a livello nazionale, appoggia gli esponenti del Partito Democratico. E' probabile che tale centro, di cui fa cenno Rutelli, sia ospitato presso il nuovo spazio dato dal ex-sindaco Veltroni all'Arcigay e che quindi Rutelli, in sostanza, con tale dichiarazione ha fatto intendere a Marrazzo e soci che la loro "alleanza" sarà lautamente finanziata per costituire appunto tale centro.

martedì 26 febbraio 2008

I laici e la ricerca dell´ultima frontiera "Zapatero e Binetti possono convivere".

(Alessandra Longo - Il Corriere della Sera) L´errore politico c´è e Stefano Rodotà lo ammette: «La cultura di sinistra ha delegato per anni la questione etica alla Chiesa».

Un appalto pericoloso che ha messo in difficoltà quei tanti cattolici che dissentono dalle iniziative e dal linguaggio dell´establishment ecclesiale ma non si sono sentiti "coperti" dall´altra sponda e perciò ora se ne stanno silenti. Monopolio regalato.

I laici ammettono di aver capito in ritardo, rispetto all´Oltretevere, la posta in gioco, la «vera sfida», che è soprattutto una: il terreno della scienza e dei suoi progressi nel XXI secolo.

Roma, fuori c´è il sole, dentro una sala strapiena di politici, intellettuali, cosiddetta società civile. Tutti a ragionare, anche facendo autocritica, di «Laicità, nuovo civismo e valore della persona». Il seminario nasce dentro il Pd, voluto dal ministro Barbara Pollastrini, da Albertina Soliani e Gianni Cuperlo, un primo appuntamento che dà seguito a quella lettera-appello sulla laicità, sostenuta da 1200 adesioni.

Voglia di dialogo ad armi pari fra le due "anime" del nuovo partito. Cioè, semplificando brutalmente, tra Umberto Veronesi e Paola Binetti, tra lo scienziato e la signora col cilicio, due estremi che, per il momento, non si toccano.

Il primo, scelto come capolista al Senato in Lombardia, è difeso dalla Pollastrini («Sono contenta per l´ingresso di culture ed esperienze che ci aiutano a conoscere il mondo»), la seconda, un po´ a sorpresa, trova un avvocato d´ufficio in Gad Lerner che spariglia e provoca: «E´ sbagliato provare fastidio per la Binetti. Lei non è un retaggio clericale d´altri tempi, al contrario, con il suo cilicio e l´Opus Dei, è una figura modernissima, perciò è normale che stia nel Pd».

In sala, la faccia perplessa di Ivan Scalfarotto, i volti impassibili di Giovanni Berlinguer, Ignazio Marino, Liliana Cavani, Sergio Staino, Vincenzo Vita, Khaled Fouad Allam, Moni Ovadia. Dunque, Binetti «figura modernissima».

E allora Zapatero? urlano dalla quarta fila. Proprio qui vuol arrivare Lerner: «Piace anche lui. Ed è per questo che non dobbiamo più dividerci tra cattolici e laici, non dobbiamo riproporci in maniera identitaria. Se tifate Barack Obama, sappiate che in tutti i suoi discorsi c´è più di un riferimento a Gesù...».

Gian Enrico Rusconi, contrario all´uso smodato del dubbio, conforta i presenti con una certezza: «La pluralità dei valori non è negoziabile in democrazia, è un principio costituzionale», dunque non si tocca. Si guardi al futuro.

Il vertice del Pd ha promesso che, in caso di vittoria, farà subito leggi su temi «eticamente sensibili». Ci si può accontentare? Ignazio Marino (Rodotà ne elogia il martirio al Senato: «Lo hanno ingabbiato») preferisce giocare d´anticipo: «Non so se sarò eletto, se saremo maggioranza o opposizione. So che depositerò comunque il disegno di legge sul testamento biologico».

Clima rilassato, forse c´entra anche l´accordo con i radicali. Mercedes Bresso, governatore del Piemonte, fa outing: «Sono un´atea orgogliosa e, come tale, non mi dispiacerebbe una componente laica nel Pd». Claudia Mancina la boccia: «Laico, nell´approccio, deve essere tutto il partito»).

Alla quinta ora, la sintesi si va delineando: «Il cardinal Ruini teme il Pd» proprio perché, come dice l´onorevole Walter Tocci, «è l´unica cosa grande» nata in risposta «al vero partito politico» rimasto sulla piazza italiana, quello della Chiesa. Dunque, avanti così: laici e cattolici insieme, perché è questa la frontiera della «nuova laicità».

Veltroni come Prodi: alla ricerca dell’equilibrio tra Emma e Rosy.

Il ministro delle politiche per la famiglia Rosy Bindi  e il ministro per le politiche comunitarie, Emma Bonino | Ansa
(Matteo Durante - Panorama) Capitava anche a Prodi. Non passava giorno che l’azione del suo governo non fosse oscurata dalle liti dei suoi ministri o dalle battaglie (verbali e di piazza) degli esponenti della sua stessa maggioranza.

Sta capitando anche a Veltroni: nel giorno in cui l’ex sindaco di Roma presenta il programma del Pd, l’attenzione viene catturata dall’accesa polemica tra Emma Bonino e Rosy Bindi. A sferrare il primo colpo è il ministro della Famiglia, che dalle colonne de La Stampa attacca a testa bassa i Radicali: “Se sono coerenti non dovrebbero firmare l’accordo con Veltroni e non dovrebbero candidarsi” con il Pd.

A stretto giro di posta arriva la risposta dell’attuale e futuribile ministro Bonino (Veltroni, per strapparle il sì all’accordo, le ha dovuto promettere un dicastero, in caso di vittoria): “L’intervista della Bindi mi stupisce, la attribuisco ad un dato di pressione a cui lei è probabilmente sottoposta. Se vuole dire che avrebbe preferito liste radicali collegate al Pd si sarebbe potuta spendere in quel senso, cosa che non ha fatto. Ciò che trovo stupefacente è quando lei dice sì a Bonino in quanto ministro e non in quanto radicale”.
Rosy la pasionaria, nell’intervista che ha innescato la polemica, aveva puntualizzato che il programma del Pd non è soggetto a modifiche: “A proposito di testamento biologico, diritti dei conviventi, legge 194, sono scritte alcune cose e sono stati messi punti e virgole pesanti. Non è che se uno si candida con noi può permettersi di firmare quel documento e il giorno dopo in parlamento presenta robe che non hanno niente a che fare con quanto stabilito”.
E poi, a proposito della diversità di posizioni interne al Pd come quelle tra una Emma Bonino e una Paola Binetti, invita tutti a “limitarsi perché la forza del Pd dev’essere la logica opposta a quella dell’Unione dove uno compensava l’altro alzando la voce in una confusione generale che era la sola percepita dagli italiani”. Ma l’ennesimo schiaffo di Rosy all’esperienza prodiana non basta ad allontanare da Veltroni il fantasma del Professore, quotidianamente impegnato a mediare tra le diverse e avverse posizioni della sua rissosa maggioranza.
In realtà, già ai primi accenni di protesta e preoccupazione espressi dalla “corrente” cattolica dei Democratici (che si riunirà in un convegno il prossimo 27 febbraio), il candidato premier aveva fatto spallucce: “Serve la sintesi, i partiti moderni sono così”, aveva detto. Citando a memoria dal copione di un film già visto: quello vissuto, senza troppa fortuna, dal premier dimissionario. Oggi Walter ci riprova: “Davvero in Italia ci deve essere di nuovo una divaricazione tra laici e cattolici? Ma davvero, nel 2008, dobbiamo tornare a mettere in discussione il fatto che ci sono due verità: la prima è che le istituzioni sono laiche per loro natura e sono quelle che decidono. La seconda è che, però, ciascuno deve poter portare il suo punto di vista, anche religioso, nell’impegno civile”.

A mettere una pietra sopra, non al duello tra le due donne, ma alle liste “radicalizzate” del Pd ci pensa alla fine Famiglia cristiana in uscita mercoledi.
E la pietra è di quelle tombali: “Pasticcio veltroniano in salsa pannelliana”, titola un editoriale del settimanale dei Paolini. Che recita: “I cattolici che hanno deciso di fare politica nel Partito democratico giudicano severamente la scelta di Veltroni di imbarcare nelle liste i radicali di Marco Pannella e di Emma Bonino e si pongono pure qualche dubbio circa la scelta di candidare a Milano il professor Umberto Veronesi, autore di una sorta di manifesto per la ‘libera scelta di morire’, cioè l’eutanasia, anche se lui ha detto che si occuperà solo di migliorare la sanità in Italia. I radicali hanno una concezione confessionale della loro identità. Ogni scelta, ogni nome ha valore simbolico. La squadra di candidati, negoziata con Walter Veltroni, ha una forte fisionomia radicale, connotata su battaglie che, come ha detto Emma Bonino, non si interrompono affatto”.
E ora l’impressione che Veltroni debba mediare anche fuori dal partito è più reale che mai.

Pd: Nel programma di Veltroni arrivano i temi etici. Si parla anche di unioni civili ma all'Arcigay non basta.

(Lycia Vari - Agenzia radicale) Stamattina a Roma Walter Veltroni ha annunciato il programma con cui il Partito Democratico intende presentarsi alle elezioni del 13 e 14 Aprile. Un programma definito "realistico ed ambizioso" che in parte riprende i 12 punti già espressi il 16 Febbraio scorso in sede di Assemblea Costituente. Il leader del PD ha ribadito la portata innovativa di un programma che si rivolge a tutti i cittadini italiani, dall'operaio allo studente, al piccolo imprenditore, e che non si qualifica come un semplice slogan elettorale ma piuttosto come il punto di partenza per politiche ispirate alla crescita ed alla giustizia sociale senza trascurare il tema della compatibilità ambientale, per riformare la farraginosa macchina delle istituzioni.

Tra le novità più interessanti spicca allora un ampio progetto di riforme istituzionali, che ipotizza la creazione di una sola Camera legislativa con 470 deputati eletti in collegi uninominali a doppio turno (similmente al modello francese) e scelti con le primarie nel rispetto del vincolo di genere, assicurando cioè parità tra uomini e donne. Questa, l'unica designata per esprimere la fiducia al Primo Ministro, sarà affiancata da un Senato delle Autonomie, composto da 100 membri. Il governo, nel progetto del PD, dovrà essere composto da non più di 12 ministeri e da un organico di 60 membri.

Per quanto riguarda i deputati si prevede l'introduzione del metodo di calcolo contributivo per i vitalizi parlamentari e sarà introdotta l'ineleggibilità dei condannati per i reati più gravi, come corruzione e pedofilia (in linea con il codice etico di cui il Partito Democratico si è dotato).

Per quanto riguarda la politica estera, si sottolinea la vicinanza e la collaborazione dell'Italia non solo nel sistema europeo ma anche in quello atlantico, "scegliendo la strada del multilateralismo".

Nel documento sono poi rintracciabili tre temi etici, che pur non trattati in un'apposita sezione vengono ricompresi in due diversi capitoli: "garanzie e diritti" dove il si afferma che il PD intende prevenire l'accanimento terapeutico anche attraverso il testamento biologico e che promuove il riconoscimento dei diritti delle persone stabilmente conviventi; e "stato sociale e sanità" dove si afferma che la legge 194 è una legge equilibrata, da tutelare ed attuare in tutte le sue parti.

In buona sostanza quindi, il programma sembra aver ripreso alcuni dei temi più sentiti ed intorno ai quali proprio negli ultimi mesi si sono riaccesi dibattiti e polemiche ed insiste su altri come l'inefficienza economica, la disuguaglianza, la scarsa qualità della democrazia e la poca libertà di perseguire il proprio disegno di vita. Queste nel documento, le quattro piaghe della società italiana che possono essere superate e definitivamente archiviate, a giudizio dell'ex sindaco di Roma, tramite un nuovo patto per la crescita della produttività.
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MANCUSO (ARCIGAY): SUL PROGRAMMA DEL PD VINCE LA BINETTI .
Nel testo definitivo cancellata la lotta contro l'omofobia. Sulle coppie conviventi peggio del programma dell'Unione .
E' stato presentato questa mattina da Veltroni e Morando il testo definitivo del programma elettorale del Partito Democratico. Scorrendo il testo salta subito all'occhio che la lotta contro l'omofobia, evocata nel discorso di Veltroni alla recente Assemblea nazionale del PD, non è stata inclusa nel programma. E' evidente che le pressioni esercitate in questi giorni dalla pattuglia teodem, che ritiene inaccettabile qualsivoglia tutela delle persone lgbt ritenendole solo malati da curare, abbiano vinto.
Gli assassinii, le violenze, gli assalti alle sedi delle associazioni lgbt non contano nulla; il tema può essere seraficamente omesso!

Sui diritti di cittadinanza, e in specifico sul riconoscimento delle famiglie omosessuali, il programma si riscontra un silenzio assordante che dovrebbe essere attenuato da una formulazione sulle convivenze assai più arretrata di quella già ambigua del vecchio programma dell'Unione: "Il PD promuove il riconoscimento dei diritti delle persone stabilmente conviventi."
Le parole orientamento sessuale, gay, lesbiche, trans che sono state pronunciate qua e là in qualche intervento di leader del PD, sono state cancellate dal programma. Insomma, milioni di cittadine e di cittadini italiani sono ancora una volta trattati come fantasmi sociali. Di questo terremo conto quando sabato e domenica prossimi a Bologna decideremo come comportarci rispetto alle future elezioni politiche.

Aurelio Mancuso
presidente Nazionale Arcigay

sabato 23 febbraio 2008

Al comizio milanese di Berlusconi GayLib ci riprova.

Sabato 8 marzo, una grossa manifestazione (probabilmente a Milano) vedrà il cavaliere tornare in quella città da dove lanciò l'idea della costruzione del Pdl. Alla manifestazione con armi bagagli e bandiere, parteciperanno anche i simpatizzanti di GayLib.
Non riusciamo neppure ad immaginare quale possa essere l'accoglienza che verrà loro riservata se applausi (difficile) o pernacchie (facile) da parte del Pdl, che continua a ritenere la famiglia "tradizionale" formata da un uomo e una donna, l'unico sistema di unione possibile rifiutando qualsiasi apertura o discussione.
Chi vuol partecipare alla manifestazione dell'8 marzo sotto le insegne di GayLib puo informarsi tramite questo indirizzo di posta elettronica: gayliblombardia@gmail.com


Si prospetta già una litigiosità ai livelli massimi. Scintille nel Pd...

(Veltronopoli) Sono già scintille nel Pd, tra cattolici e radicali appena imbarcati. [... Pannella] sa bene che «quella con il Pd sarà una convivenza faticosa, laboriosa, difficile ma importante». Pannella coglie pure l’occasione per attaccare direttamente e duramente l’ex segretario dei popolari, Pierluigi Castagnetti «che ebbe l’ignobile comportamento di porre la condizione della rinuncia al nome di Luca Coscioni all’accordo elettorale tra noi e l’Ulivo». Vecchie ruggini che tornano a galla. Pannella nell’impostare il rapporto con i cattolici transfughi dalla Margherita non sembra voler concedere molta disponibilità. A chi gli ricorda il fatto che i cattolici chiedono la sottoscrizione del codice etico e del manifesto dei valori del Pd Pannella risponde: «Hanno il codice etico, hanno tutto etico loro, anche il sesso etico». [...]


Ma anche la Chiesa cattolica non ha digerito bene la mossa di Veltroni (il quale pare sia "rassegnato"): [...] La scelta di Veltroni viene considerata nei piani alti della Conferenza episcopale e in Vaticano come una «débâcle» per i cattolici che militano nel Pd. In queste ore, nei sacri palazzi, circola una battuta riferita al segretario del Partito democratico, che due giorni fa, all’assemblea del partito, di fronte alle lamentele dei teodem, avrebbe dichiarato: «Vi lamentate per i radicali? Ma i vescovi hanno già il loro cuore altrove...». Un modo per affermare che le gerarchie – ufficialmente non schierate dopo la fine dell’unità politica dei cattolici sotto lo scudocrociato della Dc – avrebbero però già in qualche modo scelto per il frammentato centro o per il Popolo della libertà guidato dal Cavaliere, e non per il nuovo partito di centrosinistra guidato dall’ex sindaco di Roma. Inutile ripetere che la Chiesa non farà pronunciamenti di voto e che i cattolici militano in tutti gli schieramenti. Ciò non significa, però, che un partito valga l’altro. Di certo la scelta del leader del Pd, che ha iniziato la sua corsa dichiarando di voler andare da solo, ma si è già apparentato con Di Pietro e ora imbarca i radicali, semplifica in un certo senso il panorama politico accentuando in maniera molto più vistosa quei «problemi di compatibilità» per i cattolici dei quali parlava un editoriale di Avvenire domenica scorsa. C’è chi ricorda di quanto fosse furente Rosy Bindi, qualche anno fa, di fronte alla ventilata ipotesi di accordo tra Berlusconi e i radicali (poi non andato in porto): l’attuale ministro della Famiglia riteneva indecente per un elettore cattolico quella fusione che ora invece si ripropone nel Partito democratico. Una scelta non facile da far digerire anche ai gruppi e alle associazioni cattoliche storicamente più vicine al centrosinistra. [...]

Se poi i radicali insistono per mettere in lista Sergio D'Elia, ex terrorista condannato per banda armata e concorso in omicidio, le cose si complicano ulteriormente.
Da segnalare anche le conclusioni di Stefano Folli:
[...] Quello a cui assistiamo, in ogni caso, è l'oggettiva difficoltà per Veltroni di gestire un'alleanza che va al di là del partito «coeso e omogeneo», in apparenza privo di contraddizioni, descritto all'origine. Il Partito democratico tende ad assomigliare a una mini- coalizione, come osserva Bertinotti: e come, del resto, si presenta anche il Popolo della libertà affiancato dalla Lega. Non ci sono solo i radicali e la Binetti. Ieri Pietro Ichino, noto studioso dei problemi del lavoro, candidato con il Pd, ha proposto di rivedere l'articolo 18, uno dei tabù della sinistra politica e sindacale. Un atto di coraggio, soprattutto un gesto destinato a dare credibilità al riformismo di Veltroni. Ma subito sono esplose le polemiche, tanto che Tiziano Treu è dovuto intervenire per ricordare che lo studioso ha parlato a titolo personale, in quanto la revisione dell'art.18 non è nel programma del Pd. Questo richiamo al programma per lenire i contrasti ricorda un po' il rituale propiziatorio cui ricorreva Prodi nei momenti di crisi: anche lui guardava sempre al programma. Ma ciò non gli ha evitato infinite lacerazioni.
E sappiamo come sono andate le cose...

Alla ricerca del voto gay. Bertinotti ai Glbtq «La sinistra si fa insieme o niente».

Prima tappa tematica del candidato premier nella sede di “Carta” - «Non solo voti, chiediamo di partecipare al nuovo soggetto» Il monito: il mondo gay è deluso. Punto di partenza: i diritti non sono temi eticamente sensibili. Si punta su laicità e autodeterminazione.
(Angelo Mauro - Liberazione) «È la paura che fa la vittima. Io dalla vita non mi aspetto nulla, ma non ho paura di nulla perchè sono un essere libero». Leila Daianis, trans di origine brasiliana, da 30 anni in Italia, attrice in teatro, attivista dell'associazione "Libellula 2001", si rifà a Nikos Kazantzakis, l'autore di "Zorba il greco", per intendersi. Spunti di riflessione individuale e insieme aspirazione sociale perchè «non ci si può sentire liberi con il fiato del controllo sul collo», dice ancora Leila, deunciando la declinazione trans dell'omofobia: «la transfobia». Di fronte, al tavolo dei relatori, circondato da rappresentanti del movimento Glbtq (gay, lesbo, bisex, trans, queer), Fausto Bertinotti prende appunti. Siamo nella redazione del settimanale Carta , che ospita una delle prime tappe tematiche della campagna elettorale del candidato premier della Sinistra Arcobaleno.

Laicità e autodeterminazione. Maria Luisa Boccia, femminista storica e senatrice del Prc, azzarda una sintesi delle idee-forza della Sinistra Arcobaleno in fatto di diritti civili. E sembra cogliere nel segno. L'aria non è da evocazione di programmi e proposte di legge. «Non siamo nella fase in cui possiamo riproporre i Pacs, le unioni civili o i matrimoni gay», dice Titti De Simone, parlamentare di Rifondazione ed esponente del movimento lesbico. Nessuno ci crederebbe, dopo le delusioni del governo Prodi sui Dico e tanto più ora che la Sinistra Arcobaleno non viaggia verso un'ipotesi di governo, al contrario di quanto avvenne nel 2006 con l'Unione. Ora c'è «la delusione molto forte nel corpo della comunità omosessuale», fa sapere Aurelio Mancuso dell'Arcigay, c'è «l'indecisione del mondo Glbtq tra l'astensione o l'annullamento della scheda», dice chiaramente Porpora Marcasciano, vicepresidente del Mit (Movimento Identità Transessuale). Idee forti, si diceva, non con l'obiettivo del governo, ma con quello, di sicuro più complicato, di costruire una «nuova cultura politica del cambiamento - Bertinotti la mette così - perchè non si può fare la sinistra senza una modificazione del senso comune generale del paese».

Si parte dall'assunto che non esistono temi «eticamente sensibili», espressione usata come scudo dai teodem, anche quelli del Pd, per bloccare le riforme in materia di diritti civili. L'etica riguarda anche «la guerra e la pace, i salari», sottolinea Gianpaolo Silvestri dei Verdi. «E' nella politica», precisa la Boccia. Non è questione di etica, ma di «uguaglianza e libertà». Il punto è «il conflitto tra l'autodeterminazione dei soggetti e l'autorità - continua Boccia - quanto a quella delle donne, non c'è dubbio: su nascita e procreazione gli uomini devono fare un passo indietro, siano essi scienziati, preti o devoti». E' evidente, per la femminista Bianca Pomeranzi, che «questi anni di II Repubblica hanno peggiorato il rapporto uomo-donna: serve una nuova relazione pubblica e privata tra uomini e donne». Per i Glbtq, Saverio Aversa parla in termini pratici: «Abbiamo gli stessi doveri, ma non abbiamo gli stessi diritti: persino la cattolica Irlanda sta per fare una legge sulle unioni dello stesso sesso». Di fronte a un Pd che ingloba, come niente fosse, i Radicali e la Binetti, la Sinistra Arcobaleno ha l'opportunità e il compito di «parlare chiaro, senza compromessi, senza "ma anche"», sostiene Vladimir Luxuria, deputata di Rifondazione. Sciolti dalle catene dell'Unione insomma: «abbiamo campo libero, ora che i Radicali si candidano con Veltroni: è una grande opportunità, dobbiamo sfruttarla», incita Mancuso. Ma su questo Bertinotti non è perfettamente d'accordo.

«Staremmo meglio dentro, stiamo peggio fuori...». Il candidato premier non nasconde le difficoltà delle aspirazioni della Sinistra Arcobaleno al cambiamento. «Mi terrei lontano dall'idea del campo libero...». E' vero che il Pd «tende a fare la coalizione, a inglobare ogni cosa e il suo contrario senza affrontare i problemi». Ma questo, «ai fini della costruzione del senso comune complica il quadro e noi siamo in difficoltà». Come se ne esce? «Oggi il consenso al programma non si traduce necessariamente in voto perchè la crisi della politica e della società ha consumato la credibilità della proposta e c'è una dismissione della pratica della lotta proprio per via della convinzione che la proposta sia impraticabile». In altri termini: gli elettori possono anche sposare le ragioni della Sinistra, ma considerandole come qualcosa di più vicino alla bella utopia che alla realtà, alla fine votano Pd (o destra, per chi crede nel "sogno" di Berlusconi). Il problema della credibilità si risolve con la «partecipazione». Bertinotti illustra per bene la ricetta: «Non chiediamo solo un voto, chiediamo di partecipare al nuovo soggetto della sinistra: siccome non possiamo accreditare l'idea che, se ci votate, riusciamo ad approvare determinate leggi, facciamola insieme una sinistra che guarda alla laicità e a un nuovo rapporto uomo-donna come a propri tratti identitari».

E' l'unico modo per sconfiggere il rischio di duopolio Pd-Pdl, nel Palazzo e, soprattutto, nella società». Conta molto il modo di porsi: «Dolcezza e tenerezza nelle relazioni, mettiamo fuori da noi la violenza», sì alla «questione etica in politica», no al tentativo di etichettare come «eticamente sensibili» solo certi temi. La politica si deve occupare di unioni civili, testamento biologico. Bertinotti lancia l'idea di una «battaglia contro la libertà di coscienza, contro quella dismissione dalla politica che finge così di esonerarsi, ma in realtà non lo fa e di fatto avalla mercificazione, esclusione, disuguaglianze, un'intera mappa di derivazione patriarcale che esercita il suo dominio cruciale sui corpi».

«Progetto affascinante, ci sto», afferma Rossana Praitano, presidente del Circolo Mario Mieli. Non senza critiche: «Chi sta dentro alle associazioni non la vede la trasformazione nella sinistra: vogliamo candidature di donne, del movimento gay...». «La sfida è nella costruzione di uno spazio pubblico con soggetti che ne siano protagonisti - concorda Bertinotti - non sentiamoci rassicurati dal fatto che la pensiamo allo stesso modo perchè mi pare "tosta"».

Amministrative a Roma. Ma cosa ne sa Grillini della Capitale? E' come Cofferati per Bologna.

(Valerio Pieroni) Il socialista Franco Grillini, ex presidente dell’Arcigay ed ex diessino, lunedì ha annunciato: “Voglio fare il sindaco di Roma”, chiamando pure a raccolta i cd. “partigiani della laicità” per un fantomatico “Comitato di Liberazione Nazionale dalla dittatura clericale che indistintamente Rutelli, Ferrara e Storace vorrebbero instaurare a Roma”.
Eh sì, cari miei. E' tutto vero purtroppo. Ad una città dai mille problemi come Roma mancava solo Grillini candidato Sindaco.

Va bene che poi Grillini abita a Roma già da qualche anno, ma mi chiedo che ne sa lui di Roma e dei romani. Quali sono le sue competenze in materia? il frequentare assiduamente certi locali alla moda non basta come referenza.
E cosa cacchio gliene frega ai romani dei “valori” del socialismo riformista, laico e libertario? Per quello che ne so il Sindaco di Roma non deve legiferare in materia di bioetica, ma di ben altro e di decisamente più concreto.
Inoltre, tenendo conto che fino a ieri voleva candidarsi Sindaco di Bologna, dimostra di non avere molto le idee chiare.
Comunque la scelta che hanno fatto su di lui ce la dice abbastanza lunga su quanto siano disperati i socialisti italiani, perchè se di morte prima o poi dovevano morire, questa è la peggiore che potevano scegliere.
Quindi la corsa di Rutelli al Campidoglio sta andando decisamente nella direzione giusta. Così la candidatura di Grillini ne risulterà schiacciata e noi veri laici ci libereremo una volta per tutte di questi falsi profeti dei "diritti civili".

Francesco Rutelli riceve l'Arcigay gelando ogni aspettativa. Le unioni civili non sono nel suo programma.

ARCIGAY ROMA: RUTELLI ADERISCE MA NON PARTECIPA AL SIT-IN.
Grillini. Roma. Sottoscrivo l'appello Arcigay ai candidati sindaco di Roma. A differenza di Rutelli sarò al sit-in.
(Ansa) 'Abbiamo chiesto a Rutelli di valutare la proposta di inserire nel programma l'approvazione delle Unioni civili'. Lo ha detto il presidente dell'Arcigay di Roma Fabrizio Marrazzo, che nel primo pomeriggio ha incontrato il candidato del Pd a sindaco di Roma Francesco Rutelli insieme con due delle tre proprietarie del 'Coming out', il locale andato a fuoco domenica scorsa.
L'Arcigay di Roma ha inoltre chiesto a Rutelli la pedonalizzazione della 'Gay Street', che si trova nel quartiere San Giovanni, per farla diventare un punto di incontro tra le persone. 'Speriamo che queste istanze - ha affermato Marrazzo - saranno esplicitate in modo chiaro e preciso nel programma'.
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UNIONI CIVILI - RUTELLI: NON SARANNO NEL PROGRAMMA PER ROMA.

(Apcom) - Le unioni civili non faranno parte del programma del candidato del Partito democratico, Francesco Rutelli, per il governo del Campidoglio. La conferma arriva dallo stesso esponente del Pd, dopo che questa mattina, nel corso di un incontro avvenuto nella sede del suo comitato elettorale, i rappresentanti di Arcigay gli avevano rinnovato la proposta. Un 'no' senza mezzi termini, quello espresso da Rutelli: "Nel programma di governo non ci sarà questa proposta perché le forze della Sinistra arcobaleno sanno bene che occorre proporla su basi nuove". Poi, sempre riferendosi all'incontro con i delegati di Arcigay, Rutelli ha sottolineato di aver affrontato "moltissimi temi positivi di collaborazione che avranno un ottimo sviluppo nell'attività di governo". Ciò che occorre garantire alla città di Roma è "un messaggio di grande serenità, di rigetto totale delle discriminazioni e a maggior ragione delle aggressioni rivolte sulla base di intolleranze dell'orientamento sessuale. Per questo mi ha fatto piacere - ha concluso Rutelli - ricevere la delegazione del 'Coming out', il locale incendiato nei giorni scorsi".
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ROMA: ARCIGAY, DA RUTELLI SI' A FORME REGOLAMENTAZIONE PER LESBICHE E GAY.
(AdnKronos) "In merito all'incontro di oggi tra Arcigay Roma e Francesco Rutelli teniamo a precisare che dall'incontro di oggi , anche se non e' stata valutata accettata la nostra richiesta di unioni civili, e' emersa una disponibilita' del candidato sindaco a valutare forme di regolamentazione che eliminino ogni discriminazione verso le persone lesbiche gay e trans sia come singoli sia come coppie, quindi restiamo in attesa di valutare tali proposte". Lo afferma Fabrizio Marrazzo presidente Arcigay Roma.
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RUTELLI NON FUGA I DUBBI SULLA LAICITA'. Nessuna dichiarazione di solidarietà ai gay per il rogo del coming out.
(Il Riformista) È una condanna senza appello quella pronunciata da Franco Grillini, deputato socialista, non appena Francesco Rutelli ha annunciato di aver sciolto la riserva e di accettare di correre per tornare a occupare la poltrona di sindaco di Roma. Niente da fare: per Grillini Rutelli è «invotabile». Neppure il «damose da fa'» pronunciato dal vicepremier lo ha commosso. Grillini, anzi, ha elencato una lunga lista di motivi per i quali l'ex sindaco col motorino non può essere votato. E tutti o quasi hanno qualcosa a che vedere con quel «damose da fa'» di vaticana memoria. E dunque: Rutelli «ha ritirato il patrocinio del Comune al World pride»; «ha candidato e fatto eleggere la signora del cilicio che ha votato contro il proprio governo negando la fiducia sull'antiomofobia e ha definito i gay come devianti»; senza contare, sostiene ancora Grillini, la posizione di Rutelli sul referendum sulla fecondazione assistita. Insomma, è allarme: «occorre dimostrare che Roma non è papalina e baciapile. Occorre far capire che Roma non può diventare come Riad o come Teheran».

Paragonare Roma a Riad o Teheran ci pare quantomeno esagerato ma, eccessi polemici di Grillini a parte, qualcosa Rutelli dovrà pur dirla per evitare che il dubbio sul futuro di Roma serpeggi, si ingrossi e scavi il terreno sotto i piedi della sua candidatura. Insomma, provi a fare uno sforzo. Seppure molto sfumato, o forse del tutto evaporato, il suo ruolo di vicepremier è ancora lì a dargli qualche ragione per intervenire su alcune delle questioni sollevate da Grillini. La legge 40, ad esempio, e le linee guida che il ministero della Salute avrebbe già da tempo dovuto rinnovare. Sono scadute e, se non bastasse, sono state travolte dalle decisioni di diversi tribunali. Prima del voto il governo è ancora in carica, dopo si chiuderebbe una finestra che difficilmente tornerebbe a riaprirsi. Provi a fare un colpo di telefono, Rutelli, alla sua collega Livia Turco. Metta a tacere tutti coloro che mettono in dubbio la sua laicità. Basta poco, una semplice telefonata. Il gettone, ce lo mettiamo noi.

Nel frattempo, sarebbe bastata, per iniziare bene la campagna elettorale, una semplice dichiarazione di solidarietà con la comunità omosessuale per l'incendio che ha devastato un locale romano, il Coming out. Sono intervenuti in molti ma di Rutelli, almeno sino alle 20 di ieri sera, le agenzie non recavano traccia.

giovedì 21 febbraio 2008

Perché le persone GLBT non devono votare il pd alle prossime elezioni politiche.

(Elfobruno) Ogni tanto leggo il blog di Andrea Benedino, un po' per masochismo, un po' perché non trasmettono più "Ai confini della realtà" in tv. Personaggio degli ex Democratici di Sinistra, ex Gayleft, fa parte della nuova schiera di "froci" - uso un linguaggio affine ai suoi nuovi compagni di partito - che militano nel piddì. Motivazione ufficiale: portare dentro il partito della Binetti tematiche come quelle dei diritti civili.

Infatti s'è visto.

Benedino e la gaya macchina da guerra che tanta voce in capitolo hanno avuto nello stilare il manifesto dei valori del partito, hanno scritto una dichiarazione (pare che non sappiano fare altro con risultati tutt'altro che incoraggianti). Nel documento si discute sull'opportunità da parte di noi persone GLBT di votare il partito democratico.

(Oddio, a dire il vero Benedino e i firmatari di quel documento parlano solo di gay e lesbiche. Evidentemente i transessuali e i bisessuali danno fastidio. Non è il caso di chi si riconosce nei valori portati avanti da questo blog. Ed è a tutti loro che io mi rivolgo.)

Una frase di quel documento mi ha colpito.

Nel Manifesto dei Valori dopo una lunga ed accesa discussione, la famiglia è stata declinata al plurale: si afferma, infatti, che «le famiglie, nella loro concreta condizione, sono destinatarie e protagoniste delle politiche sociali». Nello stesso documento si auspica che siano «riconosciuti e disciplinati per legge i diritti e doveri delle persone conviventi in unioni di fatto»

Penso: "cazzo! Due cose buone. Si parla di famiglie e di riconoscimenti delle coppie, togliendo il riferimento ai diritti individuali."
Ok, io sono per matrimonio e tutto il resto. Ma stiamo sempre parlando di un partito di destra che finge di stare nel centro-sinistra.

Poi vado a leggere il manifesto dei valori e ti trovo quanto segue:
La famiglia è il primo luogo relazionale, affettivo e formativo dove si sviluppano l’identità e l’inserimento sociale della persona. Le famiglie, nella loro concreta condizione, sono destinatarie e protagoniste delle politiche sociali e vanno incoraggiate con adeguati strumenti di sostegno pubblico, rivolte in modo particolare ai nuclei familiari con figli

e ancora:
L’estensione dei diritti di cittadinanza è parte costitutiva di una concezione moderna della crescita, oltre i soli parametri economici. Cittadinanza e inclusione sono la leva di un nuovo civismo e di nuove opportunità per i singoli, nelle scelte formative e professionali, come nella dimensione sociale e affettiva. In questo quadro vanno riconosciuti e disciplinati per legge i diritti e doveri delle persone conviventi in unioni di fatto

Traduco per i meno avvezzi ai tentativi di presa per il culo:
1. non si è mai parlato di nuove famiglie, ma si parte dal concetto tradizionale di famiglia, poi declinato al plurale

2. si è trovata una nuova formula per parlare di diritti individuali di persone che vivono nelle coppie di fatto.

Riassumento in quattro parole: una presa in giro.
Su questa i gay e le lesbiche, che hanno firmato quella dichiarazione, invitano a votare partito democratico. In modo truffaldino, mi viene da aggiungere, visto che non ci si è mossi dalla filosofia dei DiCo.

Questa gente firma un documento che risulta fuorviante e non veritiero sulla questione GLBT.
E va in contro tendenza rispetto a quanti richiesto dallo stesso movimento. che richiede piena parità giuridica e leggi efficaci contro la discriminazione.

Quel documento, al contrario, riabilita i DiCo che il movimento nella sua interezza ha già rimandato volentieri al mittente. I gay e le lesbiche del partito democratico invece lo ripropongono in modo non trasparente, quasi mendace.

Ci chiediamo, arrivati a questo punto, il perché. Forse sarebbe stato meglio, per tutti, che si fosse arrivati a scrivere che nonostante la presenza di una (mediocre?) pattuglia omosessuale all'interno di quel partito, non si è andati oltre al generico riconoscimento dei diritti individuali, per altro spariti dal programma di governo.

Per dare giusto lustro a questi eroi dei diritti civili, rammento i loro nomi:

Andrea Benedino, Anna Paola Concia, Cristiana Alicata, Carmen Antonino, Andrea Ambrogetti, Simone Acquino, Fabio Astrobello, Alessandro Bandoni, Simone Barbieri, Riccardo Camilleri, Alfredo Capuano, Maurizio Caserta, Matteo Cavalieri, Nicola Cicchitti, Enrico Fusco, Veniero Fusco, Daniele Garuti, Carlo Guarino, Nunzio Liso, Sergio Lo Giudice, Enrico Pizza, Carlo Santacroce, Ivan Scalfarotto, Ivan Scanavini, Ennio Trinelli, Carmine Urciuoli, Marco Volante.

Una ragione in più per non votare, noi persone GLBT, il partito democratico.

P.S.: questo post sposa quanto scritto ieri da Anelli di Fumo sulla stessa questione nel suo blog, a cui si rimanda.

Già, perché mai un gay dovrebbe votare per il PD?

(Vecchi froci) L’ambiente, le tasse, la spesa pubblica, la legalità (quella di Di Pietro o quella dello stato di diritto?), tante belle cose molto “economiciste”. Noi, nei 12 punti del PD non ci siamo. E infatti una quindicina di gay del PD, da Scalfarotto a Benedino, scrivono un pezzo sull’Unità che difende il loro lavoro nelle commissioni, chiede visibilità per i contenuti e spazio per senatori e deputati dichiaratamente omosessuali. Cioè testimoniano il loro impegno e ammettono la difficoltà della situazione attuale. Cercando di rispondere in positivo alla domanda “Perché un gay dovrebbe votare per il PD?”. Da Ivan si accende un dibattito.

Riassumerei così la questione: un gruppo di gente seria e onesta ci chiede di sostenerli in una battaglia disperata, senza riuscire a rispondere alla domanda che essi stessi ci pongono. Il voto cioè dovrebbe essere per loro, non per ciò che sono riusciti ad imporre. Ma, Ivan, non avevi tu stesso fatto ragionamenti interessanti sulla lobby gay estranea ai partiti ma capace di far pressione su tutti?

Per me, al momento, la risposta alla domanda resta: “per nessuna ragione”. Ci fosse la preferenza sulla scheda, l’idea sarebbe perfino considerabile, ma allo stato attuale si tratta di votare il pacco che comprende la Binetti, in migliore posizione, e poi voi. Non ho alternative pronte in tasca, ma scusate, perché, a meno di una sconfitta devastante, dovrebbero darvi domani lo spazio che vi negano oggi?